Strage di Migranti nel Mediterrenao
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Nigeria, Gambia, Somalia: ecco come si vive nei paesi d’origine dei migranti

Terrore islamista, violenze di stato, povertà e odi settari. Condizioni insostenibili sono spesso all’origine dei viaggi della disperazione

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GABRIEL BOUYS/AFP/Getty Images
Un gruppo di migranti salvati dal naufragio vicino alle coste della Libia dall'imparcazione Aquarius diretta in Sardegna - 26 maggio 2016
MigrantiUn migrante salvato nel Mediterraneo vicino le coste della Libia ringrazia un medico di MSF al suo sbarco in Sardegna - 26 maggio 2016GABRIEL BOUYS/AFP/Getty Images
Migranti-naufragioUn'immagine del naufragio nel Canale di Sicilia, a 35 miglia dalle coste libiche, avvenuto il 26 maggio 2016 e nel quale sarebbero morte decine di persone, diffusa da Eunavformed, che ha dato l'allarme. ANSA/ EUNAVFORMED
Un'immagine del nuovo naufragio avvenuto nel Canale di Sicilia , 25 maggio 2016. ANSA/ UFFICIO STAMPA MARINA MILITARE

ANSA/ UFFICIO STAMPA MARINA MILITARE
Un'immagine del nuovo naufragio avvenuto nel Canale di Sicilia , 25 maggio 2016.
Una immagine delle operazioni che hanno consentito ad oltre ottocento migranti di essere soccorsi nel canale di Sicilia dai mezzi di soccorso italiani ed europei coordinati dalla centrale operativa della Guardia Costiera, 12 maggio 2016ANSA / US GUARDIA COSTIERA

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ANSA/ELIO DESIDERIO
I 108 migranti sbarcati con la nave 'Aquarius' al porto di Lampedusa, 18 aprile 2016.
migranti-naufragio-salvataggioI 108 migranti sbarcati con la nave 'Aquarius' al porto di Lampedusa, 18 aprile 2016. ANSA/ELIO DESIDERIO
migranti-naufragio-salvataggioI 108 migranti sbarcati con la nave 'Aquarius' al porto di Lampedusa, 18 aprile 2016. Raccontano di essere partiti dalla Libia su un gommone in 130-140. Ne sono stati salvati 108 dalla nave Aquarius dell'Associazione SOS Mediterranee, due risultano annegati, 6 giacevano cadaveri nel fondo dell'imbarcazione: tutti gli altri risultano dispersi. ANSA/ELIO DESIDERIO
migranti-naufragio-salvataggioI 108 migranti sbarcati con la nave 'Aquarius' al porto di Lampedusa, 18 aprile 2016 ANSA/ELIO DESIDERIO
migranti-naufragio-salvataggioI 108 migranti sbarcati con la nave 'Aquarius' al porto di Lampedusa, 18 aprile 2016. Raccontano di essere partiti dalla Libia su un gommone in 130-140. Ne sono stati salvati 108 dalla nave Aquarius dell'Associazione SOS Mediterranee,ANSA/ELIO DESIDERIO
Grecia deportazione TurchiaMigranti a Lesbo accompagnati sulle imbarcazioni che li riportano in Turchia, 4 aprile 2016 EPA/ORESTIS PANAGIOTOU
Migranti salvati in mare a Tripoli18 marzo 2016. Una donna coperta da un panno pesante tiene in braccio il suo bambino a bordo di un autobus, dopo che sono stati tratti in salvo al largo di Tripoli, in Libia. Secondo fonti locali, un gruppo di 123 migranti è stato recuperato ieri in mare mentre cercava di raggiungere l'Europa con un'imbarcazione. EPA/STRINGER

Nigeria, Gambia, Somalia. Sono solo alcuni dei paesi di provenienza delle decine di migliaia di migranti che ogni anno affollano le coste libiche, turche, siriane, per tentare il grande salto in Europa. La questione, come noto, è annosa e apparentemente senza una soluzione. In occasione della guerra civile siriana del 2011, e particolarmente nel 2014 e 2015, quando questa ferita si è acuita, l’afflusso dei migranti si è rivelato senza controllo.

La comunità europea tuttora arranca nel trovare un indirizzo comune tra i paesi membri per sostenere questa battaglia contro il tempo, che tingendosi d’ideologia - tra spinte solidaristiche verso l’accoglienza e rigurgiti di fiera contrarietà - affossa ogni credibilità dell’Unione Europea in materia di politiche migratorie.

I precedenti tentativi unilaterali per tentare di frenare gli approdi dei famigerati barconi, come ad esempio quello in Libia stipulato tra il governo italiano e il colonnello Gheddafi, si risolse sì con un minor afflusso di migranti. Ma a ciò corrispose una brutale repressione nei confronti di chi, partito dal Sahel, dal Centrafrica o da ancora più lontano, una volta arrivato nell’estuario delle grandi partenze per il nord del mondo venne fatto schiavo o, peggio, disperso nel deserto.

La dittatura di Gheddafi era solo uno dei problemi dell’Africa con cui i migranti si trovarono a confrontarsi. Oggi non è molto diverso e, anzi, la situazione appare peggiore. Chi intraprende un viaggio dalla Nigeria per arrivare in Italia, ad esempio, ha già visto con i propri occhi la furia omicida di Boko Haram, il gruppo islamista attivo nel nord del paese che, affiliato allo Stato Islamico, punta a fondare un Califfato nella regione del Borno. Solo nel 2014, per dire, la furia di Boko Haram ha portato all’uccisione di più di 2mila persone e allo sfollamento di un altro milione e mezzo di civili.

Nigeria

Eppure, statistiche alla mano, la Nigeria è una delle nazioni più popolose della Terra, tra le prime economie del continente africano. Gli idrocarburi contribuiscono per il 15% del pil nazionale - la Nigeria è tra i primi dieci Paesi al mondo per produzione di petrolio - e per il resto conta sul terziario. La telefonia mobile, ad esempio, con 129 milioni di linee attive e dieci operatori telefonici, contribuisce insieme a un’importante industria cinematografica (nota come Nollywood, sic!) alla crescita del prodotto interno lordo nazionale. 

Certo, tutto questo significa ben poco per i suoi 177 milioni di abitanti, o perlomeno per i 110 milioni di nigeriani che vivono con meno di un dollaro e 25 centesimi al giorno. Perché il grande problema di questa nazione, a ben vedere, è la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Complice di questa disparità è la minoranza cristiana che vive nel sud del Paese, dove sono presenti i principali giacimenti: nelle loro mani è infatti concentrata gran parte dei proventi del petrolio.

L’equazione è pertanto semplice: sud-petrolio-ricchezza-corruzione-cristiani da una parte; nord-miseria-musulmani dall’altra. Ecco perché Boko Haram colpisce con tale violenza i cristiani e punta a rovesciare il paese. Solo risolvendo questa equazione si potrebbero sedare i fondamentalismi e frenare le migrazioni.


Terrore e violenza in Nigeria

nigeria-boko-haramCivili in fuga da Boko Haram nei pressi di Maiduguri, capitale dello stato di Borno nel nordest della Nigeria, 6 febbraio 2016 STRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

Aiuti umanitari in Nigeria17 maggio 2016. Un furgone sovraccarico viaggia attraverso il campo profughi dj Assaga a Diffa, vicino al confine tra Niger e Nigeria. Il capo delle operazioni umanitarie delle Nazioni Unite, Stephen O'Brien, ha promesso, durante il prossimo vertice mondiale umanitario, una raccolta fondi per l'area dove si trovano oltre 240.000 profughi, sfollati in campi nel sud-est del Niger per fuggire dai miliziani di Boko Haram. BOUREIMA HAMA/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

Nigeria, 2\u00b0 anniversario del rapimento 200 ragazze14 aprile 2016. Nel secondo anniversario del rapimento, genitori e parenti delle 276 studentesse sequestrate dagli islamisti di Boko Haram - sostenute dalla campagna #Bring back our Girls - partecipano a una veglia nella scuola di Chibok, nel nord-est della Nigeria. STRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

Nigeria, strage di Boko Haram a DaloriDalori, alla periferia di Maiduguri, Nigeria nordorientale, 31 gennaio 2016. Un gruppo di donne sedute accanto alla carcassa di una mucca, bruciata viva dagli islamisti di Boko Haram. STRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

Nigeria, strage di Boko Haram a DaloriDalori, alla periferia di Maiduguri, Nigeria nordorientale, 31 gennaio 2016. Un gruppo di bambini tra le macerie di una casa data alle fiamme dagli islamisti.STRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

Nigeria, strage di Boko Haram a DaloriDalori, alla periferia di Maiduguri, Nigeria nordorientale, 31 gennaio 2016. Dei passanti camminano accanto alle macerie delle case date alle fiamme dagli islamisti di Boko Haram.STRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

Nigeria, strage di Boko Haram a DaloriDalori, alla periferia di Maiduguri, Nigeria nordorientale, 31 gennaio 2016. Dei passanti camminano accanto alla carcassa di una mucca, bruciata viva dagli islamisti di Boko Haram. STRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

Nigeria, strage di Boko Haram a DaloriDalori, alla periferia di Maiduguri, Nigeria nordorientale, 31 gennaio 2016. Donne e bambini tra le macerie delle case date alle fiamme dagli islamisti di Boko Haram.STRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

2 giugno 2015, attentato suicida al mercato di Maiduguri in NigeriaSTRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

31 luglio 2015, attentato suicida al mercato di Maiduguri in NigeriaSTR/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

31 luglio 2015, attentato suicida al mercato di Maiduguri in NigeriaSTR/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

22 giugno 2015, attentato suicida al mercato di Maiduguri in NigeriaSTRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

22 giugno 2015, attentato suicida al mercato di Maiduguri in NigeriaSTRINGER/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

31 luglio 2015, attentato suicida al mercato di Maiduguri in NigeriaSTR/AFP/Getty Images

Terrore e violenza in Nigeria

31 luglio 2015, attentato suicida al mercato di Maiduguri in NigeriaSTR/AFP/Getty Images

Gambia

Il Gambia non è da meno. Da quando il referendum del 1970 ha trasformato questa striscia di terra che si espande lungo il fiume omonimo in una repubblica presidenziale, il paese ha conosciuto un lungo periodo d’instabilità, iniziato con un primo golpe nel 1981 cui è seguito un secondo nel 1994, guidato dal colonnello Yahya Jammeh. Abolita la Costituzione, Jammeh si è fatto eleggere presidente nel 1996 e da allora continua a vincere le elezioni, nonostante le sporadiche manifestazioni di protesta da parte dell’opposizione e vari tentativi di colpi di stato, come nel 2006 e nel 2014, repressi duramente.

Nonostante abbia meno di 2 milioni di abitanti, il Gambia si attesta come il terzo dei paesi da cui proviene chi cerca di entrare in Europa attraverso il Mediterraneo. Nel 2015 solo in Italia sono stati 8.556 i rifugiati, il 386% in più dell’anno precedente (quando se ne sono contati 1.760), facendo balzare il Gambia al primo posto dei richiedenti asilo nel nostro paese: 1.639 richieste dal Gambia, 1.220 dalla Nigeria.

Pur essendo una repubblica islamica, il paese non è particolarmente fertile all’estremismo islamico e il rischio terrorismo è piuttosto basso, ma attraverso il bacino del fiume Gambia vengono trafficati esseri umani, armi, sigarette, rifiuti tossici, medicinali contraffatti, petrolio e altre risorse naturali come legnami rari e diamanti. Sono però le torture, i desaparecidos, e le condanne a morte sommarie a fare di questo posto un inferno in terra per chi si oppone al potere del bizzarro presidente Jammeh, che da oltre vent’anni tiranneggia e brutalizza la popolazione. Tanto per dire, uno dei più singolari reati introdotti di recente nel codice penale prevede pene severissime anche per chi si è reso “irreperibile alle autorità”.

La tragedia quotidiana della Somalia

L'esecuzione del giornalista somalo Hassan Hanafi11 aprile 2016. Il giornalista somalo Hassan Hanafi, accusato di aver ucciso 5 colleghi con il gruppo jihadista al Shabaab, legato ad Al-Qaeda, legato a un palo di legno prima di essere assassinato da un plotone di esecuzione in una piazza dell'accademia di polizia a Mogadiscio, in Somalia. Hassan Hanafi è stato condannato a la morte il mese scorso da un tribunale militare. MOHAMED ABDIWAHAB/AFP/Getty Images

La tragedia quotidiana della Somalia

Somalia, attacco degli Shebab27 febbraio 2016. Dei passanti si muovono accanto alla carcassa di un'auto, all'indomani dell'attacco terroristico al SYL hotel di Mogadiscio, in Somalia. Almeno 14 persone sono state uccise da due esplosioni e da colpi d'arma da fuoco contro la struttura alberghiera, nella zona del parco centrale della città. L'attacco è stato rivendicato dagli Al-Shabaab, un gruppo terroristico insurrezionalista islamista sunnita legato ad Al-Qaeda.MOHAMED ABDIWAHAB/AFP/Getty Images

La tragedia quotidiana della Somalia

mogdiscio-attacco-isis-albergoSoccorsi alle vittime dell'attentato di al Shebaab-Isis a un albergo sulla spiaggia di Mogadiscio, Somalia, 22 gennaio 2016EPA/SAID YUSUF WARSAME

La tragedia quotidiana della Somalia

mogdiscio-attacco-isis-albergoSoccorsi alle vittime dell'attentato di al Shebaab-Isis a un albergo sulla spiaggia di Mogadiscio, Somalia, 22 gennaio 2016EPA/SAID YUSUF WARSAME

La tragedia quotidiana della Somalia

mogdiscio-attacco-isis-albergoSoccorsi alle vittime dell'attentato di al Shebaab-Isis a un albergo sulla spiaggia di Mogadiscio, Somalia, 22 gennaio 2016EPA/SAID YUSUF WARSAME

La tragedia quotidiana della Somalia

mogdiscio-attacco-isis-albergoAuto distrutte nei pressi del luogo dell'attentato di al Shebaab-Isis a un albergo sulla spiaggia di Mogadiscio, Somalia, 22 gennaio 2016EPA/SAID YUSUF WARSAME

La tragedia quotidiana della Somalia

mogdiscio-attacco-isis-albergoVittime dell'attentato di al Shebaab-Isis a un albergo sulla spiaggia di Mogadiscio, Somalia, 22 gennaio 2016EPA/SAID YUSUF WARSAME

La tragedia quotidiana della Somalia

mogdiscio-attacco-isis-albergoSoccorsi alle vittime dell'attentato di al Shebaab-Isis a un albergo sulla spiaggia di Mogadiscio, Somalia, 22 gennaio 2016EPA/SAID YUSUF WARSAME

La tragedia quotidiana della Somalia

Mogadiscio, SomaliaCampo rifugiati di Sarkusta, a sud di Mogadiscio, Somalia, 4 marzo 2015. Un gruppo di rifugiati somali le cui case e i cui negozi sono stati distrutti dai soldati per ordine del governo. © Mohamed Abdiwahab / AFP

La tragedia quotidiana della Somalia

Mogadiscio, SomaliaDistretto di Wardhigley, a sud di Mogadiscio, Somalia, 27 febbraio 2015. Una madre tiene la figlia per mano mentre superano la carcassa di un'automobile fatta esplodere uccidendo una persona e ferendone una seconda. © Mohamed Abdiwahab / AFP

La tragedia quotidiana della Somalia

Somalia, il luogo dell'attentato a un veicolo delle Nazioni Unite, 20 aprile 2014. EPA/STR

La tragedia quotidiana della Somalia

Somalia, il luogo dell'attentato a un veicolo delle Nazioni Unite, 20 aprile 2014. EPA/STR

La tragedia quotidiana della Somalia

Un'immagine postata su Twitter dopo l'attentato al pullmino dell'Onu in Somalia, 20 aprile 2015

Somalia

Nella classifica dei flussi migratori più cospicui figura anche la Somalia. A quattro anni dalla terribile carestia che uccise più di 250mila persone e a più di vent'anni dallo scoppio della guerra civile ancora in corso, la Somalia è di fatto uno Stato fallito, ostaggio dell'insurrezione islamista degli Al Shabaab, delle rivalità tribali e - non ultimo - della pirateria al largo del Corno d'Africa. Tutti fattori che rendono dannatamente instabile il paese e ostacolano una crescita economica, oltre a rappresentare una minaccia per gli interessi geopolitici e geostrategici dell'Occidente, considerata la posizione cruciale allo sbocco del mar rosso.

I terroristi di Al Shabaab, dopo l'affiliazione ufficiale ad Al Qaeda sancita nel febbraio del 2012 hanno compiuto azioni eclatanti non solo in Somalia ma anche in Uganda, Etiopia e Kenya. Oggi Al Shabaab è un fenomeno più contenuto: costretto ad abbandonare Mogadiscio e il porto strategico di Kismayo, il gruppo islamista rimane tuttavia una spina nel fianco per l'intero Corno d'Africa.

Una minaccia che nemmeno le migliaia di soldati inviati dall'Unione Africana a sostegno della missione AMISOM (African Union Mission in Somalia) sono state finora in grado di annientare. Infatti, i qaedisti controllano ancora il porto di Merca, a 70 chilometri a sud-ovest della capitale Mogadiscio, e potendo contare sui “colleghi" yemeniti che operano nel porto di Mukallah, possono oggi continuare a mettere le mani sui numerosi traffici illegali di merci, droga e armi che transitano per il Golfo di Aden.

Inoltre, la spaccatura tra Somaliland, de facto regione indipendente nel nord del paese, il Puntland e il Galmudug rispetto al governo centrale di Mogadiscio, rendono un incubo la gestione amministrativa e il controllo territoriale di questa regione, parcellizzata e sotto ricatto continuo degli umori politici delle varie entità tribali, che affidano spesso a gruppi di miliziani e soldataglie para-statali l'esercizio del potere.

La Somalia è pertanto poco più che un'unione federale, nonché uno dei paesi più poveri del mondo che dipende quasi totalmente dagli aiuti umanitari, il cui flusso costante però è compromesso dall'insicurezza generale. Le prospettive di crescita futura dipenderanno molto dalla stabilizzazione del paese, soprattutto nelle aree centrali e meridionali, oggi sotto l'influenza delle corti islamiche.

Conclusioni

Da questa disamina, si capisce allora come e perché questi paesi offrano sempre più spesso alle rispettive popolazioni la sola alternativa d'intraprendere un lungo viaggio verso il nord del pianeta piuttosto che continuare a vivere sotto il giogo di odi, fanatismi religiosi e faide settarie, che fanno della brutalità, della sottomissione e dell'insofferenza alle leggi degli stati laici, la sola via d'uscita per controllo territoriale. L'aspetto socio-economico, ancor prima che politico, è dunque il vero male oscuro che affligge il continente africano.

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Luciano Tirinnanzi