Il nobile gesto dell'ambasciatore del Belize
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Il nobile gesto dell'ambasciatore del Belize

Nunzio Alfredo Dangieri ha deciso di adottare per un anno due sopravvissuti al naufragio di Lampedusa

Ma è possibile che il buon esempio debba venire da un piccolo paese come il Belize e dal suo ambasciatore in Italia Nunzio Alfredo Dangieri? «Voglio adottare due ragazzi di Lampedusa sopravvissuti al naufragio e concedergli 800 euro al mese per un anno, sarà per loro una sorta di start up, un nuovo inizio». Dangieri dice che l’abbia fatto perché non ha mai smesso di sentirsi un emigrato. «Sono un classico esempio dell’emigrazione. I  miei nonni sono emigrati dalla Sicilia in Piemonte a Torino, e poichè mia nonna era ebrea son dovuti fuggire dall’Italia nel 1943 dopo che mio nonno è stato in carcere per 40 giorni. Sono stati prima negli Usa e poi nella British Honduras, oggi Belize».

Ha studiato in Italia a Torino dai gesuiti («ero compagno di scuola di Piero Fassino»). Una vita, quella di Dangieri, dedicata alla diplomazia. «Sono stato in diversi paesi del mondo in veste di ambasciatore, prima di arrivare in Italia sono stato a Ginevra in qualità di ambasciatore presso le Nazione Unite». Un ritorno dopo 27 anni passati oltreoceano. Ma l’ambasciatore Dangieri è stato ed è amico dei potenti e di quelli che hanno fatto nel corso di questo secolo la storia: uomini come Papa Giovanni Paolo II, Fidel Castro, Yasser Arafat.

Ambasciatore è stato amico di grandi personalità...

«Ho giocato al polo con il principe Carlo d’Inghilterra, ho conosciuto molti altri capi di Stato i quali hanno rivolto la loro stima nei miei confronti, sono stato mediatore fra Israele e Palestina. Tutto ciò mi ha dato la possibilità di conoscere molto gente».

Dai filmati che è possibile visionare lei è stato molto tempo a parlare con Papa Bergoglio il giorno della sua investitura, proprio davanti a grandi capi di Stato. Lei è quello che ha avuto un lungo colloquio con Bergoglio. Cosa vi siete detti?

«Papa Francesco lo conoscevo sin da quando era monsignore, addirittura quando era un padre gesuita. Veniva a Torino presso i padri gesuiti dove ho studiato. Quando l’ho incontrato nuovamente come papa, gli ho detto che ero dinnanzi a un miracolo proprio perché conoscevo la sua semplicità ma anche la sua fermezza. Abbiamo ricordato alcuni momenti dei nostri incontri precedenti e fatto qualche risata insieme»

Ambasciatore ha parlato di questa iniziativa con sua santita?

«Gli ho spedito una lettera, ma quello che mi ha colpito è stata la sua frase: "Queste persone sono i nuovi schiavi e non dobbiamo permettere che esista la schiavitù".

Ambasciatore, lei non è solo amico dell’Italia, ma ha fatto molto in questi 9 anni che risiede nel nostro paese. Risulta dagli articoli che è stato fondamentale per Expo 2015, apportando 19 voti, ha finanziato il restauro della fontana del moro a piazza Navona, ha finanziato 2 grandi alberi di natale: uno dedicato ai sequestri di persona, (anche Ingrid Betancourt è venuta a vederlo) attraverso l’altro e alla sua imponenza è riuscito a far donare 100 mila pasti scolastici per i bambini di Haiti. Oggi con la sua dichiarazione aiuta 2 naufraghi. Ambasciatore perché è cosi portato ad aiutare il prossimo?

«Perché la persecuzione non finisce mai. Io sono la terza generazione e anche per la terza generazione esiste la persecuzione. Posso sostenere che la persecuzione non finisce mai. I miei nonni e mia madre mi raccontavano quando si trovarono senza una nazione, quando si videro tolti l’onore di un documento perché ebrei. Quando non hai un documento sei privo della tua identità. Ed è la cosa più offensiva che un essere umano possa sopportare».

Ambasciatore ci spieghi perché le è venuta questa idea di adottare due naufraghi?

«L’idea mi è venuta quando ho sentito del nobilissimo gesto del sindaco di Roma, Ignazio Marino, che si è reso disponibile immediatamente ad accogliere i sopravvissuti del naufragio del 3 ottobre. Chiesi al mio governo l’autorizzazione a fare questo gesto e alla first lady Kim Simplis Barrow che aveva recentemente visitato l’Italia. Proprio lei mi ha spronato ad andare avanti perché il nostro paese è un piccolo paese, ma con grande dignità e soprattutto è il paese che ha accolto la mia famiglia quando si è trovata nelle stesse condizioni di questi poveri naufraghi. Ho pensato che dobbiamo formare una lunga catena tutti insieme per poter adottare questi naufraghi sopravvisti perché possano trovare non solo un tetto, ma un appoggio finanziario, per far si che questi giovani possano avere uno start up d’inizio senza chiedere grazie a nessuno o chinare la testa solo perché sono di differente religione o differente colore della pelle o ancora perché hanno il marchio indelebile di essere rifugiati politici».

Ambasciatore abbiamo letto su alcuni testi che lei ha fatto molta fortuna nella vita, addirittura Forbes l’ha classificata tra i 600 uomini più ricchi del mondo qualche anno fa. Lei è un uomo che ha giocato a polo con il principe Carlo d’Inghilterra, viaggia in Rolls Royce, ed è un uomo che frequenta la mondanità mondiale. Come ha potuto pensare ai naufraghi?

«Vede, come ho detto prima, il segno indelebile della persecuzione razziale, o perché sei ebreo o perché di un altro colore o perché arrivi da un altro paese, ebbene questo segno indelebile mai sparisce e anche se sei italiano gli stessi italiani ti possono anche loro perseguire. Ecco perché chi ha di più deve guardare giù e cercare di aiutare i più deboli e i più bisognosi. Ma soprattutto credo che sia una questione che si ha nel dna. Quando vieni da una famiglia perseguitata viene istintivo aiutare il prossimo».

Ambasciatore qualcuno la sta già seguendo come il cavaliere Vittorio Orlandi, medaglia di bronzo alle olimpiadi di Monaco, il quale ha fatto innalzare per ben 18 volte la bandiera italiana nelle competizioni equestri delle coppe delle nazioni

«Il cavaliere Orlandi mi ha contatto avendo letto di questo mio gesto, mi ha chiamato e mi ha detto: “Ambasciatore ho apprezzato molto questo nobile gesto fatto da lei e voglio anch’io seguirla in questa sua missione, pertanto adotterò un bambino naufrago di Lampedusa che non ha nè padre né madre e non solo, manderò un comunicato a tutti i centri ippici italiani che sono circa 2000 con 100 mila cavalieri iscritti alla federazione italiana sport equestri, e cercherò di sensibilizzare tramite la mia pagina Facebook l’iniziativa. Ogni 5 followers che schiaccerannomi piacesulla mia pagina, metterò a disposizione un euro, fino a poter adottare un altro bambino, e non costerà nulla a questi cavalieri. Quel che voglio fare è che lo sport equestre si sensibilizzi e che si avvicini ai tragici momenti che la vita purtroppo ci prospetta».

Ambasciatore, lei continua a ripetere che la persecuzione non finisce mai. E da quel che si capisce anche in Italia lei sta subendo una qualche forma di persecuzione.

«Di questo tema ne parlerò solo con il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano»

Ambasciatore cosa succederà adesso?

«Giovedì mi recherò a Lampedusa, dove mi auguro di poter incontrare i naufraghi, spero anche di incontrare il sindaco di Lampedusa e complimentarmi con lei per l’eccellente lavoro che sta facendo».

A chi destinerà gli 800 euro, gli sceglierà lei?

«No, li verserò ogni mese al sindaco Marino. Ho piena fiducia nella sua persona e nella sua integrità. Sarà lui a decidere a chi destinarli. Ciò che conta è il gesto e mi auguro che i media non smettano di parlarne fino a che i ragazzi naufraghi potranno avere una dignità in questo paese, affinchè non debbano chiedere aiuto a nessuno, insomma, far sì che questo paese, che è un grande paese, possa essere la piattaforma per un nuovo lancio nella loro vita, così come ha fatto mio nonno settanta anni fa. Il Belize nonostante sia un piccolo paese gli ha dato l’opportunità di poter iniziare la sua vita senza persecuzioni e senza differenze».  

Ambasciatore ma proprio non vuole dirci perché si sente perseguitato in Italia. Ce lo dirà la prossima volta?

«Appena parlerò con il presidente della Repubblica lo comunicherò».

Ambasciatore oltre alla sua principale nazionalità del Belize, si sente un po’ italiano…

«Sono stato costretto a rinunciare alla nazionalità italiana, se devo dire quello che sento, ebbene oggi mi sento siciliano».

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