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Malattie dell'occhio: l'importanza della ricerca

Progressi nel trattamento di maculopatie degenerative o secondarie, retinopatia diabetica e glaucoma: intervista al professor Mario Stirpe

In questi ultimi anni la ricerca, in campo oftalmologico, si è concentrata sulla cura delle malattie che sono la principale causa di ipoveggenza o cecità nei Paesi maggiormente civilizzati. Parliamo soprattutto di maculopatie degenerative o secondarie, retinopatia diabetica e glaucoma. I risultati sono stati incoraggianti; abbiamo rivolto alcune domande al Prof. Mario Stirpe, presidente dell’Irccs Fondazione G.B.Bietti per lo Studio e la ricerca in oftalmologia.

Che cos’è la degenerazione maculare legata all’età?
È una malattia che colpisce la porzione centrale della retina (la macula), sede della visione distinta necessaria a funzioni fondamentali come la lettura e la guida. La sua prevalenza aumenta con l’età: secondo le statistiche, interessa il 14 per cento dei soggetti tra i 55 e i 64 anni, il 19 per cento tra i 65 e 74 anni e il 37 i 75 anni. Ed è destinata a crescere con l’allungamento della vita media. La forma avanzata viene distinta in due tipi: essudativa e atrofica.

Si può prevenire?
La prevenzione riguarda la forma essudativa, ed è volta ad arrestare la malattia quando già si è verificata, impedendo i maggiori danni.

Quali sono i fattori di rischio?
Oltre all’avanzamento dell’età, sono il fumo di sigaretta, che aumenta il rischio di tre volte rispetto ai non fumatori; familiarità, con rischio quattro volte maggiore nei consanguinei dei soggetti affetti dalla malattia; il sesso, colpisce di più le donne; le etnie, con prevalenza più alta nei soggetti di pelle bianca. Infine l’ipertensione arteriosa, il consumo di alcool e l’esposizione alla luce solare.

Come ci si può curare?
La terapia riguarda unicamente la forma essudativa, con farmaci inibitori del fattore di crescita vascolare (anti Vegf): iniettati con aghi molto sottili nell’interno dell’occhio. L’effetto è tanto migliore quanto più precocemente viene effettuata la terapia.

Un’altra malattia grave è la retinopatia diabetica…Qui che novità ci sono?
È la complicanza oculare più frequente causata dal diabete mellito e, nei Paesi industrializzati, è la principale causa di cecità legale tra i soggetti in età lavorativa. I sintomi, anche quando la retinopatia è già avanzata, compaiono tardivamente e la complicazione oculare può essere a lungo ignorata, soprattutto nei pazienti che non sanno ancora di essere diabetici. In certi casi capita che sia proprio l’oculista a fare la diagnosi di diabete durante un esame occasionale del fondo oculare. La prevenzione è essenziale ed è legata ad una collaborazione molto stretta tra il diabetologo e l’oculista. Una diagnosi precoce garantisce la conservazione della vista.

Il glaucoma viene chiamato “il ladro silenzioso della vista”, significa che  non si può prevenire?
Al contrario. Il controllo della pressione oculare e l’esame del campo visivo sono un momento essenziale per conservare la vista. Il glaucoma è oggi considerato una malattia neuro-degenerativa in cui quale la struttura nervosa colpita è il nervo ottico. In assenza di terapia adeguata, causa una riduzione progressiva del campo visivo fino alla cecità.

E per la terapia?
La riduzione della pressione oculare rappresenta tutt’oggi l’unico mezzo terapeutico per trattare la malattia e arrestarne la progressione. Lo si fa con  l’instillazione quotidiana di farmaci a uso topico, e nei casi più refrattari con interventi mininvasivi. Quando è già evidente un danneggiamento del nervo ottico si consiglia anche l’assunzione di farmaci neuro protettivi.

Insomma le scoperte e i progressi sono tanti. Ma quali oggi sono gli ostacoli alla ricerca?
La lotta che intraprende il ricercatore non è solo rivolta alla malattia ma anche ai limiti provocati dall’incultura e l’indifferenza di chi è al governo. Questa condizione ha pesato molto sul nostro Paese dove le Università sono state in gran parte trasformate in luoghi eminentemente di cura, per esigenze economiche volte al mantenimento dell’Università stessa, con un impoverimento progressivo dei fondi destinati alla ricerca. Questo ha causato il trasferimento all’estero di un materiale umano di alto valore, che avrebbe dovuto costituire la colonna portante del Paese.

Come si può oggi fare ricerca in Italia?
Un esempio viene dagli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) controllati da un’efficiente Direzione generale del Ministero della Salute e accreditati presso la Regione di appartenenza. L’Irccs Fondazione G.B.Bietti, da me presieduto, è l’unico in Italia in campo oftalmologico. È dotato di un importante patrimonio strumentale che è stato possibile acquisire grazie all’unione con la Fondazione Roma Presieduta dal Prof Emmanuele Emanuele oggi Presidente Onorario della Fondazione Bietti stessa. Queste unioni, tra Istituti finanziariamente dotati e con una vocazione per la ricerca e Istituti Scientifici, sono una realtà negli altri Paesi, e oggi vengono finalmente recepite nel nord Italia. Dovrebbero essere incentivate anche in forme diverse, dal momento che in Italia un cambiamento di tendenza verso la ricerca scientifica appare ancora molto lontano.

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Redazione Scienza