Usa Iran nucleare
Chip Somodevilla/Getty Images - 9 maggio 2018
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Nucleare Iran, 5 (+1) motivi per i quali preoccuparsi

L'abbandono dell'accordo da parte degli Usa ha conseguenze immediate per Israele e tutta l'area medio orientale, senza escludere la Russia

"Gli Stati Uniti non fanno più vuote minacce. quando io faccio una promessa, la mantengo". Donald Trump ha spiegato così la decisione, già nell'aria da settimane, di lasciare l'accordo sul nucleare iraniano, reintroducendo sanzioni economiche. Per il presidente statunitense "è evidente che non possiamo scongiurare una bomba atomica iraniana sulla base dell'impianto ormai marcio dell'accordo attuale".

Immediata la risposta dell'Iran che, tramite il presidente Ruhani, ha spiegato che non lascerà l'intesa, andando avanti con gli altri firmatari, ovvero il cosiddetto 5+1 (Francia, Gran Bretagna, Germania, Cina e Russia). Plaude alla decisione Israele, che si era battuto perché la Casa Bianca cambiasse direzione e ora parla di decisione "coraggiosa".

"Preoccupazione e rammarico" sono stati espressi dai leader europei, mentre l'Alto Rappresentate per la politica estera dell'Unione, Mogherini, ritiene che l'accordo sia "cruciale per la sicurezza della regione e del mondo intero". A mostrare preoccupazione è anche la Turchia, secondo cui la decisione di Washigton apre la strada a "nuovi conflitti", creando instabilità.

L'uscita unilaterale degli Usa dall'accordo aumenta, dunque, la tensione in Medio Oriente e anche all'interno dell'Iran, già reduce da rivolte e manifestazioni nei mesi scorsi. Si annunciano ripercussioni anche in Siria, dove Teheran è coinvolto, mentre gli occhi sono puntati anche sull'Arabia Saudita, che ha già annunciato il via a un proprio programma nucleare, mentre la Russia diventa il principale alleato economico e militare della Repubblica islamica.

Sono soprattutto cinque i motivi di preoccupazione della comunità internazionale.

1) Nuove sanzioni, "effetto Siria" e rischio guerra

La decisione de presidente statunitense, Trump, ha come prima conseguenza la reintroduzione di sanzioni contro Teheran ("Le più forti possibili"), perché "oggi abbiamo le prove che la promessa dell'Iran di non costruire una bomba atomica è una bugia" ha spiegato il capo della Casa Bianca, secondo cui "l'accordo del 2015 firmato dalla precedente amministrazione permette all'Iran di continuare ad arricchire l'uranio e alla fine avere una bomba nucleare".

La sospensione delle restrizioni economiche era stata motivata dall'impegno di Teheran a limitare il proprio programma nucleare ai soli scopi civili. Washington, però, ritiene che Teheran non abbia rispettato i divieti sui missili balistici, la cui dotazione è considerata dall'Iran legittima a scopi difensivi.

La decisione degli Usa ha come prima conseguenza il cosiddetto "effetto Siria", con un riequilibrio in Medio Oriente, soprattutto alla luce dell'impegno militare dell'Iran al fianco di Assad. E' proprio questo a preoccupare maggiormente. Non a caso il Segretario generale delle Nazioni Unite, Gueterres, aveva preannunciato per primo conseguenze "drammatiche", parlando di reale rischio di guerra.

2) Il "programma atomico segreto" di Teheran

La Casa Bianca lamenta uno scarso controllo reale sull'attività iraniana, temendo che questa possa sviluppare armi atomiche e citando come prove quelle presentate a fine aprile da Israele su un "programma segreto", portato avanti in questi anni da Teheran. Per questo Trump nei mesi scorsi aveva chiesto un mandato più ampio per gli ispettori delle Nazioni Unite dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), per controllare l'attività di arricchimento dell'uranio in Iran, anche a scopi civili.

Anche il Segretario generale della Nato, Soltenberg, durante la riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi dell'Alleanza atlantica il 27 aprile a Bruxelles, ha citato con preoccupazione il programma sui missili balistici dell'Iran che, a suo dire, "non è coperto dall'accordo sul nucleare", ma deve essere affrontato.

Con l'uscita degli Usa dal Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), l'Iran ha già annunciato di sentirsi "libero" di agire senza più restrizioni, né sulla dotazione missilistica né su quella atomica. "Ho dato disposizione all'Agenzia per l'energia atomica iraniana di essere pronta a riprendere l'arricchimento dell'uranio come mai prima, già nelle prossime settimane" ha annunciato il presidente Ruhani, che poche ore prima aveva dichiarato che gli Stati Uniti si sarebbero pentiti "come mai prima nella storia".

Si rischiano, dunque, quelle che Soltenberg ha già definito "altre fonti di preoccupazione, come la destabilizzazione che l'Iran sta mettendo in atto nella regione (mediorientale, NdR), il supporto a gruppi terroristici e le minacce alla libertà di navigazione".

3) Guerra con Israele?

Trump ha citato esplicitamente la documentazione presentata dal premier israeliano Netanyahu, il 30 aprile, quelle 55mila pagine a supporto di una dura quanto esplicita accusa: "L'Iran non è stato corretto con l'Agenzia internazionale dell'energia atomica. L'Iran ha mentito sfacciatamente sul fatto di non avere un programma per sviluppare armi atomiche. L'Iran punta a dotarsi di almeno 5 ordigni nucleari analoghi a quelli utilizzati su Hiroshima".

Nonostante lo scetticismo degli osservatori internazionali sulle prove presentate da Israele, che si riferirebbero al periodo precedente all'entrata in vigore del JCPOA, la tensione tra i due Paesi è altissima e Tel Aviv ha già predisposto un assetto di difesa in caso di attacco imminente: l'esercito israeliano ha confermato di aver schierato sistemi di difesa sulle Alture del Golan, spiegando che le truppe sono "in alto allarme per un attacco". "L'esercito - è stato annunciato - è pronto per vari scenari e avvisa che ogni aggressione contro Israele avrà una risposta severa". Richiamati anche i riservisti, a causa di "irregolari attività delle forze iraniane in Siria".

La "rottura" dell'accordo sul nucleare ha già portato a una ulteriore escalation con un raid, attribuito proprio a jet di Tel Aviv, che secondo tv locali hanno violato lo spazio aereo a sud di Damasco, facendo nove vittime.

4) Tensioni crescenti all'interno dell'Iran

Il mancato rinnovo dell'accordo rappresenta anche una miccia in grado di riaccendere i disordini interni all'Iran, già andati in scena nei mesi scorsi. Con la reintroduzione di sanzioni economiche, si prevede un peggioramento della situazione. Tra i motivi delle manifestazioni di piazza dello scorso dicembre e gennaio, infatti, c'erano anche le difficoltà economiche di larga parte della popolazione, che ha protestato anche contro la corruzione del governo e della classe dirigente, e per chiedere maggiori libertà.

L'Iran sta vivendo un periodo di forti attriti interni, tra coloro che chiedono riforme politiche e sociali, e i conservatori più vicini all'Ayatollah Khamenei e in parte al premier Ruhani. Si teme che tutto ciò sfoci in nuove proteste di piazza. Nei mesi scorsi la manifestazioni erano state soffocate, anche grazie all'intervento dei Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione, organo militare alle dipendenze proprio della Guida Suprema Khamenei. Ma nuovi disordini preoccupano non poco anche la comunità internazionale

5) La corsa atomica dell'Arabia Saudita

Il "caso Iran" è osservato con particolare apprensione anche dall' Arabia Saudita, che nelle scorse settimane premeva affinché con Teheran fosse usata la stessa inflessibilità nelle limitazioni all'arricchimento dell'uranio, applicata con il proprio paese. "Se l'Iran svilupperà la bomba nucleare, noi faremo velocemente lo stesso"aveva tuonato il principe ereditario, nonché vicepremier e ministro della Difesa saudita, Mohammed bin Salman, durante la sua visita negli Usa.  

A marzo Riad ha varato il primo programma per lo sviluppo nucleare, che prevede la costruzione di due reattori entro il 2020 e di altri 14 entro il 2030.

Finora le attività nucleari, seppure a scopi civili, sono state limitate da intese con gli Usa, che ora pretendono che Riad firmi un accordo di non proliferazione nucleare, su modello di quanto già sottoscritto da Corea del Sud, India ed Emirati Arabi Uniti. Con l'uscita degli Usa dal JCPOA e l'annuncio di Teheran sulla ripresa dell'arricchimento dell'uranio, l'Arabia può contare su un motivo in più per dotarsi di un arsenale atomico a scopi di difesa contro il "nemico" Iran.

5) Il peso crescente della Russia

La Russia si è detta "profondamente delusa" dalla decisione degli Usa, che a detta del ministro degli Esteri russo, Lavrov, "calpestano le norme del diritto internazionale". Con la decisione unilaterale di Washigton, il Cremlino rafforza ulteriormente la propria "intesa" con Teheran, diventando di fatto il  suo più importante alleato, anche nel teatro siriano.

"Sul fronte economico tutto diventerà ancora più facile per noi, perché nulla limiterà la nostra cooperazione economica con l'Iran. Stiamo sviluppando relazioni bilaterali in tutti i settori: energia, trasporti, alta tecnologia, medicina" ha chiarito il Direttore del Dipartimento sulla non proliferazione e il controllo delle armi della del ministero degli Esteri russo, Vladimir Yermakov. 

6) Danni all'economia, anche europea

L'uscita degli Usa dall'accordo non ha ricadute solo sulla stabilità mediorientale e gli assetti geopolitici, ma anche di natura economica, che riguardano anche imprese europee. Molti colossi francesi, britannici, tedeschi, ma anche italiani, hanno potuto godere della sospensione delle sanzioni, investendo in Iran, in particolare nel settore energetico.

La preoccupazione è che, modificando gli assetti, possano essere a rischio le attività di estrazione da giacimenti di gas naturale offshore, che finora hanno visto i partner europei in primo piano rispetto a quelli statunitensi. In prima linea ci sono, ad esempio, la Royal Dutch Shell, nel settore petrolchimico, Renault, impegnata nella produzione di vetture, e il consorzio Airbus, che ha un contratto per la fornitura di velivoli: tutti potrebbero subire restrizioni da parte degli Usa, mentre conseguenze maggiori sono previste per Boing, che ha progetti da diversi miliardi con l'Iran.

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Eleonora Lorusso