Pietro Pacciani
ANSA ARCHIVIO /Alessandro Bianchi
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Perugini, il superpoliziotto: "Pacciani per me resta colpevole"

Parla in esclusiva a Panorama Ruggero Perugini, già capo della Squadra Anti Mostro

Dottor Perugini, lei si è salvato da quest’inchiesta?

Il vero mostro in questa inchiesta è l’inchiesta stessa. E io me la sono cavata meglio di altri.

Quando la Beretta calibro 22 uccideva per la prima voltaa Signa, nel 1968, Ruggero Perugini, basette e capelli lunghi, suonava la chitarranel gruppo beat religiosoGli Alleluia. Oggi si godela pensione, la famigliae i due giganteschi cani corsi.Nel mezzo una carriera internazionale, in cui spicca l’arresto del mostro di Firenze, Pietro Pacciani.

Nel 1989 lei diresse la Sam, la squadra antimostro, e nel 1992 arrestò Pacciani.

Fu merito di un nuovo approccio investigativo che mettemmo a punto col procuratore Pier Luigi Vigna e che, in soli tre anni, portò all’arresto del mostro di Firenze.

Fu lei a trovare il proiettile Winchester serie H nell’orto dell’agricoltore di Mercatale e fu sempre lei che, in Germania, rintracciò la commessa di una cartoleria che riconobbe il blocco da disegno rubato a Uwe Jens Rusch e Friedrich Horst Meyer, uccisi il 9 settembre 1983 a Giogoli e ritrovato in casa Pacciani. Le sentenze però non le dettero soddisfazione piena. Già in primo grado Pacciani, pure condannato per i delitti del mostro, non fu ritenuto responsabile del duplice omicidio del ’68. Lei, invece, ritiene che fosse colpevole anche di quello.

Gli elementi concreti che collegavano il duplice omicidio del 1968 con quelli del mostro di Firenze erano l’uso della medesima arma e l’obiettivo «coppia». Come tutti, anch’io mi chiesi se ci fosse stato un passaggio di mano dell’arma. Ma non ho mai creduto all’ipotesi del suo rinvenimento occasionale, visto che l’assassino aveva poi continuato a usare munizioni dello stesso tipo e lotto.

Che uomo era Pacciani?

Era scaltro e intelligente, un ottimo attore che indossava con disinvoltura la maschera che riteneva più appropriata all’una o all’altra circostanza. Era dotato di grande fantasia e di una straordinaria capacità di manipolare gli altri. Era visceralmente geloso, disprezzava profondamente le donne e desiderava umiliarle. Una personalità complessa, insomma, lontana anni luce dal ruolo del contadino sempliciotto che la gente gli aveva cucito addosso.

Per lei Pacciani fece tutto da solo. Non ha mai creduto ai «compagni di merende».

Dopo il primo processo Vigna mi telefonò a Washington e mi disse: «Ci avevi azzeccato, solo che invece di uno erano tre». Mah… Dei «compagni di merende» posso solo dire che sono stati anch’essi oggetto di indagini approfondite senza che nulla di concreto emergesse sul loro coinvolgimento nei delitti. Ma non tocca a me valutare l’attendibilità di quanto ebbero a dichiarare dopo.

Piero Tony, il magistrato che, pur rappresentando l’accusa nel processo d’appello, chiese e ottenne l’assoluzione per Pietro Pacciani, sostiene ancora oggi che c’era poco o nulla a carico dell’agricoltore.

Il procuratore Tony mi sorprese, non credeva all’impianto accusatorio e per questo non volle nemmeno che mandassimo il proiettile trovato nell’orto nei laboratori dell’Fbi, più avanzati dei nostri. Sono convinto che avremmo avuto la certezza che quel proiettile apparteneva al mostro e invece non fu possibile fare ulteriori accertamenti.

In appello la sentenza di assoluzione di Pacciani, poi annullata con rinvio dalla Cassazione, sancì che c’erano «dubbi sulla genuinità dell’elemento di prova» a proposito del proiettile trovato nell’orto. Ritiene possibile che quella cartuccia fosse frutto di una contaminazione volontaria, magari di un depistaggio?

Non credo all’ipotesi del depistaggio e posso solo aggiungere che tutte le fasi di quella perquisizione furono videoregistrate.

Oggi la Procura di Firenze sta cercando dei profili genetici sui reperti dei delitti per confrontarli con il Dna di alcuni sospettati.

Onestamente non credo che si possano trovare ancora reperti biologici analizzabili. Se emergessero elementi di prova che smentiscano quanto abbiamo appurato ne sarei lieto, ma ne dubito.

E i due attuali indagati, l’ex legionario Vigilanti e il medico Caccamo?

Mah… staremo a vedere. Secondo me, la verità sul più famoso assassino seriale italiano è già stata accertata ma, dato il clamore mediatico e la disinformazione che hanno accompagnato la vicenda, non mi stupisco che ci siano al riguardo opinioni diverse.

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Giorgio Sturlese Tosi

Giornalista. Fiorentino trapiantato a Milano, studi in Giurisprudenza, ex  poliziotto, ex pugile dilettante. Ho collaborato con varie testate (Panorama,  Mediaset, L'Espresso, QN) e scritto due libri per la Rizzoli ("Una vita da  infiltrato" e "In difesa della giustizia", con Piero Luigi Vigna). Nel 2006 mi  hanno assegnato il Premio cronista dell'anno.

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