La vittoria del partito dell'astensione
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La vittoria del partito dell'astensione

Fa riflettere il fatto che il tracollo sia avvenuto nel centro-nord, ovvero nelle zone economicamente più vivaci del Paese

C’è un unico vincitore in queste ultime elezioni amministrative. Non è il Pd che pure, essendo riuscito a mobilitare il suo zoccolo duro, ora può presentarsi ai ballottaggi con il favore del pronostico. A vincere - diventando di gran lunga il primo partito italiano - è stato il movimento dell’astensione, quotato al 37,7% degli aventi diritto, più quindici rispetto alle precedenti consultazioni. Un dato epocale per un paese come l’Italia che è però più profondo, e devastante per la tenuta politica del Paese, nelle aree economicamente più vivaci: al Nord Ovest (-17,1%),  al Nord Est (-17,3%) e al Centro (-20,4%). È questo un dato su cui riflettere.

LA FORZA DEL PD. Per un’analisi disaggregata del boom dell’astensione occorre una premessa: alle elezioni amministrative, dove contano di più il legame tra il candidato e gli elettori e la forza delle organizzazioni di massa,  il centrosinistra è da sempre più competitivo che alle politiche, dove  i partiti moderati (come il PdL) o quelli di opinione o protesta (come il M5S) riescono solitamente a recuperare consensi. Nel caso del MoVimento, poi, il flop è un vero e proprio tracollo su tutto il territorio nazionale, un dato che interroga Grillo e Casaleggio sulla saggezza di una linea strategica che si è tradotta, sul piano politico, in un auto-isolamento senza prospettive, né capacità di incidere. Come se il 25% delle elezioni politiche sia  stato (anche) il frutto (irripetibile) di un voto emotivo, dato sulle ali dell'entusiasmo e del rifiuto dei partiti tradizionali.

DUE ITALIE. Tra i comuni capoluogo il crollo più significativo è avvenuto a Roma, paradossalmente (ma nemmeno troppo) nella città che ha goduto della maggior esposizione: - 20,9% rispetto al primo turno del 2009, quando votarono il 73,7% degli elettori. Ma è altrettanto significativo che il crollo sia avvenuto in maggior misura in tutti i comuni capoluogo (-19,2%), in quei centri medi e grandi dove il voto di opinione è tradizionalmente più forte che nei piccoli centri. -24,2% a Pisa, -15% ad Ancona, -15,9% Massa, tre comuni dove il centrosinistra è sempre stato più forte. -18,1% a Vicenza, -20,2% a Sondrio, - 16,1 a Treviso, -19,4 a Brescia, tutti comuni negli anni passati a trazione forzaleghista. Insomma: l’astensione colpisce maggiormente quelle zone - rosse, verdi, azzurre - dove c’era un tessuto socioeconomico più vivace e basato sull’impresa diffusa, mentre nel Sud Italia - dove ha votato il 73% degli aventi diritto - contano ancora i legami tra i candidati e i cittadini e le speranze salvifiche della politica. Enrico Letta ha di ché riflettere da questi dati. La protesta, questa volta, ha assunto il volto, non del vaffa, ma della diserzione, del rifiuto.  

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