Il prof Monti dà trenta e lode al premier Monti
ANSA / MATTEO  BAZZI
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Il prof Monti dà trenta e lode al premier Monti

L'ultima esternazione a palazzo Chigi del presidente del Consiglio? Una grande, sublime, sviolinata. A se stesso

Monti parla di Monti. Parla di “agenda Monti” e “Acta Monti”.  Più dei contenuti, è l’uso delle parole a tradire l’egocentrismo del presidente del Consiglio, quel suo presentarsi come grigio, umile servitore del paese e salvatore della patria, come deus ex machina. L’abbiamo capito: il vero uomo della Provvidenza è Lui. Monti, in realtà, parla spesso, forse sempre, di se stesso, si considera un modello insuperabile e il suo auspicio dichiarato è che qualsiasi leader subentri a Palazzo Chigi dopo le elezioni, prosegua il cammino da Lui avviato. Si chiami Bersani, Berlusconi, Renzi, Montezemolo o Casini, per fare bene il suo lavoro dovrà trasformarsi in un Monti bis, un clone del professore. La tesi subliminale è che naturalmente chi meglio di Monti potrebbe reincarnare Monti? Portare a compimento la sua “agenda”?  

La ricetta del professore si è rivelata un disastro? Macché. L’aumento delle tasse e tutti i provvedimenti recessivi (cioè tutti i provvedimenti) erano, e purtroppo sono, un male necessario “per evitare il tracollo”. Tracollo che, purtroppo, è invece sotto gli occhi di tutti. Lo dicono i numeri, l’analisi dei fondamentali dell’economia che sono tutti peggiorati in questi nove mesi di governo “tecnico”.

E sia. Monti accompagna il paese dritto nel baratro, con la presunzione di fare la cosa giusta per tirarlo fuori. Critica lo Statuto dei lavoratori, ma la riforma Fornero non ha fatto che irrigidire il mercato del lavoro e, anche rispetto all’articolo 18, ha sì introdotto il principio della “monetizzazione” del licenziamento gradito alle aziende, ma ha attribuito ai giudici ancora più discrezionalità di prima nel decidere se reintegrare i lavoratori, e ha allungato inutilmente e spropositatamente i tempi del giudizio.

Poi, ogni volta assistiamo a questo giochino del chiedere a Monti se succederà a se stesso. E Lui si presta, sempre e volentieri, a schermirsi, a ricordare che il più bravo è Lui, meriterebbe quindi Lui di subentrare a se stesso, ma senza candidarsi, perché la ricerca del consenso non è affar suo. Lui è un “tecnico”. Di più, un tecnico “puro”, senza affiliazioni di partito o entrature politiche. E qui l’egocentrismo sfiora l’ipocrisia. Basta infatti consultare il curriculum del professore per accorgersi che come tecnico non è il massimo, non ha mai conseguito un PhD (un dottorato) all’estero, le nomine come Commissario Europeo e Presidente della Bocconi sono politiche, non “tecniche”. C’è una bella differenza tra rettore e presidente di una Università. Senza contare che i tecnici sono quelli che sanno fare le cose, hanno una provata esperienza sul campo. Non i “professori” indicati dalla politica per posizioni di prestigio e potere.

È più facile conquistare e mantenere prestigio a 360 gradi se si è al di fuori della politica”, dice ora Monti in conferenza stampa a Palazzo Chigi. “E io non ho mai aspirato al ruolo di tecnico di area. Lo considero l'unione di due mali”. Peccato che il suo sia un curriculum da politico e tecnico d’area. Un curriculum, intendiamoci, che  andiamo a leggere su Wikipedia e non sul sito del governo, dove la vita, le opere e la formazione del professor Monti continuano a essere “zippate” in una bio-twitter di neanche due righe (“Nato il 19 marzo 1943, il 9 novembre 2011 è nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica”). “Spero di non aver perso questo prestigio in questo breve periodo al governo”. Nel frattempo, l’Italia avrà pure guadagnato credibilità, ma a costo di essere scivolata nella recessione più grave dal Dopoguerra. Monti è una roccia. Non si scompone. Non si sfalda. È o non è il più bravo?

"Sono molto sereno e spero che l'agenda Monti si trasformi entro la fine del governo in una serie acta Monti”, aggiunge il premier. “Quando ci sarà un altro governo sarò lieto se le cose nelle quali abbiamo creduto possano avere pieno sviluppo, con tutte le correzioni che saranno dovute". Quanto alle decisioni per il Paese e alle riforme che saranno prese dopo il voto, “saranno i futuri parlamenti e gli stessi futuri governi a metterle a punto”. La realtà è che Monti deve sperare che le cose per l’Italia vadano ancora peggio di adesso, perché la sindrome di Stoccolma è conclamata e il paese, come la politica, a quel punto non potrà che affidarsi nuovamente al suo prestigioso aguzzino.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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