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Il suicidio dei moderati

Bisogna però che il Cavaliere esca al più presto dal torpore e che  indichi convintamente e in modo definitivo la strada da seguire

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Forse mi fa velo l’essere un elettore del centrodestra, però trovo francamente stucchevole la rincorsa al carro del vincitore che si è scatenata subito dopo le primarie del Pd, e già a partire dalla sera del 2 dicembre. Cattolici, editorialisti, gente della società civile: oggi sembra che tutti siano sempre stati dalla parte di Pier Luigi Bersani. E che diamine, un po’ di dignità…
Romeo Zippel, Trento

È abbastanza clamoroso, dopo il rotondo successo di Pier Luigi Bersani alle primarie del centrosinistra, vedere la rapidità dell’ennesimo riposizionamento sul fronte politico. Prima dell’incoronazione del segretario a candidato premier eravamo andati a dormire convinti che fossimo condannati a un Monti bis, con o senza legittimazione popolare. C’erano solo da sistemare i dettagli. Da Pier Ferdinando Casini alle truppe cattoliche vantate (ma mai contate) dal ministro Andrea Riccardi e fino a quel gran tentenna di Luca Cordero di Montezemolo s’udiva un’unica supplica al Professore «lacrime e sangue» affinché non ci abbandonasse. La vittoria di Bersani ha avuto sulla candidatura Monti l’effetto della zucca con la carrozza di Cenerentola: puff, sparita come d’incanto alla mezzanotte di domenica 2 dicembre. Non solo. Visti i sondaggi portentosi per il Pd e impietosi con la lista Monti, i topolini che si credevano cavalli al traino della carrozza del presidente del Consiglio si sono affrettati a riposizionarsi. E così Andrea Olivero, presidente delle Acli e tra i principali promotori della lista per Monti, ha squittito: «Dobbiamo unire il centro alla sinistra». Vabbè, fermiamoci un momento e proviamo a ragionare.

A ben vedere, l’attuale conformazione del centrosinistra somiglia tanto a un blocco conservatore con Bersani nelle vesti del Ciriaco De Mita che fu. Ai suoi lati si trova a sinistra Nichi Vendola e a destra Matteo Renzi, sempre democristianamente parlando. All’esterno di questo schema ci sono i guastatori di Beppe Grillo. Bene, che ne è dei moderati? Si stanno spegnendo, spossati dall’irrisolto destino del Pdl da una parte e dalla trappola in cui si è cacciato Casini. E invece potrebbero rappresentare un patrimonio di valori (e di voti, naturalmente) che meriterebbe senz’altro un destino migliore. Il primo a esserne cosciente è Silvio Berlusconi che dal 1994 in poi ha saputo galvanizzare la forza tranquilla e silente di un blocco sociale stufo di quella Dc che, per conformismo e incapacità di scelte coraggiose, somiglia tanto al nascente accrocchio tra Pd e Vendola. Bisogna però che il Cavaliere esca al più presto dal torpore e che indichi convintamente e in modo definitivo la strada da seguire. Con o senza la sua candidatura a premier. Perché dalle parti dei moderati l’incantesimo è finito da un pezzo e dietro l’angolo (dove già si conciona di patrimoniali, tanto per cambiare) s’intravede poco di buono.

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Giorgio Mulè