Pace tra Farc e Colombia a Cuba
ADALBERTO ROQUE/AFP/Getty Images
News

La Colombia al voto per il referendum sull'accordo con le Farc

Dopo la stretta di mano a L'Habana, il Paese deve votare Sì o No alla fine di una guerra che in 52 anni ha provocato oltre 200 mila morti

Mancano ormai poche settimane al referendum-plebiscito del 2 ottobre 2016 che dovrebbe ratificare l'accordo di pace siglato qualche mese fa all'Habana tra le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e il governo del presidente Juan Manuel Santos.

Il patto, nelle intenzioni dell'esecutivo colombiano,  intende porre fine a 52 anni di guerra civile, contribuendo a reinserire i guerriglieri colombiani nella vita sociale del Paese in cambio dell'obbligo di consegnare le armi. Il Paese, la politica, l'opinione pubblica sono spaccati in due, con l'attuale esecutivo schierato sulle posizioni del Sì e il Centro democratico dell'ex presidente Uribe schierato per il No a un accordo ritenuto offensivo da molti colombiani, specie per quanto riguarda l'amnistia tombale per i crimini degli ex guerriglieri.

La forza del Sì - che conta il sostegno di migliaia di intellettuali (come il regista Sergio Cabrera), sportivi (come l'ex calciatore Carlos Valderrama), uomini di spettacolo (come l'attore Nicolas Montero) - è quella di chi chiede al Paese di voltare finalmente pagina, dopo una guerra civile che ha lasciato sul terreno 218 mila persone (di cui la stragrande maggioranza civili) e che iniziò nel 1964, a Marquetalia (Colombia centrale), quando Manuel Marulanda, nome di battaglia Tirofijo, si mise a capo di un gruppo di contadini comunisti che decisero di passare alla lotta armata. L'accordo riguarderebbe oggi settemila combattenti arruolati (in uniforme) e 15mila miliziani nei centri abitati.  Soltanto una quindici di anni fa i combattenti erano quattro volte di più.


FARC colombiane: la storia

Qualche elemento può essere utile per capire come mai oggi il No all'accordo, che pure sarebbe minoritario in base agli ultimi sondaggi, continua ad avere una sua forza persuasiva.

La prima ragione è legata al fatto che la guerriglia colombiana, storicamente finanziata da Cuba, è diventata negli ultimi decenni una vera e propria narco-guerriglia: la cocaina, specie nelle aree orientali controllate dalle Farc,  è diventata la prima fonte di finanziamento dell'organizzazione, con 500-800 milioni di dollari annui di introiti, secondo la Dia. Una narcoguerriglia che ha sempre protetto i cocaleros, i contadini poveri colombiani dediti alla coltivazione della foglia di coca, e che ha sempre avuto tra le proprie fonti di finanziamento anche i sequestri e il pizzo ai commercianti e ai signori della droga locali, con cui ha sovente fatto anche ricchi affari dopo decenni di enfrentamiento.

La seconda ragione è legata all'amnistia, precondizione affinché le Farc accettassero la smobilitazione. In un Paese che ha sofferto sulla propria pelle le violenze dei signori della droga, degli squadroni della morte dei terratenientes e delle guerriglie narco-comuniste, un'amnistia assomiglia per molti a un intollerabile colpo di spugna. C'è poi da aggiungere che molti temono che l'Esercito di Liberazione Nazionale, un'altra fazione guerrigliera concorrente con le Farc, possa approfittare del vuoto lasciato dalla smobilitazione dello storico gruppo armato colombiano  per riconquistare le posizioni perdute dalla guerriglia, come indicherebbe alcuni elementi sulla recrudescenza dell'attivismo armato dell'ELN dopo l'accordo di pace. 

I più letti

avatar-icon

username_24