Governo Letta: quello che potrebbe accadere dopo la fiducia
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Governo Letta: quello che potrebbe accadere dopo la fiducia

Gli scenari dopo il voto di fiducia fissato da Enrico Letta per mercoledì - Tutto sulla crisi

Nonostante l’aspro dibattito interno al Pdl, che ha fatto e fa sperare ancora il premier Enrico Letta, in una spaccatura del centrodestra che gli permetterebbe di avere di nuovo la fiducia in Parlamento, con una nuova maggioranza, poco dopo le 13 di questa mattina sono arrivate le “dimissioni irrevocabili” dei ministri, seppur “dissidenti” del Pdl.

Questo tecnicamente significa che il premier si presenterà in Parlamento (spiega a Panorama.it il neo vicepresidente della Camera, Simone Baldelli del Pdl, grande esperto di meccanismi parlamentari) che Letta si dovrà presentare prendendo lui stesso l’interim dei ministeri rimasti senza guida, oppure che, anche se appare difficile (ma il regolamento lo prevede) rigetti le dimissioni anche se irrevocabili. Cosa che appare alquanto difficile sul piano politico.

La conferenza dei capigruppo di Montecitorio sta in queste ore decidendo il calendario del dibattito sulla crisi. Ma il dato politico è che Letta arriverà in Parlamento con un governo dimezzato. Spiega Baldelli: “ Ci saranno prima le comunicazioni che potranno diventare risoluzioni sulle quali mettere la fiducia” (anche se la cosa al momento non è scontata, Franceschini parla di richiesta "plausibile" ndr). Secondo spifferi di Transatlantico Berlusconi prima della riunione decisiva delle cinque della sera di oggi con i parlamentari, potrebbe già aver trovato la quadra per far rientrare i dissensi: la guida di Forza Italia a Angelino Alfano e nella squadra ruoli chiave per i ministri dimissionari?

Intanto, il destino del governo Letta è quello di contarsi e forse sopravvivere, anche se a stento. Adesso che il Pdl ha ritirato i cinque ministri, al premier non resta altro che presentarsi alla Camere e chiedere la fiducia. Un percorso che Letta ha anticipato già ieri nel corso del suo intervento a “Che tempo che fa” e che ha avuto il placet del capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

«Dovranno prendersi la responsabilità di fronte al paese e lo faranno alle Camere». E’ il percorso della “crisi al buio”. Un lotteria per Letta, una scommessa per Silvio Berlusconi che di fronte a se guarderà il volto dei suoi Bruti. Chi tradirà? Convinti di poter trovare una maggioranza alternativa che possa scongiurare un ennesimo ricorso alle urne (che avverrebbe non prima di marzo) sia Letta che Napolitano proveranno il tentativo estremo di dar vita a un governo che sarebbe già stato ribattezzato di «piccole intese». Se il voto alla Camera è già dato per scontato, lì Letta può contare su una solida maggioranza garantita dal premio di maggioranza che ha assegnato al Pd ben 319 deputati, rimane sempre il Senato l’aula in cui si decideranno gli esiti del governo.

Servono 161 voti. Oggi Letta può contare sul voto sicuro dei suoi del Pd (108) dei senatori di Scelta Civica (20), il gruppo delle Autonomie (10) e sette senatori di Sel. In totale sono 144. Da dove potrebbero arrivare i voti necessari? Possono arrivare da alcuni transfughi del Movimento 5 Stelle (bisogna ricordare che già 4 senatori sono fuori dal Movimento e potrebbero aiutare Letta). Ma ci sono anche i 5 senatori a vita: Carlo Azeglio Ciampi e i 4 di fresca nomina, tutti non ritenuti di area vicina a Silviio Berlusconi. 

Ma il vero lavorio è tutto all’interno del Pdl. Se i “diversamente berlusconiani”, come si è definito Angelino Alfano in dissenso con la scelta di Berlusconi ma fedele, voteranno contro la fiducia, diversa sembra essere la scelta che faranno gli uomini che non simpatizzano per il “Pdl-Lotta Continua” battezzato dal ministro per le Riforme, Gaetano Quagliarello, in sintonia con gli altri ministri Beatrice Lorenzin e Maurizio Lupi. E’ un fronte centrista da sempre moderato che potrebbe trovare un approdo al centro, superare Forza Italia e dare vita a un soggetto nuovo magari ancorato al Partito Popolare Europeo, anche se finora sono solo congetture. A lavorarci sono Pier Ferdinando Casini, Massimo Mauro, ministro della Difesa che aveva già provato un anno fa la stessa operazione, e Mario Monti. Resta da contarsi e forse sopravvivere, anche se a stento. Adesso che il Pdl ha ritirato i cinque ministri dal governo di Enrico Letta, al premier non resta altro che presentarsi alla Camere e chiedere la fiducia. Un percorso che Letta ha anticipato già ieri nel corso del suo intervento a “Che tempo che fa” e che ha avuto il placet del capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

«Dovranno prendersi la responsabilità di fronte al paese e lo faranno alle Camere». E’ il percorso della “crisi al buio”. Un lotteria per Letta, una scommessa per Silvio Berlusconi che di fronte a se guarderà il volto dei suoi Bruti. Chi tradirà? Convinti di poter trovare una maggioranza alternativa che possa scongiurare un ennesimo ricorso alle urne (che avverrebbe non prima di marzo) sia Letta che Napolitano proveranno il tentativo estremo di dar vita a un governo che sarebbe già stato ribattezzato di «piccole intese». Se il voto alla Camera è già dato per scontato, lì Letta può contare su una solida maggioranza garantita dal premio di maggioranza che ha assegnato al Pd ben 319 deputati, rimane sempre il Senato l’aula in cui si decideranno gli esiti del governo.

Servono 161 voti. Oggi Letta può contare sul voto sicuro dei suoi del Pd (107) dei senatori di Scelta Civica (20), il gruppo delle Autonomie (10) e sette senatori di Sel. In totale sono 144. Da dove potrebbero arrivare i voti necessari? Possono arrivare da alcuni transfughi del Movimento 5 Stelle (bisogna ricordare che già 4 senatori sono fuori dal Movimento e potrebbero aiutare Letta).

Ma il vero lavorio è tutto all’interno del Pdl. Se i “diversamente berlusconiani”, come si è definito Angelino Alfano in dissenso con la scelta di Berlusconi ma fedele, voteranno contro la fiducia, diversa sembra essere la scelta che faranno gli uomini che non simpatizzano per il “Pdl-Lotta Continua” battezzato dal ministro per le Riforme, Gaetano Quagliarello, in sintonia con gli altri ministri Beatrice Lorenzin e Maurizio Lupi. E’ un fronte centrista da sempre moderato che potrebbe trovare un approdo al centro, superare Forza Italia e dare vita a un soggetto nuovo magari ancorato al Partito Popolare Europeo, anche se finora sono solo congetture. A lavorarci sono Pier Ferdinando Casini, Massimo Mauro, ministro della Difesa che aveva già provato un anno fa la stessa operazione, e Mario Monti. Resta da capire quali siano gli uomini del Pdl disposti a seguirli. Un malumore manifesto è quello dei senatori siciliani, parliamo di Pippo Pagano e Salvatore Torrisi, a questi si aggiunge Carlo Giovanardi.

Un’incognita è la fedeltà del gruppo Gal (Grandi autonomie e Libertà) un gruppo che ha in Gianfranco Miccichè il suo leader. Riuscirà Miccichè a tenerlo compatto? Nel caso in cui Letta dovesse ottenere la fiducia al Senato, a quel punto il governo continuerebbe con l’innesto di nuovi ministri. Qualora non dovesse ottenere la fiducia, sarà lo stesso Letta ha rimettere il suo mandato nelle mani di Napolitano che esclude elezioni anticipate, trincerandosi di fronte alla possibile incostituzionalità della legge elettorale (non bisogna dimenticare che si attende il responso da parte della Corte Costituzionale sulla legge Calderoli).

Napolitano potrebbe dare l’incarico a un esponente autorevole per provare a formare un ulteriore governo (si fanno i nomi del sempreverde Giuliano Amato, neo giudice della Corte Costituzionale) e di Fabrizio Saccomanni, attuale ministro dell’Economia. Ma riuscirebbero ad avere la fiducia che in questo gioco delle ipotesi non otterrebbe Enrico Letta? Allora, ecco la data del 24 novembre come data possibile per andare alle urne, idea che piacerebbe a Berlusconi. Di Difficile presa tuttavia. E intanto il percorso nel Pd per eleggere il segretario di partito rimane quello stabilito: primarie fissate l’8 dicembre, un segretario che potrebbe essere a quel punto il naturale candidato ad elezioni di marzo.

  capire quali siano gli uomini del Pdl disposti a seguirli. Un malumore manifesto è quello dei senatori siciliani, parliamo di Pippo Pagano e Salvatore Torrisi, a questi si aggiunge Carlo Giovanardi.

Un’incognita è la fedeltà del gruppo Gal (Grandi autonomie e Libertà) un gruppo che ha in Gianfranco Miccichè il suo leader. Riuscirà Miccichè a tenerlo compatto? Nel caso in cui Letta dovesse ottenere la fiducia al Senato, a quel punto il governo continuerebbe con l’innesto di nuovi ministri. Qualora non dovesse ottenere la fiducia, sarà lo stesso Letta ha rimettere il suo mandato nelle mani di Napolitano che esclude elezioni anticipate, trincerandosi di fronte alla possibile incostituzionalità della legge elettorale (non bisogna dimenticare che si attende il responso da parte della Corte Costituzionale sulla legge Calderoli).

Napolitano potrebbe dare l’incarico a un esponente autorevole per provare a formare un ulteriore governo (si fanno i nomi del sempreverde Giuliano Amato, neo giudice della Corte Costituzionale) e di Fabrizio Saccomanni, attuale ministro dell’Economia. Ma riuscirebbero ad avere la fiducia che in questo gioco delle ipotesi non otterrebbe Enrico Letta? Allora, ecco la data del 24 novembre come data possibile per andare alle urne, idea che piacerebbe a Berlusconi. Di Difficile presa tuttavia. E intanto il percorso nel Pd per eleggere il segretario di partito rimane quello stabilito: primarie fissate l’8 dicembre, un segretario che potrebbe essere a quel punto il naturale candidato ad elezioni di marzo.

 Carmelo Caruso e Paola Sacchi

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