Il dialogo tra il M5S e il Pd? Una sceneggiata
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Il dialogo tra il M5S e il Pd? Una sceneggiata

La verità (che nessuno può dire) sugli abboccamenti tra la delegazione di Renzi e quella di Grillo

 

E se Renzi e i grillini stessero solo giocando? Prima gli anatemi di Beppe Grillo, poi l’invito al dialogo di Renzi, quindi la retromarcia del M5S per bocca della sua voce istituzionale, il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, e l’avvio di una dialettica su 10 punti di “sì” di massima da parte dei grillini. Ancora, scambi di lettere (aperte) che precedono forse l’incontro (in streaming?) sulle riforme, su legge elettorale, immunità parlamentare, Senato e quant’altro è riformabile dell’architettura repubblicana nella cara e vetusta Carta Costituzionale. C’è negli ultimi scambi di osservazioni tra Matteo e i pentastellati, coram populo, ossia nella pubblicità ingannevole del confronto a cuore aperto, l’intento sotterraneo ma in fondo evidente, da parte degli uni e degli altri, di fare comunicazione politica e non negoziati concreti.

Sull’immunità, per esempio. Renzi incalza i grillini ricordando che il suo Pd ha votato per l’arresto dei “democratici” nel mirino: “Voi ci assicurate che per qualsiasi procedimento già in corso contro parlamentari del M5S rinuncerete all’immunità?”. O sul premio di maggioranza che non si capisce, attacca Matteo, perché per i grillini sia democratico se al 52 per cento, autoritario se proposto dal PD al 55, di nuovo democratico se al 60 nei Comuni. E poi la doccia scozzese sulle prove di dialogo. Con i grillini che avanzano e arretrano, dicono e non dicono, propongono e ci ripensano. E con Renzi che magnanimamente accetta l’interlocuzione ma chiaramente non ci crede, la butta in caciara (alla romana), ne approfitta per indirizzare un po’ di messaggi all’elettorato (suo e di Grillo). Beppe, a sua volta, con gli occhiali scuri che marcano la distanza dall’aula, è assiso in tribuna al Senato, assiste al dibattito accanto al suo staff (di comunicazione). E così, mentre dentro Forza Italia ci si dilania sui contenuti della riforma (o delle riforme) che lasciano oggettivamente a desiderare, ma soprattutto su quale atteggiamento tenere con Renzi (ben sapendo che comunque alla fine non potranno smentire il Patto del Nazareno), dentro e fuori l’aula si consuma lo show mediatico dell’inciucio impossibile tra governo e ultra-oppositori. Non a uso e nell’interesse del paese, che assiste sgomento mentre riflette su ben altri problemi (fallimento delle imprese, disoccupazione galoppante specie tra i giovani, scadenze fiscali), ma a beneficio di una visibilità sulla stampa e di una “messaggistica” rivolta alla pubblica opinione che con le riforme, quelle vere, non ha nulla a che spartire.

La solita, vecchia sceneggiata. Fiorentina.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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