Perché Papa Francesco è volato In Medio Oriente?
ANSA/CLAUDIO PERI
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Perché Papa Francesco è volato In Medio Oriente?

Bergoglio sta arrivando in Terra Santa: ecco le vere ragioni e i pericoli nascosti in questo viaggio. E potrebbe esserci anche un colpo di scena

Alle 8.15 Papa Francesco, con la sua inseparabile borsa nera, è decollato dall’aeroporto di Fiumicino alla volta di Amman, capitale della Giordania. Tra le decine di inviti ricevuti in questi mesi per andare a visitare tantissimi Paesi del mondo, perché Papa Francesco ha insistito tanto per realizzare il prima possibile il viaggio più difficile e rischioso: la Terra Santa? Tre giorni appena per visitare tre Paesi: Giordania, Stato della Palestina e Israele. Tutti gli ultimi tre pontefici (Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, se si eccettua Giovanni Paolo I che ha governato solo 33 giorni) hanno visitato la Terra di Gesù. Si tratta ormai di un obbligo protocollare che il Papa sente di dover assolvere il prima possibile, o c’è qualcosa di più?

            Bergoglio non ha assolutamente voluto che questo suo viaggio venisse definito “visita apostolica” bensì “pellegrinaggio”. Questo per caratterizzare fortemente da punto di vista spirituale questo appuntamento. Non si tratta quindi di assolvere un obbligo protocollare per il Papa argentino che è stato una volta sola in Israele, nel 1973 quando era provinciale dei gesuiti e incappò nello scoppio della guerra del Kippur. Piuttosto di una profonda esigenza spirituale con due obiettivi di fondo: il primo è rilanciare il dialogo con le altre Chiese cristiane, in particolare gli ortodossi, dopo “l’inverno” ecumenico che ha segnato il pontificato di Ratzinger. Poi fare sentire la voce della Santa Sede nel processo di pace in Medio Oriente dopo lo straordinario intervento il 7 settembre scorso quando, con un’oceanica veglia di preghiera piazza san Pietro, il pontefice ha scongiurato l’intervento armato in Siria già preparato dagli Stati Uniti.

            Un pellegrinaggio brevissimo, un “tour” di appena tre giorni sulle orme di Paolo VI per ripetere, a 50 anni di distanza, lo storico abbraccio con il patriarca ortodosso di Costantinopoli all’ombra della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Allora il patriarca era Atenagora, oggi è Bartolomeo I. Ma le insidie e i pericoli non mancano, come sempre quando si tratta del Medio Oriente. Anzitutto anche un gesto apparentemente così innocuo come l’abbraccio con il Patriarca ortodosso di Costantinopoli (leader degli ortodossi greci) può avere il suo rovescio della medaglia: rischia di irritare gli ortodossi russi, guidati dal Patriarca di Mosca Kirill.

            Una grande novità è rappresentata dal fatto che il pontefice ha nel suo seguito un rabbino e un musulmano. Ma l’aver scelto come accompagnatore Abraham Skorka, rettore del seminario rabbinico latinoamericano di Buenos Aires, suo amico di vecchia data, piuttosto liberal e progressista di impostazione, rischia di non piacere troppo ai gruppi di ebrei ortodossi e ultraconservatori che il pontefice incontrerà a Gerusalemme. Così come il fatto che giungerà nel Paese della stella di David solo al termine del secondo giorno di visita, dopo aver visitato Giordania e Palestina, non è piaciuto molto alle autorità israeliane e ha costretto il Santo Padre a fare tappa a Tel Aviv prima di raggiungere Gerusalemme. D’altra parte i palestinesi non apprezzano l’omaggio che il pontefice farà (primo Papa nella storia) al mausoleo di Theodor Herzl, il fondatore del Movimento sionista che Papa Pio X nel 1904 condannò apertamente.

            Preoccupazione anche sul fronte della sicurezza, perché Bergoglio, come sua consuetudine, ha chiesto di poter girare tra la folla con l’auto scoperta. Sono incognite di ogni viaggio in quello scenario complesso e difficile come è il Medio Oriente. Interrogativi e incertezze che si spera potranno essere superate grazie al grande affetto che circonda il pontefice, tra credenti e non credenti. E il presidente israeliano, Shimon Peres, alla vigilia dell’incontro con Francesco ha rivelato che l’accordo tra Santa Sede e Israele sui luoghi santi, le scuole e le esenzioni fiscali sarebbe già pronto e mancherebbe solo la firma tra le parti. Sarebbe uno straordinario colpo di scena.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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