Letta: "Chiedo coraggio e fiducia"
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Letta: "Chiedo coraggio e fiducia"

Ecco il testo dell'intervento del premier in Senato nel giorno del voto di fiducia. La diretta.

"Signor Presidente,

Onorevoli Senatori,

son qui oggi in Senato e ho voluto prendere la parola – prassi rara in caso di mozione di sfiducia individuale – per due ragioni. La prima è legata al mio ruolo di capo del governo. È un compito che, sin dall’inizio del mandato, ho inteso vivere come un onore e un atto di servizio al Paese: come un’assunzione di responsabilità forte – secondo la Costituzione e dinanzi alla nazione – degli indirizzi di politica generale dell’esecutivo.

La seconda motivazione attiene alla natura parlamentare di questo governo. Il mio esecutivo è nato nelle sedi più alte e nobili della sovranità popolare della nostra democrazia: il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati. È nato in Parlamento. Al Parlamento ho riferito gli intenti del governo alla vigilia di rilevanti appuntamenti internazionali, come i vertici europei di maggio e giugno, o di passaggi che giudico costitutivi del nostro programma, come l’avvio del percorso delle riforme costituzionali. In Parlamento sono tornato e intendo tornare ogni qualvolta questioni particolarmente importanti, delicate, perfino dolorose – quale certamente è quella oggi in discussione – richiedano un doveroso sovrappiù di ascolto reciproco, di confronto, di chiarimento.

*****

L’espulsione dal nostro Paese della signora Alma Shalabayeva e della sua bambina è per l’Italia motivo – come ha sottolineato ieri il presidente Napolitano – di “imbarazzo e discredito”. Da questo imbarazzo, da questo discredito, il campo va sgomberato. Per farlo ho scelto, abbiamo scelto, la strada della “total disclosure”: trasparenza totale.

Abbiamo infatti avviato un’indagine interna agli organi di Governo per ricostruire i fatti ed evidenziare tutti i profili di criticità. Il 9 luglio nell’aula della Camera ho confermato questo impegno.

Da quell’indagine è scaturito inequivocabilmente quanto comunicato il 12 luglio insieme alla revoca del provvedimento di espulsione: l’esistenza e l’andamento delle procedure di espulsione non erano state comunicate ai vertici del governo. Né al Presidente del Consiglio, né al Ministro dell’interno e neanche al Ministro degli affari esteri o al Ministro della giustizia.

Di qui l’ulteriore indagine affidata dal ministro dell’Interno al capo della Polizia, entrato in carica successivamente agli eventi, al fine di accertare le responsabilità della mancata informativa, fatto di particolare gravità, per una vicenda che presentava da subito elementi e caratteri non ordinari.

Il 16 luglio i risultati di quell’indagine, non appena acquisiti dal governo, sono stati ufficialmente comunicati dal ministro dell’Interno prima in quest’Aula e poi in quella della Camera perché abbiamo voluto attenerci immediatamente al principio per il quale, su questa spinosa vicenda, tutto quello che conosciamo noi deve conoscerlo anche il Parlamento. La relazione del prefetto Alessandro Pansa, che sul caso è intervenuto anche personalmente l’altro ieri in commissione Diritti umani qui a Palazzo Madama, è approfondita, corretta, non fa sconti.

Ne escono puntualmente ricostruiti fatti che ci lasciano attoniti. Fatti che, nell’Italia del 2013, non sono tollerabili, a maggior ragione ai danni di una donna e di una bambina. Proprio in relazione a questi fatti, tuttavia, esce confermato in modo inoppugnabile il mancato coinvolgimento dei vertici del Governo, ed emerge in modo chiaro, in particolare, l’estraneità del ministro Alfano all’accaduto. C’è chi ha evocato una responsabilità oggettiva: sui limiti e la correttezza dell’uso di tale responsabilità rimando alle parole di ieri, chiare e inequivocabili, del capo dello Stato.

Voglio qui confermare che sui fatti che lasciano attoniti, non abbiamo intenzione di mollare la presa per cercare di delineare i contorni di azioni e omissioni ormai accertate, ma delle quali appaiono ancora oscure motivazioni e connessioni.

Mi riferisco soprattutto al comportamento dell’ambasciatore del Kazakhstan e a come si sia potuto scambiare per “terrorista” Muktar Ablyazov che, pur avendo problemi seri con la giustizia britannica, è difficile definire come tale. Mi riferisco inoltre a come si possa aver agito senza la cautela che un caso del genere palesemente richiedeva, senza aver preso il tempo necessario per approfondire l’esatta condizione di una donna e della sua bambina, senza porsi alcuna domanda sull’inusuale disponibilità di un volo privato per il loro rimpatrio.

Il governo, oltre a tutto ciò che già è stato fatto e che viene ricostruito nella relazione del prefetto Pansa, ha dunque intenzione di continuare ad agire per fare chiarezza e per mettere in pratica quanto deciso sulla base dell’indagine interna e della relazione stessa.

A livello internazionale, proseguiremo nella verifica delle condizioni di soggiorno in Kazakhstan della signora Shalabayeva e della figlia, attraverso personale diplomatico dedicato e con l’attività costante del ministero degli Esteri guidato da Emma Bonino, protagonista di tante battaglie per i diritti umani e la cui condotta, anche in questo caso, è assolutamente coerente con i principi che hanno sempre ispirato la sua azione. Posti gli accertamenti che hanno portato alla revoca dell’espulsione, abbiamo manifestato alle autorità del Kazakhstan la richiesta di piena libertà di movimento per la signore. Vogliamo inoltre prendere lezione dall’accaduto, per evitare – cito nuovamente il capo dello Stato – nuove “inammissibili pressioni e interferenze” da parte di qualsiasi diplomatico straniero. Il ministro Bonino ha già mosso al riguardo i passi opportuni per esprimere il nostro sconcerto, con la convocazione, in assenza dell’ambasciatore, dell’incaricato d’affari del Kazakhstan.

Ma vogliamo prendere lezione dall’accaduto anche a livello interno, agendo su norme e regole d’ingaggio per casi del genere, al fine di evitare ulteriori episodi di mancato coinvolgimento politico. È intanto con rammarico, ma anche con il senso dell’ineluttabilità, che si sta procedendo ai cambiamenti resi necessari, a livello di forze dell’ordine e struttura del Viminale, dai contenuti della relazione del capo della Polizia.

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Onorevoli Senatori,

il voto che vi chiedo oggi con rispetto non è, tuttavia, solo un no alla mozione di sfiducia presentata dai colleghi del Movimento 5 Stelle e di SEL nei confronti del Ministro degli Interni e vicepresidente del Consiglio, Angelino Alfano. È un nuovo atto di fiducia al governo che ho l’onore di presiedere. Del mio discorso programmatico alle Camere molto è stato realizzato in questi 80 giorni. Attraverso provvedimenti varati dal Consiglio dei Ministri – lo ripeto: provvedimenti varati, cioè già approvati – in favore dei cittadini, soprattutto di quelli più vulnerabili, e delle imprese. Attraverso un confronto alla pari coi nostri principali alleati e partner nel mondo. Attraverso un’azione sistematica di pressione per riallineare l’agenda italiana a quella europea e cambiare quest’ultima facendo sì che l’Europa torni ad essere non un limite o un capro espiatorio, ma la soluzione ai problemi delle persone, a partire da quelli dei più giovani, di una generazione intera tradita e mortificata nelle proprie aspirazioni e nei propri sogni di realizzazione.

Di tutto questo rischia di perdersi traccia nel dibattito pubblico. E non certo perché il merito dei provvedimenti non interessi la vita reale delle persone o il lavoro di tanti attenti operatori dell’informazione. Ma perché il rumore di sottofondo è troppo alto, troppo viscerale, troppo strumentale per non assurgere subito a titolo, a polemica, a bandiera politica facile da sventolare all’occorrenza. È un rumore spesso alimentato ad arte da chi ha la convenienza a restituire della politica e dell’Italia l’immagine di uno “stato di precarietà permanente”. Come se la colpa fosse sempre degli altri. Come se fossimo condannati al racconto di un Paese irriformabile o riformabile solo attraverso non meglio precisate (ma gridate) rivoluzioni.

È un racconto che non mi appartiene e che non voglio in alcun modo che appartenga a questo governo. I problemi li affrontiamo – lo stiamo facendo anche oggi con questa vicenda “inaudita” – proprio come dentro una casa di vetro: senza reticenze, sconti, scorciatoie. Ma anche senza cedere al tic del complotto, allo strepitio smanioso, al sospetto, alle dietrologie, al mito del “nemico brutto, sporco e cattivo” nascosto dentro ogni avversario politico, allo sdoganamento della libertà d’insulto.

I problemi – quelli più generali, quelli che hanno a che vedere con la crisi drammatica che il Paese vive – li abbiamo affrontati con soluzioni immediate laddove è stato possibile: penso al rifinanziamento della Cassa Integrazione, alla riforma per rendere più rapida la giustizia civile, all’edilizia scolastica, allo sblocco dei cantieri, ai primi interventi di lotta alla povertà, agli incentivi per le ristrutturazioni e il risparmio energetico, al piano straordinario di defiscalizzazione del lavoro per tanti giovani, alle borse di studio di mobilità. Quando invece le soluzioni immediate non sono oggettivamente percorribili scegliamo – e, sia chiaro, rivendichiamo – la via della costruzione paziente di riforme destinate a durare, certo oltre il nostro stesso mandato. Qualcuno li chiama “rinvii”. Io preferisco parlare di serietà. Perché il rispetto dei doveri con l’Europa (lo stesso che ci ha consentito di essere tra i pochi Paesi virtuosi con la fine della procedura d’urgenza per deficit eccessivo), l’impegno a non produrre debito pubblico da scaricare sulle spalle (già purtroppo strette) delle nuove generazioni, lo sforzo di non procedere mai più con tagli lineari, hanno richiesto e richiedono cautela e attenzione. Richiedono la capacità di “aver cura” del Paese facendo per bene ciò che va fatto. Richiedono la prudenza legata all’ancora eccessiva volatilità dei mercati che anche in questi giorni dimostra, per i timori legati alla situazione finanziaria di Grecia, Portogallo e Cipro, di non essere certamente superata. Richiedono il senso del limite (proprio e altrui). Hanno richiesto e richiedono, prima di tutto, coraggio.

Vogliamo quindi continuare a lavorare. Vogliamo continuare a costruire risposte per un Paese che da noi pretende serietà, concretezza e ragionevolezza. Questo voto – il no che vi chiedo alla mozione di sfiducia verso il ministro e vicepresidente Alfano – consentirà al governo di procedere nelle prossime settimane – e comunque entro il 31 agosto – a dare soluzioni strutturali per il superamento dell’Imu sulla prima casa nell’ambito della revisione della tassazione sugli immobili, di chiudere la partita sulla coperture indispensabili per sventare l’aumento dell’Iva, di varare misure per rafforzare le tutele del lavoro e risolvere la questione inderogabile degli esodati, di imprimere un’ulteriore, obbligata, accelerazione al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, di rafforzare le norme contro la corruzione e contro la criminalità organizzata. Consentirà al governo di intercettare tutti i possibili segnali di ripresa per la fine dell’anno e di disegnare con equilibrio una legge di Stabilità che giochi finalmente in attacco sul versante della crescita, con due piani straordinari: uno sull’attrazione degli investimenti e uno sull’aggressione al debito pubblico. Permetterà di tornare a puntare sull’istruzione, la cultura, l’innovazione.

Aggiungo in conclusione una nota personale che forse vi apparirà inusuale. Rispetto alla conduzione del governo, e alle battaglie politiche necessarie per fare le cose che gli italiani davvero si aspettano, non vorrei che su di me si commettesse un errore di valutazione. Non vorrei, cioè, che quella che con un’espressione dal sapore forse antico si chiama “buona educazione” venisse scambiata per debolezza. In un tempo nel quale paiono vincere urla e insulti, voglio dire ai senatori che sostengono il governo e agli italiani che credono nel nostro progetto di avere piena fiducia nella mia determinazione, nella mia resistenza, nella mia totale dedizione – fino in fondo, per il bene dell’Italia – a onorare il compito che il Presidente Napolitano e il Parlamento mi hanno assegnato. Non ho alcuna intenzione di deludervi. E non vi deluderò".

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Claudia Daconto