Le contentezze di "Artemio" Letta
Il Governo è finito in una bonaccia senza fine, ma il premier, impallinato da tutti, per primo da Renzi, sorride
Non so voi, ma tra domenica sera e lunedì mattina mi assale un senso di vuoto e di immenso. Succede soprattutto alla domenica nel tardo pomeriggio, quando stanno per iniziare i tg della sera però frullano in testa alcune parole ascoltate in quelli del mattino. Mi sento smarrito e allo stesso tempo testimone di qualcosa di storico. Perché ogni domenica, ogni maledetta domenica, lo speaker in tivù annuncia tutto compito che l’indomani si aprirà per l’Italia «una settimana decisiva» o, alternativamente, «una settimana cruciale». Fateci caso: ogni settimana che comincia diventa determinante per le sorti del Paese. Poi uno arriva al venerdì e se fa un po’, ma giusto un pochino, di riflessione e ripensa a quanto risolutiva avrebbe dovuto essere la settimana, si accorge che ancora una volta il grande vento non si è alzato. Bonaccia, tira sempre e solo una noiosissima bonaccia. Fino a quando, puntualissimi, alle 20 del giorno dedicato al riposo o al lunedì sui quotidiani sapremo che la storia ha ribussato alla nostra porta per farci vivere una nuova «settimana decisiva».
Il tempo scorre così e di settimana decisiva in settimana decisiva i nostri figli sono scomparsi dal divano accanto a noi, dove blateravano qualcosa d’incomprensibile sfogliando La Pimpa, e sono finiti chiusi nella loro stanza a storpiare le canzoni di Violetta. L’Italia è rimasta la stessa, tragicamente uguale. Chi fa impresa è un eroe e chi ci lavora oggi può anche essere chiamato a vestire i panni del salvatore, come dimostra la nostra storia di copertina (da pagina 44). Aspettiamo il cambio di passo promesso dal governo Letta, ma intanto la contabilità domestica è lì a inchiodarci alla realtà del passo del gambero. Attendiamo la svolta garantita da Matteo Renzi, ma siamo ancora ai riti della politica più incartapecorita: il segretario del Pd è impegnato quotidianamente a impallinare il «suo» governo, in prima persona o attraverso i suoi moschettieri, con riferimenti espliciti a porcate e carinerie simili, dal che non si capisce perché l’esecutivo dovrebbe essere simpatico a noi se fa schifo per primo a Renzi.
Ora c’è la sceneggiata del rimpasto e già mi vedo domenica davanti alla tv alle prese con la nuova «settimana decisiva per la composizione del governo». Il presidente Giorgio Napolitano e solo lui dovrebbe a questo punto avere il coraggio di staccare la spina (ma non succederà), prendere atto che non solo Nunzia De Girolamo ma anche tutti i ministri di peso sono stati impallinati. E con loro Enrico Letta, battezzato condottiero delle larghe intese e ridotto al ruolo di un piccolo notaio.
A ogni giorno che passa, a ogni insulto che incassa, il presidente del Consiglio somiglia sempre più al mitico Artemio Altidori, il pugile del film I mostri, interpretato da Vittorio Gassman. Ve lo ricordate? Le prendeva di santa ragione, ma proprio tante. Botte da orbi. Sul ring era destinato alla sconfitta, alla prima ripresa andava al tappeto a ripetizione. Uno strazio. Ma l’indomito Artemio finiva il round e mentre barcollando cercava di guadagnare il suo angolo dove l’attendeva il manager infingardo (uno straordinario Ugo Tognazzi) ripeteva con l’inconfondibile voce rauca: «So’ contento...». Non sapeva dire altro. Ecco, contento Letta.