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Il nuovo Padre Nostro di papa Francesco

Il pontefice modifica la preghiera a Dio. Ecco cosa cambia in italiano

Sul Pater Noster, la più importante preghiera cristiana, si volta pagina. Sollecitati da papa Francesco, il miliardo e 300 milioni di cattolici sparsi in tutto il mondo, non reciteranno più, rivolgendosi a Dio Padre, i discutibili versi “non indurci in tentazione”- frutto di una traduzione piuttosto approssimativa delle storiche versioni dal greco e dal latino -, ma invocheranno un più giusto “non farci cadere in tentazione”. O qualche cosa di simile. La nuova versione italiana viene presentata il 25 gennaio in Vaticano dal segretario generale della Cei (Conferenza episcopale italiana), l'arcivescovo Nunzio Galantino, al termine del Consiglio permenente episcopale che ha, tra l'altro, varato il nuovo testo del Padre Nostro, la preghiera che fu insegnata, stando ai racconti dei Vangeli, da Gesù Cristo ai suoi primi discepoli.

La "cattiva traduzione"

Fu papa Francesco a sollevare, a sorpresa, il problema sulla “cattiva traduzione” dal greco e dal latino del Pater, intervistato lo scorso dicembre da Tv2000, l'emittente della Cei, spiegando che “non è Dio a indurci in tentazione, ma Satana”. Un controsenso, parola di Bergoglio, sul quale già qualche nazione a forte presenza cattolica come la Francia e la Spagna sono intervenute con “opportune correzioni”. Ad esempio, aggiunse il Papa, “i francesi hanno cambiato il testo con una traduzione che dice ‘non mi lasci cadere nella tentazione’ perchè sono io a cadere, non è Lui, Dio Padre, che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto; un padre non fa questo, un padre aiuta il proprio figlio ad alzarsi subito”.

Dio non induce i figli in tentazione

“Il Santo Padre ha fatto un intervento opportuno e necessario grazie al quale ora le conferenze episcopali stanno provvedendo a rettificare il testo della preghiera”, spiega monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, teologo e biblista di fama, membro del Consiglio permenente Cei e di importanti dicasteri pontifici, come l'Accademia di Teologia, la Commissione teologica internazionale.

Tra i più stretti collaboratori di papa Francesco, che lo ha anche nominato segretario del Sinodo sulla famiglia, monsignor Forte conferma che “la Conferenza episcopale italiana ha corretto la vecchia errata traduzione dalla quale veniva invocato un Dio che 'induce', quasi 'costringe' i suoi figli a cadere in tentazione. Nelle antiche versioni in greco e in latino non c'è niente di tutto questo. È vero invece che, sia dal latino che dal greco, la preghiera insegnataci da Cristo era una corale richiesta di aiuto al Signore”.

La nuova versione italiana

Come sarà la nuova versione italiana? È presumibile, fa capire monsignor Forte, che si vada verso un testo che parla di “non farci cadere in tentazione”, anche se non tutti i vescovi della Cei si sono espressi a favore di questa traduzione. C'è chi ha suggerito di cambiare la vecchia versione in “non abbandonarci nella tentazione”. “Ma non sarebbe una soluzione felice”, avverte Forte, “perchè Dio Padre non abbandona nessuno. Sono i suoi figli a pregarlo di non farli cadere, nella consapevolezza che la Divina Misericordia del nostro Signore è infinita”. Ed ora la parola passa alla Cei.

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Orazio La Rocca