La legge sulla laicità infiamma il Canada
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La legge sulla laicità infiamma il Canada

Nel Paese che ha inventato il multiculturalismo, il Québec ha adottato una legge che limita l'ostentazione di simboli religiosi. E il resto del Paese insorge.

Il premier del Manitoba Brian Pallister l'ha accusata di danneggiare la reputazione internazionale del Canada. Le città di Vancouver, Toronto, Calgary e Montréal l'hanno condannata in quanto «discriminatoria». E due organizzazioni che tutelano i diritti civili stanno per portarla davanti alla Corte Suprema.

La legge sulla laicità sta infiammando il Canada. Il provvedimento che limita l'ostentazione di simboli religiosi nei luoghi pubblici è stato adottato dal governo di centro-destra di François Legault il 16 giugno 2019 dal Québec, cattolicissimo fino alla Rivoluzione tranquilla del 1960.

Ispirata alla legge sulla «separazione delle Chiese e dello Stato» adottata dalla Francia nel 1905, la norma è la prima a disporre che «lo Stato del Québec è laico». In quest'ottica, la legge 21 nella provincia a maggioranza francofona, questo il suo nome, vieta ai funzionari pubblici in «posizione coercitiva» di esibire simboli religiosi quando si trovano in servizio.

Quindi niente crocifissi cristiani, veli islamici, kippah ebraiche o turbanti sikh per i dipendenti pubblici come gli insegnanti, i giudici e gli ufficiali di polizia. Non a caso, uno dei primi effetti del controverso provvedimento è stata la rimozione, lo scorso 9 luglio, di uno storico crocifisso nella Sala blu dell’Assemblea nazionale del Québec che era stato affisso nel 1936.

Apriti cielo. Il provvedimento ha fatto scatenare l'ira di cristiani, ebrei e musulmani. Particolarmente colpiti dalla norma secolare, migliaia di giovani osservanti musulmani o sikh, che hanno visto andare in fumo le loro carriere governative perché impossibilitati a indossare sul lavoro il velo islamico o il turbante.

Questi giovani devoti che desideravano una carriera pubblica contavano molto sulla sentenza della Corte d'appelloquebecchese, chiamata a decidere sulla richiesta di sospensione della legge 21. Ma il 12 dicembre la Corte d'appello della provincia francofona ha risposto picche. «La grande maggioranza delle principali religioni praticate in Québec» ha scritto il giudice Robert Mainville, «non paiono, per lo meno a prima vista, fare dell'ostentazione di segni religiosi al lavoro un'esigenza assoluta di fede».

Eppure la legge 21 si scontra con il principio del multiculturalismo, introdotto per la prima volta al mondo proprio in Canada dal primo ministro Pierre Trudeau: nel 1971 il padre dell'attuale premier Justin adottò la Multiculturalism Policy of Canada, che prefigurava una società in cui le diverse culture convivono, pur mantenendo la propria identità.

Per paradossale che possa sembrare, il problema è di carattere culturale. Lo spiega in un breve saggio intitolato Legge sulla laicità dello Stato: il Canada contro il Québec, Rodrigue Tremblay, professore emerito all'Université de Montréal. «Il Québec ha un sistema giuridico diverso dal resto del Canada», sottolinea Tremblay, mettendo in rilievo che «le province anglofone sono sotto il regime giuridico britannico della Common Law, mentre il Québec è sotto il regime del Codice civile francese».

Ma mentre nella tradizione francese la separazione fra Stato e Chiesa è un principio democratico fondamentale, nella Common law la separazione della politica dalla religione è meno forte. Non a caso, conclude il professor Tremblay, «nel Regno Unito il sovrano è anche il capo della Chiesa anglicana». E la regina Elisabetta, vale la pena di ricordarlo, è anche il Capo dello Stato canadese.

Eppure la questione è più complessa. Pierre Trudeau, il padre del multiculturalismo canadese, era guarda caso quebecchese. Ma era anche uno dei più accaniti oppositori del partito indipendentista francofono del Québec, il Parti québecois.      

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Redazione