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La Turchia in fiamme e gli errori di Erdogan

Dopo il duplice attentato contro i soldati, la tensione tra il governo turco e le organizzazioni curde è destinata a diventare esplosiva

Per Lookout news

È di almeno 28 morti e 61 feriti il bilancio dell’attentato con autobomba avvenuto ad Ankara nella serata di ieri, mercoledì 18 febbraio. L’esplosione è avvenuta in una zona in cui si trovano il palazzo del parlamento e la sede centrale dell’esercito. Tra le vittime ci sono soprattutto soldati ma anche civili.


Autobomba ad Ankara: morti e feriti

Le autorità turche hanno identificato l’autore dell’attentato: si tratterebbe di un cittadino siriano entrato di recente in Turchia come profugo e ritenuto vicino alle milizie curde dell’YPG (Unità di Protezione del Popolo), braccio militare del PYD (Partito dell’Unione Democratica). Nel 2015 l’YPG ha contribuito alla difesa della città curdo-siriana di Kobane dall’assedio di ISIS. Attualmente è impegnato principalmente nei combattimenti nel governatorato di Aleppo nel nord della Siria contro i ribelli siriani.

 Alle prime ore della mattina di oggi, giovedì 19 febbraio, un’altra esplosione ha colpito un convoglio militare nel sud-est della Turchia lungo la strada che collega Diyarbakir al distretto di Lice. Nell’attacco sono morti almeno sette soldati. Il governo del presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha accusato dell’attacco i miliziani del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), che dall’estate del 2015 hanno colpito più volte in quest’area le forze di sicurezza turche rispondendo all’escalation di offensive di Ankara.

Curdi e Siria: gli errori di Erdogan
I due attentati avvenuti nelle ultime ore sono l’ennesima dimostrazione delle tensioni che stanno minacciando dall’interno la Turchia. E alla luce di quanto accaduto lo scontro tra il governo e il fronte curdo è destinato a mietere altre vittime. I curdi non dispongono né di artiglieria né di aviazione con i quali rispondere ai sistematici e insensati bombardamenti delle forze armate turche. Insensati perché i curdi hanno dimostrato fin dall’assedio di Kobane di essere la migliore forza in campo contro l’ISIS. Quell’ISIS finanziato e sostenuto da un presidente come Recep Tayyip Erdogan preda di un sogno di gloria che si sta trasformando in incubo.

 Erdogan in politica estera ha puntato tutto sulla caduta traumatica del governo del presidente siriano Bashar Assad, nella convinzione che spazzati via alawiti e cristiani la nuova Siria sunnita diventasse uno Stato vassallo della Turchia trasformando Ankara nel nuovo centro di gravità mediorientale.

Per ottenere questo Erdogan non soltanto è intervenuto in modo spregiudicato a sostegno di tutte le fazioni ribelli anti-Assad, ma ha anche tenuto a battesimo la nascita del Califfato. Per raggiungere i suoi obiettivi ha fatto regredire la politica interna turca vanificando tutte le riforme di Kemal Ataturk, padre della Turchia moderna, e tentando di allineare il proprio Paese alle teocrazie sunnite della regione.

 La regressione democratica della Turchia è sotto gli occhi di tutti e gli attentati che scuotono la sua società contribuiscono a dimostrare che Erdogan si è fatto forse più nemici di quanti ne possa controllare, rendendo al contempo inaccettabile la richiesta di adesione all’UE. L’abbattimento del jet militare russo, un gesto inutile e dannoso, ha di fatto bloccato qualsiasi velleità di intervento militare diretto di Ankara in terra siriana. I russi hanno schierato modernissime batterie di missili che hanno sancito la creazione di una no fly zone per i turchi. Erdogan si accontenta di bombardare i curdi, per altro alleati degli Stati Uniti. Quousque tandem?

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EPA/STR
Il luogo dell'esplosione dell'autobomba a Ankara - 17 febbraio 2016

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