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I dieci nodi sul tavolo del successore di Papa Francesco

I dieci nodi sul tavolo del successore di Papa Francesco

Dal green ai gay, fino a Cina e finanze. Tra gli elettori, la necessità di riportare la dottrina al centro è un tema molto più condiviso di quanto appaia. Così come la volontà di tornare protagonisti nella diplomazia. E la speranza in un pontefice meno mediatico.

«La Chiesa non taglia, la Chiesa ricuce». Sotto la Cappella Sistina ogni nodo attende mani esperte che lo sciolgano, non certo la lama. Così anche Guglielmo d’Occam è archiviato; nessun trauma, nessuna amputazione tematica sulla soglia del Conclave. Eppure i nodi ci sono, somigliano a quelli del rosario e sono così stretti da aver impedito alle Congregazioni di allentarli. Se la necessità di riportare la dottrina al centro è un tema condiviso anche dal movimentismo gesuita; se l’urgenza di chiudere i dossier lasciati (disordinatamente) aperti da papa Francesco è un imperativo per tutti, ci sono dieci punti sui quali il dibattito è aperto e gli angoli pungono ancora. Eccoli.

Indipendenza dal potere temporale

Sembra un argomento vecchio di cinque secoli ma non è così: il caso Cina rappresenta una ferita aperta in Vaticano per la superficialità con cui papa Francesco l’ha affrontato. Il protocollo del 2018 che prevede l’approvazione di Pechino dei vescovi designati ha creato una frattura profonda fra chi ha visto un ritorno alla subalternità nei confronti del potere temporale e chi ha giustificato il baratto per tornare a un culto alla luce del sole. Nel frattempo le persecuzioni continuano. Una Chiesa sottomessa ai governi non piace ai tradizionalisti, che hanno accusato il Papa di «morbidezza» nel criticare le dittature in Nicaragua, Venezuela, Cuba. Alcuni prelati sono ancora indignati per la decisione di chiudere i luoghi di culto (soprattutto in Italia) durante la pandemia.

Retromarcia sul fideismo verde

L’entusiasmo di Jorge Bergoglio nell’affrontare la causa green ha suscitato perplessità anche nei cardinali e nell’episcopato moderato. Il pontefice aveva aderito alle spinte ecologiste addirittura con un’enciclica (Laudato Si’) di grande visibilità mediatica, ma di totale evanescenza pratica. Pur dentro un contesto di rispetto della natura e delle creature di Dio, i conservatori chiedono di smantellare il «fideismo verde» che tende a confondere il cristianesimo con una setta hippie. L’adesione incondizionata alla campagna di Greta Thunberg (accolta in Vaticano come Giovanna d’Arco) ha dato popolarità effimera, ma è stata alla base di un’inversione di metodo sottolineata dal cardinal Gerhard Müller: «La Chiesa non può rincorrere le mode dei fedeli ma deve esserne la guida».

Mondo arcobaleno e benedizioni

È uno dei nodi più stretti. Per i progressisti è un punto fermo, determinato dalla lettera del cardinal Victor Manuel Fernandez dal titolo Fiducia supplicans che prevede la benedizione delle unioni fra persone dello stesso sesso. Dopo la rivolta letterale dei vescovi africani e asiatici, Francesco ha puntualizzato che «si possono benedire le persone, non l’atto», mandando anche questo argomento nel purgatorio delle incertezze interpretative. Il nuovo Papa dovrà fare sintesi fra tendenza e dottrina, andare oltre quel «chi sono io per giudicare» che ha portato la Chiesa dentro il ginepraio gay e transgender, facendosi strumentalizzare dai potentati e dai gay pride che fanno dell’ateismo un dogma. Lo stesso superiore generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa Abascal, ha detto: «Se gli errori di Francesco hanno avuto conseguenze, dobbiamo superarli».

Barra dritta sui valori non negoziabili

Su eutanasia, aborto e utero in affitto la partita riguarda i laici. Anche perché le spinte ultra progressiste di alcuni episcopati (soprattutto tedesco e francese) erano già state mitigate da Francesco, che più volte ha parlato di «cultura dello scarto come vergogna umana», mettendo in imbarazzo il numero uno della Cei, Matteo Zuppi, percepito come l’anima cattolica del Pd. Sui valori la consonanza dei cardinali è più significativa di ciò che sembra. Il ritorno ai principi cardine è anche un grido d’allarme nei confronti dell’Occidente laicista guidato dall’Unione europea, più volte criticata dal Vaticano «per avere dimenticato le radici cristiane». Le anime in Conclave hanno la necessità di fare fronte comune. Come ha ripetuto il cardinale irakeno Luis Sako, «l’Occidente svuotato dei valori non è più una guida per l’Oriente in cui siamo minoranza, spesso perseguitata».

Pedofilia fra il dire e il fare

Ecco un altro nodo scorsoio. Il tema è stato fondamentale per papa Francesco, che dopo un avvio ambiguo (la vicenda relativa al cardinale Theodore McCarrick), lo ha affrontato con rigore e decisione, imprimendo un’accelerazione agli interventi di papa Ratzinger. Con il motu proprio Come una madre amorevoleBergoglio ha codificato una serie di punti fermi per arginare la deriva della pedofilia fra le tonache. Come ha detto il cardinal Camillo Ruini, «Il Papa non voleva destrutturare, voleva purificare». Con risultati tutti da decifrare. Si è notata una enorme difficoltà nel passare dalla teoria alla pratica, per esempio sul ruolo di sacerdoti e vescovi accusati di «atti di omissione». Molti preti pedofili hanno trovato riparo fra le maglie del processo canonico, aiutati da lentezze e buchi procedurali.

Conti in rosso (e ricchi americani)

L’allarme finanziario è condiviso da progressisti e conservatori. Per il terzo anno consecutivo le casse vaticane piangono: -78 milioni nel 2022, -83 nel 2023, -70 l’anno scorso. Con le donazioni in profondo rosso. Anche i fedeli hanno le mani in tasca: l’obolo di San Pietro ha fatto registrare 52 milioni in entrata e 103 in uscita. Un segnale di diffidenza nei confronti di certe azzardate avventure ecclesiastiche, con le offerte della Messa utilizzate per finanziare la Ong Mediterranea di Luca Casarini o per pagare le bollette ai centri sociali romani. Ora serviranno un’ulteriore spending review e una strategia più saggia, anche perché i giocattoli populisti costano e il fondo pensioni mostra una voragine da 750 milioni. Poiché la Chiesa più ricca è quella americana e il numero uno nel raccogliere fondi è l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, è prevedibile che i conservatori trumpiani abbiano un ruolo non secondario nella partita.

Ambiguità con l’Islam

Mentre il campione di Emmanuel Macron, cardinale Jean-Marc Aveline, teorizza la grande fratellanza con il mondo musulmano purchessia, in Africa (Nigeria soprattutto) i cristiani uccisi sono migliaia e le chiese bruciate non fanno più notizia. Superare il «doppiopesismo progressista» è diventato un imperativo di tutti e va oltre le buone intenzioni nei rapporti con il mondo islamico, dove è difficile distinguere nettamente moderati silenziosi e fondamentalisti criminali. Una linea più attenta e prudente, che parte dal riaffermare i principi cristiani, viene sollecitata da gran parte dei cardinali in conclave. Una linea portata avanti da Robert Sarah, porpora guineana con numerosi voti in tasca, che teorizza: «Il dialogo non può prescindere dalla valorizzazione della fede contro il relativismo dominante». Chi vuole abolire il presepe per non irritare le altre religioni dovrà scendere a patti.

«La guerra mondiale a pezzi»

In un panorama di tensioni geopolitiche e di radicalizzazione dei conflitti, la Chiesa ha come obiettivo il valore assoluto della mediazione. Da sempre l’equilibrio della diplomazia vaticana è apprezzato perché punto d’incontro fra contendenti. Per questo l’intero corpo diplomatico che lavora fra le mura leonine è perplesso per le mosse del papato di Francesco, con sovraesposizione dialettica e risultati scadenti. L’unico successo è il rimpatrio dei bambini ucraini prigionieri dei russi grazie al lavoro di Zuppi. Per il resto, un deambulare da una capitale all’altra senza una strategia, senza una voce capace di ergersi sopra il crepitare delle armi. Anche qui i cardinali chiedono di tornare protagonisti.

Sobrietà nel comunicare

Nei sacri corridoi c’è una speranza: che la stagione delle interviste televisive del Papa-rockstar si sia conclusa. Mentre i progressisti della brigata guidata da Antonio Spadaro continuano a ritenere importante «stare dentro il mondo» con la ripetitività delle parole, la parte più conservatrice chiede maggiore sobrietà «perché la parola di Dio non è come le altre e deve ergersi sul rumore di fondo della quotidianità». Autorevolezza contro banalizzazione. Meno show da Fabio Fazio, meno uscite stile scalfariano con imbarazzanti conseguenze (come la negazione «della resurrezione della carne»), meno videomessaggi al festival di Sanremo. Silenzio e preghiera, innanzitutto.

Ritorno al gregge dei cattolici

«Francesco è sembrato privilegiare i lontani a scapito dei vicini. Con il paradosso per cui favorevoli a lui erano per lo più i laici mentre contrari erano spesso i credenti». Il pensiero del cardinal Ruini riassume tutto. È la pietra angolare, quella del Papa cattolico, del pastore che torna a occuparsi del gregge. Da qui un conclave con il compito di esprimere una figura condivisa, in grado di rendere meno impervia la salita. In onore al motto ottocentesco in voga nella Santa Sede: «Il Papa dovrà andar bene a tutti. E se non va bene, che almeno non vada di traverso».

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