iStock-terrorismo-isis
Istock/GoMixer
News

Isis, Al Baghdadi è vivo e torna a minacciare il mondo

In un lungo audio, il Califfo ha parlato di Corea del Nord e di Libia, fino alle recenti battaglie di Raqqa e Hama. E preannuncia attacchi contro i media

In un audio di quarantasei minuti rilasciato il 28 settembre 2017 dai canali mediatici dello Stato Islamico, il Califfo Abu Bakr Al Baghdadi torna a far sentire improvvisamente la propria voce dopo undici mesi di silenzio, smentendo così in modo forte, ancora una volta, le asserzioni russe e iraniane che lo avevano dato per morto più volte, ultima in ordine di tempo in luglio 2017.

L’audio, intitolato “Il vostro Dio sia sufficiente come guida e aiuto”, è stato sottoposto ad accurate verifiche, ma viene già considerato autentico dalle fonti più autorevoli. Su tutti, il Dipartimento di Stato americano, che afferma come «non ci sono motivi per dubitare della sua autenticità, anche se non abbiamo modo di verificare che [il Califfo] sia vivo».

191030

Un frame tratto da Youtube mostra il califfo dello "stato islamico" tra Iraq e Siria, Abu Bakr Al Baghdadi, mentre recita la preghiera quotidiana in una moschea di Mosul (giugno 2014, Ansa/Youtube)

Considerate le affermazioni di Al Baghdadi, che fa riferimento a episodi attuali della politica estera, la registrazione è da ritenersi molto recente: il Califfo cita infatti «l’eroica resistenza irachena» e il coraggio dimostrato dai suoi miliziani a Mosul «dove hanno resistito per un anno»; si riferisce alla battaglia di Raqqa e a quella di Hama in Siria; e cita anche Sirte in Libia, spingendosi a glorificare questo bagno di «sangue che non è stato versato invano».

Curiosamente, in un passaggio del lungo discorso, commenta anche le minacce nucleari della Corea del Nord contro il Giappone e gli Stati Uniti.

Come d’abitudine, Al Baghdadi si dilunga molto sull’aspetto religioso e sulle citazioni islamiche. Anche questo aspetto concorre ad avvalorare l’effettiva autenticità dell’audio, considerato che questa è sempre stata la cifra stilistica del Califfo: in tempi non sospetti, prima cioè di diventare il leader dello Stato Islamico, Abu Bakr Al Baghdadi era infatti considerato soprattutto come uno studioso di testi sacri e un ottimo oratore.

LA TURCHIA TRA I NEMICI DELL’ISIS

Ma le asserzioni più dense di significato sono quelle relative ai colloqui di pace per estendere il cessate-il-fuoco in Siria tra Russia, Turchia e Iran, dove Mosca viene accusata di aver infranto volontariamente la tregua.

Il Califfo commenta la situazione, rivolgendosi al popolo siriano con queste parole: «Qual è stato il vostro vantaggio nello stringere un patto con i vostri sostenitori, se non essere truffati dagli sciiti? La Turchia e il Movimento del Risveglio non vi daranno nulla. Se non fosse stato per noi, sarebbe andata molto peggio».

Il passaggio è utile a definire chi sono attualmente i nemici giurati del Califfato: non più soltanto gli sciiti - il regime di Assad e l’Iran, oltre alla Russia che li sostiene - ma anche il governo turco, reo di aver “tradito” lo Stato Islamico nel momento in cui ha deciso di smettere del tutto di sostenerlo.

Cosa che, in effetti, si è verificata a seguito dell’intervento russo in Siria nell’ottobre 2015, quando Ankara è stata costretta a rivedere i propri piani egemonici in Medio Oriente e a supportare altre milizie sunnite, per non doversi scontrare con i piani del Cremlino.

Il Califfo si rivolge poi «ai mujaheddin» di tutto il mondo, ai quali di perseverare nel combattere «i tiranni» in ogni dove, perché «la vittoria o la sconfitta non dipendono dal perdere un territorio o dalla morte di alcuni credenti del Califfato».

E in proposito, il Califfo cita sia il Profeta Maometto sia il numero due dello Stato Islamico, Abu Mohammed Al Adnani, che già lo scorso anno aveva teorizzato come l’occupazione territoriale avesse un’importanza inferiore rispetto alla volontà di combattere per la loro causa (Al Adnani è poi morto nel corso di un raid aereo su Aleppo nell’agosto del 2016).

LE MINACCE ALLA STAMPA

Il discorso di Al Baghdadi, in definitiva, si qualifica non soltanto come un appello alla resistenza dei suoi miliziani assediati sia in Siria che in Iraq, ma come una nuova chiamata alle armi per portare il Jihad ovunque nel mondo.

In tal senso, vanno interpretati sia il titolo dell’audio sia il lugubre invito a «intensificare un attacco dopo l’altro nei confronti dei centri informativi degli infedeli e i loro centri di guerra ideologica», in un apparente minaccia diretta contro i media internazionali. Il che potrebbe indurre a pensare che siano possibili attacchi eclatanti contro la stampa, come fu per Charlie Hebdo.

In conclusione, come l’attuale leader di Al-Qaeda Ayman al-Zawahiri e come Osama Bin Laden prima di lui, il capo assoluto dello Stato Islamico sembra voler centellinare le sue “apparizioni” in maniera oculata e con metodo quasi scientifico, divulgando un discorso all’anno.

Con il duplice scopo di rivendicare la propria centralità nel Jihad e ammantarsi di un’aura d’imprendibilità, senz’altro utile a corroborare il suo mito personale e, quel che è peggio, a riattizzare gli animi dei suoi fedeli.

Se, infatti, da una parte nessuno ha più visto Abu Bakr Al Baghdadi da quella famosa apparizione del 29 giugno 2014 alla moschea Al Nuri di Mosul (oggi distrutta dalla furia dei combattimenti), dall’altra non averlo ancora catturato vivo o morto offre ancora allo Stato Islamico un potere immaginifico di eccezionale peso, che va ben al di là dell’importanza del leader stesso e della sua capacità operativa nel dare ordini.

I più letti

avatar-icon

Luciano Tirinnanzi