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I nostri soldati in Niger ai "domiciliari"

La missione che doveva arginare la partenza di immigrati verso l'Italia ha un esordio surreale

Il 17 gennaio 2018, con l'ultima votazione della diciassettesima legislatura, la Camera dei deputati approvava la missione militare "bilaterale di supporto alla Repubblica del Niger".

Chiesta dalla ministra della Difesa Roberta Pinotti, la missione servirebbe a contrastare l'immigrazione clandestina e il terrorismo. Il condizionale è d'obbligo perché già a fine gennaio il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha dichiarato che i soldati partiranno per il Niger "quando ce ne sarà bisogno". Una formula decisamente vaga, che ha portato a una richiesta di chiarimenti da parte del vice presidente della commissione Esteri, Erasmo Palazzotto.

La risposta del governo? È arrivata il 19 febbraio e conferma la presenza sul terreno di una cinquantina di nostri soldati, partiti per preparare il terreno d'addestramento e allestire un campo base. Tutto risolto, quindi? Macché. Fonti militati italiane di stanza a Niamey, capitale del Niger, descrivono a Panorama uno scenario caotico: "Da mesi siamo accampati in una base americana, sprovvisti di armi e senza aver ottenuto reciprocità dall'esercito nigerino, che si è persino rifiutato di concederci il terreno per costruire l'annunciato campo base".

La ragione? Ufficialmente è politica. Alcuni ministri della repubblica africana, tra cui il potente astro nascente della politica nigerina, il titolare dell'Interno Mohamed Bazoum, sono contrari all'ipotesi.

Il mistero dei contatti Roma-Niamey

Bazoum, intervistato da Rainews24, ha spiegato che non ci sono mai stati contatti tra Roma e Niamey, di aver appreso la notizia dai media e di poter accettare soltanto "una missione di esperti, non la presenza di militari italiani a vocazione operativa".

La seconda opzione, ha rincarato il futuro premier nigerino, "non mi sembra proprio concepibile".

Un fatto che ha insinuato diversi dubbi sul ruolo della Francia, un Paese molto influente sull'area, pubblicamente favorevole alla missione italiana, tanto è vero che a gennaio si era parlato di un piacere fatto a Emmanuel Macron. Anzi, in particolare, alle aziende francesi che gestiscono le miniere di uranio presenti in Niger.

La realtà dice altro, e cioè che da Parigi il presidente transalpino non ha mosso un dito per favorire l'arrivo degli italiani. Al punto che in Niger i nostri soldati sono ospiti degli americani.

Insomma, anche se la ministra Pinotti ha le lettere di richiesta firmate dall'omologo nigerino Kalla Moutari, la situazione è ancora fluida, se non tesa. E anche per un'altra ragione, finora nascosta e inaccettabile da un punto di vista politico: dall'Italia non sarebbe arrivato il materiale promesso.

La missione in Niger prevede infatti il dispiegamento, oltre che di 470 uomini, di 130 mezzi e due aerei da impiegare nell'addestramento dell'esercito nigerino. Ecco, i ministri locali, a partire da Bazoum, vorrebbero questi mezzi in comodato d'uso, senza i nostri uomini a gestirli. Un'ipotesi francamente improbabile, al limite del grottesco. Ma il governo italiano (vedi anzitutto alla voce Pinotti) non poteva pensarci prima?

(Questo articolo è stato pubblcato sul numero di Panorama in edicola il 15 marzo 2018)

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Linda Di Benedetto