L'equilibrio di Giorgio Napolitano
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L'equilibrio di Giorgio Napolitano

Un esempio di equidistanza nella vicenda che contrappone Berlusconi ai magistrati

Non era facile ma il presidente Napolitano ancora una volta ha dato prova di essere perfettamente all’altezza di un compito complesso e delicato. La democrazia italiana è al sicuro finché sul Colle c’è un arbitro attento che ha come faro l’interesse del paese e non quello di una parte. Circostanza rara se non unica.

Il segretario del Pd, Bersani, lotta per preservare non l’Italia ma il Pd, se stesso e i propri colonnelli. Berlusconi è impegnato in una dura battaglia personale contro una magistratura accanita.

I grillini si sentono investiti di una missione purificatrice e stanno mettendo solo ora piede nelle istituzioni. Pochi hanno davvero a cuore l’Italia, pochi hanno il senso istituzionale e dello Stato che si richiede in momenti così difficili. E Napolitano, non da oggi, ha dimostrato di essere l’unica vera assicurazione sul nostro futuro.

Nessuno può dire che indossi una casacca di partito o che non abbia come bussola il bene della nazione. Viene dal Pci, ma da quella parte di Partito comunista che non chiudeva gli occhi davanti alla necessità delle riforme. Ed è un patriota.

Negli ultimi giorni aveva di fronte un rebus, un incubo: l’accanimento di una parte della magistratura (Napolitano è anche presidente del Csm) nei confronti di Silvio Berlusconi proprio alla vigilia dell’elezione delle più alte cariche dello Stato (compresa la sua) e della formazione del nuovo governo, e la conseguente percezione da parte di Berlusconi e del Pdl di trovarsi sotto attacco, l’esasperazione per condanne paradossali e richieste umilianti di visite fiscali, più la sterzata acceleratrice di indagini e processi col rischio di un nuovo Aventino. La manifestazione dell’altro giorno dei parlamentari del Pdl al Tribunale di Milano è stata solo l’ultimo atto di una escalation, un gesto senza precedenti.

Lo scenario politico è un rompicapo per chiunque abbia responsabilità istituzionali. Tanto più che Napolitano si trova alla scadenza del mandato, nel semestre bianco, nella impossibilità di sciogliere le Camere nonostante il voto che ha generato un’inedita frammentazione di partiti forti tra loro incompatibili. Ecco perché le note di ieri del Presidente costituiscono un modello di intelligenza politico-istituzionale.

C’erano l’invito a politica e magistratura e non “esprimersi come mondi ostili”, il “rammarico” per la manifestazione del Pdl a Milano e l’osservazione che “nessuno può considerarsi esonerato dal controllo di legalità”, ma al tempo stesso il riconoscimento della “comprensibile” preoccupazione del Pdl e della necessità di garantire a Berlusconi di poter “partecipare adeguatamente alla complessa fase politico-istituzionale” in corso, che “si proietterà fino alla seconda metà del prossimo mese di aprile”.

Di fatto, uno scudo contro interferenze della magistratura nella politica, perché dal sereno e corretto avvio di una legislatura così fragile dipenderà la possibilità per l’Italia di uscire dalla crisi che è economica ma anche istituzionale, politica, morale.

Esprimere gratitudine non ha senso rispetto a quelli che sono i doveri di un capo dello Stato. Ma stima sì. E la speranza che il successore, in assenza di un ripensamento dello stesso Napolitano sulla possibilità di restare lui al Quirinale, abbia le stesse doti di equilibrio, equidistanza e senso dello Stato.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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