La lenta escalation della crisi siriana
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La lenta escalation della crisi siriana

Il fronte bellico siriano diventa sempre più internazionale

L’abbattimento del jet turco F-4E Phantom, colpito da un missile della difesa aerea siriano potrebbe costituire il casus belli per un allargamento del conflitto siriano o quanto meno costituire un ulteriore passo verso la sua internazionalizzazione. L’incidente contiene del resto molti elementi misteriosi. Innanzitutto i jet da combattimento volano in coppia ma non si ha notizia del secondo Phantom (vecchio jet statunitense rimodernato dagli israeliani nella versione ribattezzata Terminator) e neppure di pilota e navigatore, ufficialmente dispersi.

L’aereo abbattuto sembra appartenere alla versione da ricognizione RF-4E, che ben difficilmente poteva sconfinare in Siria casualmente o per errore come ha cercato di spiegare il presidente turco Abdullah Gul attribuendo la responsabilità all’elevata velocità. Ankara non può certo vestire i panni della vittima poiché da oltre un anno è quasi belligerante nel conflitto civile siriano dal momento che ospita, arma e addestra i ribelli siriani con l’aiuto dei paesi arabi e occidentali e persino degli uomini della CIA come ha raccontato il New York Times.

I turchi hanno ottenuto la solidarietà della Nato, che ha condannato l’abbattimento, e il premier Recep Tayyp Erdogan ha minacciato dure risposte se atti del genere dovessero ripetersi ma per ora sembra scongiurato un intervento militare internazionale contro il regime di Bashar Assad, peraltro caldeggiato già più volte da Ankara, sauditi, Qatar, dai ribelli siriani e dalla Francia che giorni or sono ha chiesto l’istituzione di una no-fly zone nei cieli siriani.

Qualcosa di simile a quella istituita l’anno scorso sulla Libia ma, come ha dimostrato la vicenda del “Terminator” turco, le forze militari i siriane sono molto più efficienti di quelle di Gheddafi che non riuscirono ad abbattere neppure un aereo alleato. Damasco può contare su un ottima difesa aerea, missili e sofisticati radar russi gestiti da specialisti della guerra aerea ed elettronica inviati da Mosca. Un osso duro anche per la Nato e soprattutto per le forze aeree di quei Paesi arabi che premono per rovesciare Assad la cui deterrenza è rappresentata in buona parte dalla volontà di Mosca e Pechino di sostenerlo anche con le armi.

L’escalation del conflitto non pare quindi scongiurata ma solo rinviata e nelle prossime settimane è prevedibile che Assad cerchi di mostrare i muscoli con la’iuto dell’asse russo-cinese-iraniano mentre gli sponsor dei ribelli intensificheranno gli aiuti militari ai miliziani che hanno già ricevuto e impiegato con successo missili anticarro e antiaerei portatili.

Sul campo di battaglia gli insorti devono ad ogni costo “liberare” una porzione di territorio siriano per chiedere il supporto alla comunità internazionale e una no fly zone. Un’area simile alla Cirenaica libica espugnata dai ribelli per difendere la quale scesero in campo le potenze occidentali e arabe.

Per Damasco l’obiettivo è scongiurare un simile scenario continuando ad attaccare i ribelli ogni volta che tentano di assumere il controllo di qualche centro abitato. Una inevitabile intensificazione della guerra civile siriana che ha già provocato 15 mila morti, oltre 4 mila dei quali militari lealisti.

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Gianandrea Gaiani