liceo classico
(Ansa)
News

Il liceo classico rischia di sparire ed è un male

Si sono chiuse le iscrizioni alle superiori e non si argina la crisi del liceo classico, scelto ogni annoda meno studenti. Il dibattito sull’utilità dell’indirizzo continua e ora viene affiancato dal timore che l’esistenza del corso sia messa in dubbio nei prossimi anni

Il liceo classico non è per tutti, ma la crisi di iscrizioni che lo tormenta va ben oltre capacità e interesse ed è un segnale sociale da analizzare. Il dato è chiaro: l’indirizzo continua a perdere studenti, e per il prossimo settembre meno di sei ragazzi su dieci ha scelto di iscriversi al classico, il 5,8% del totale degli attuali studenti delle terze medie, per la precisione. Numeri esigui e soprattutto in contrazione costante, ogni anno di più. Di questo passo, vale a dire calando di circa mezzo punto percentuale ogni anno, il futuro del liceo più antico del nostro sistema scolastico appare incerto.

Il classico apre sempre alla discussione, perché c’è chi lo ama ed è disposto a difenderlo, considerandolo l’unico vero banco di prova rimasto ad argine dello sfacelo totale, e poi c’è chi lo odia, perché – con un rigurgito futurista - lo ritiene il vecchio che avanza.

Senza dubbio intorno a questo indirizzo liceale ci sono stereotipi, ricordi, leggende e molti luoghi comuni. Innanzitutto, il classico è considerato una scuola inattuale, perché si fonda su materie superate e lingue morte, perché presenta un curricolo che non inserisce gli studenti nel mondo del lavoro e non comunica con i loro interessi, con i tempi in cui è immerso. Sono argomenti dibattuti, contengono del vero e del forzato, ma certamente nessuno di questi è il motivo della sua crisi.

Il classico è anche oltremodo selettivo, per cui si dice che chi si iscriva a questo indirizzo debba abdicare a interessi e vita sociale. C’è del vero anche qui e senza dubbio ci sono atteggiamenti e modi che devono essere rivisti da parte di chi lo interpreta, e non è solo questione di indirizzo, ma di come si dovrebbero proporre la scuola e l’educazione, vale a dire chiedendo impegno e fatica, contraccambiando però con passione, bellezza e interesse abbondanti. Ma nonostante ciò, nemmeno questo è l’elemento principale che alimenta il calo di iscrizioni, tant’è che non bastano tentativi di lifting al suo curricolo per renderlo più appetibile.

Il classico è impossibile, troppo difficile, sostengono alcuni. Molto impegnativo, è vero, eppure il liceo scientifico degli ultimi anni richiede una multiformità di preparazione che probabilmente necessita di impegno ancora maggiore, perché al classico la proposta risulta meno eterogenea e quindi più gestibile per sviluppa un metodo ad hoc. Nemmeno la difficoltà reale, quindi, è motivo di numeri così bassi, e non basta semplificarne alcune parti per renderlo più apprezzato. Allora cosa?

Il classico è sempre più in crisi perché l’indirizzo più temuto, perché richiede dal primo anno impegno e dedizione, perché rispetto a tutto ciò che gli sta intorno presenta discipline che invitano alla riflessione e richiedono cura, dettaglio, esattezza fin da subito. E tutto ciò costa fatica, fa fare esperienza di insuccesso, coinvolge emotivamente e soprattutto mette la scuola al centro della vita della studente e della sua famiglia. Si badi bene, senza che la scuola abbia l’esclusiva, perché è la scuola a far parte della vita, e non il contrario, ma certamente per lo studente di liceo classico la scuola occupa una posizione centrale, per il tempo che richiede, per i suoi grandi vocabolari che campeggiano in camera, per ciò che va imparato a memoria e ciò che va studiato, compreso, tradotto. Un po’ tutti i giorni, studiando e ripassando.

Il motivo è tutto qui: nel 2023 mettere al centro di una vita la scuola, per cui l’impegno, la fatica, la cultura e la cura sembrano mostruosità da cui fuggire. Chi ha voglia di sacrificarsi per l’educazione? Chi rinuncia a una serata per curare un dettaglio? Chi è disposto – tra i ragazzi, ma anche tra i genitori – a gestire un insuccesso, una fatica, un limite intellettuale che si fa strada nella quotidianità?

Eppure si tratta di vita, di condizioni naturalissime e infatti assai presenti nei testi degli antichi: gli eroi biblici e omerici sbagliano, falliscono, devono fare ammenda, riparare, ricostruire da capo. Ma questa condizione naturale oggi è vista come una disgrazia, una perdita di tempo, una tortura. Molto meglio scegliere altre strade, evitare un guaio come un fine settimana che metta al primo posto la scuola, o un libro.Tutto umano e per certi versi comprensibile, perché si fa i conti con la stanchezza di ognuno, ma anche tutto figlio di un tempo che non tollera fallimenti preferendo nasconderli anziché insegnare a gestirli e a rimediare a esse, che spinge a scegliere la vita più facile, fosse anche la più furba, e che assegna alla bellezza poca comprensione e tanta superficialità.L’esattezza e il tempo lento che richiedono le lingue antiche e tutto lo spirito delle letterature sarebbero utilissime per ricostruire la nostra civiltà occidentale sulle macerie del Novecento, e più nel breve termine, dopo la pandemia e i suoi strascichi, ma risultano tradite da chi, giorno dopo giorno, è abituato a scegliere altro, a patto che sia poco faticoso, anche in bassa risoluzione.

Classico, la tua crisi è la nostra crisi.

I più letti

avatar-icon

Marcello Bramati