L'India dichiara guerra a superstizione e pregiudizi
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L'India dichiara guerra a superstizione e pregiudizi

New Delhi prova a convincere gli indiani che le malattie mentali non dipendono dagli spiriti maligni che si impossessano delle loro anime

"Lasciatelo andare. Uno spirito maligno si è impossessato della sua anima. Lasciatelo libero di cominciare una nuova vita. Eì l'unico modo che ha per espiare definitivamente la sua colpa e iniziare una vita migliore". Non è raro sentire parole come queste nei villaggi dell'entroterra indiano. La superstizione, si sa, è dura a morire e fra le superstizioni più radicate da quelle parti ci sono quelle relative agli spiriti che si impossesserebbero dell'anima di persone su cui gravano gravi colpe, commesse in questa vita o addirittura in una precedente (come l'aver ucciso una mucca sacra o aver cacciato di casa un topo di origini altrettanto divine). 

Il risultato della possessione è la follia, cui automaticamente consegue l'emarginazione. Del resto, chi è colpevole di crimini tali da aver attirato su di sé un demonio non merita certo la compassione degli umani. Al massimo, esorcismi o pratiche magico-esoteriche, a volte anche cruente. Ad Hyderabad, ad esempio, esiste una tomba celebre per avere proprietà taumaturgiche, cui i malati di mente vengono incatenati nella speranza che lo spirito che li possiede fugga. Altrove, è diffusa la credenza che il demone possa uscire dal corpo del posseduto solo attraverso fori praticati da sciamani e medici improvvisati. Le prime parti del corpo ad essere perforate sono i lobi delle orecchie, ma può anche capitare di peggio. Più o meno ovunque, poi, vige la convinzione che la pazzia possa finire solo con la morte. Il risultato è che i suicidi sono tollerati, se non addirittura incoraggiati. Il tasso di suicidi in India, in effetti, è piuttosto elevato: 16 per centomila abitanti, un terzo in più che negli Stati Uniti. E il suicidio è la seconda causa di morte per gli Indiani di età compresa fra il 15 e i 29 anni, in molti casi conseguente a disturbi della psiche non gravi, come la depressione, ma resi intollerabili dallo stigma sociale che li circonda.

Il governo, perciò, ha deciso di correre ai ripari, lanciando una campagna contro la superstizione e impegnandosi per promuovere la diffusione di terapie psicologiche e psichiatriche moderne. L'obiettivo, in parole povere, è quello di sostituire stregonerie con procedure mediche scientifiche. Il Ministero della Salute, a New Delhi, ha creato un comitato di esperti incaricato di studiare la strategia migliore: Vikram Patel, che ne fa parte, dichiara che al centro del suo programma c'è la necessità di "demistificare" le credenze che circondano malattia mentale, dimostrando che curarla non è affatto una impresa impossibile. Tempo, insomma, di rimboccarsi le maniche per lo sparuto (sono solo quattromila) esercito di psichiatri indiani, probabilmente destinato ad aumentare le proprie attività e a ingrossare le proprie fila.

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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