Neonata rapita e ritrovata a Cosenza. In carcere la coppia di finti genitori
(Ansa)
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Neonata rapita e ritrovata a Cosenza. In carcere la coppia di finti genitori

La donna ha finto per nove mesi una gravidanza. Poi ha sottratto la piccola dalla clinica Sacro Cuore e l'ha portata a casa sua, vestita di azzurro, perché a tutti aveva detto di aspettare un maschietto

Palloncini azzurri, confetti e ben due fiocchi per la nascita di un bel maschietto. Quando i poliziotti sono entrati nell’appartamento di Rosa Vespa hanno trovato la coppia e altre cinque persone sedute in salotto a festeggiare l’arrivo di Ansel. Ma nella culletta della stanza accanto c’era invece la piccola Sofia, la bimba di appena un giorno che nella giornata di martedì è stata rapita mentre era nella clinica «Sacro Cuore» di Cosenza.

Sono angoscianti i particolari emersi dal racconto degli inquirenti sul sequestro lampo della neonata che ha portato all’arresto di Rosa Vespa, cinquantunenne residente in provincia di Cosenza, e del marito Aqua Moses, quarantatreenne di origini senegalesi. Ora le attenzioni degli inquirenti sono rivolte proprio a questa «strana coppia» che, dalle foto pubblicate sui loro profili social, appaiono come una famiglia normale tra risate, selfie e divertimento. Eppure sono tante le ombre che avvolgono questa triste vicenda che si è conclusa, per fortuna, con un lieto fine. La piccola Sofia è ritornata tra le braccia della sua mamma e del suo papà.

I poliziotti, coordinati dal questore di Cosenza, Giuseppe Cannizzaro, sono riusciti a portarla in salvo in poco tempo. I due sono stati arrestati in flagranza di reato con l’accusa di sequestro di persona. Ora si attende che la Procura formuli i capi d’accusa nei confronti della coppia (difesa La dagli avvocati Teresa Gallucci e Gianluca Garritano) e che si svolga l’udienza di convalida del fermo. Gli interrogativi a cui rispondere sono tanti. Anche perché la versione fornita dalla donna non convince gli inquirenti. La Vespa, al momento disoccupata, ha finto una gravidanza per nove mesi. Nove mesi in cui il marito non si sarebbe accorto di nulla. Il senegalese, che lavora come operaio, ieri davanti ai poliziotti è sembrato incredulo. Pareva all’oscuro di quel rapimento. Lui pensava che la piccola Sofia fosse il «suo Ansel». La compagna, infatti, lo scorso 8 gennaio sul suo profilo Facebook ha pubblicato un post che ha condiviso con il profilo del marito: «Dopo tanta attesa il nostro miracolo è arrivato. Alle ore 20 di oggi è nato Ansel. Mamma e papa ti amano!». L’inquietante post era corredato da una foto in cui si vedeva la manina di un neonato. Il messaggio ha ottenuto tantissimi like e un fiume di commenti. Ma solo questa mattina molti hanno compreso che era tutto finto.

Rosa non ha mai partorito. Quel bimbo di cui parlava non è mai nato. Per nove mesi ha finto di essere incinta. Conoscenti e familiari, che si dichiarano all’oscuro di tutto, dicono che in questi 20 giorni dall’annuncio fake della nascita, la donna avrebbe inviato tante foto del piccolo.

Chi è il neonato immortalato negli scatti di Rosa? La risposta a questa domanda potrebbe arrivare dall’analisi del cellulare della donna che dovrebbe essere ora nelle mani degli inquirenti. Ma sulle indagini vige, come si suol dire, uno stretto riserbo. In tutti questi nove mesi il marito non si sarebbe accorto di nulla e anche la sorella della donna avrebbe pensato che quella pancia fosse quella di una donna incinta. La Vespa avrebbe spiegato al marito che il figlio, nato due settimane fa, doveva stare in clinica per accertamenti. Il senegalese non avrebbe mai visto il bimbo perché «la clinica non faceva entrare altri familiari». Eppure Rosa sarebbe entrata per oltre dieci giorni nella struttura senza che, a suo dire, nessuno le chiedesse dove andasse. In questi nove mesi si sarebbe fatta accompagnare dal marito e dai familiari davanti alla clinica per visite, ma nessuno di loro avrebbe mai varcato l’ingresso. Ieri, quando i poliziotti sono entrati nella sua casa durante i festeggiamenti, l’indagata ha solo indicato la stanza in cui c’era la culla e poi non ha detto più nulla. «La piccola Sofia» ha raccontato il commissario Claudio Sole che ha preso tra le braccia la neonata, «era vestita da maschietto con una tutina blu e tutta la stanza era addobbata di blu».

Adesso, però, gli inquirenti dovranno far luce anche su eventuali responsabilità della clinica. «Bisognerà valutare» ha spiegato il capo della Mobile Gabriele Presti, «che cosa sia accaduto e quali sono i criteri che regolano gli accessi». Secondo le prime ricostruzioni la donna è entrata con una mascherina fingendosi un’operatrice sanitaria che doveva lavare la piccola. Poi, è uscita fuori dalla clinica con la neonata avvolta in una coperta e nessuno si sarebbe accorto di nulla. In città da ieri si è diffuso il panico tra i cittadini, diffidenza nei confronti della struttura per la «negligenza» e rabbia verso quella «strana coppia». Ma il questore Cannizzaro ha voluto precisare che «non c’è un ladro di bambini che gira per Cosenza». E ha precisato: «Si tratta palesemente di un fatto episodico. È un’eccezione che non deve allarmare nessuno perché nella maggior parte dei casi le strutture sanitarie hanno un controllo degli accessi. Adesso c’è da accertare se ci sia stata una falla nella sicurezza della clinica».


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Mirella Molinaro