Giorgio Bianchi: «La complessa ricerca della verità nel Donbass»
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Giorgio Bianchi: «La complessa ricerca della verità nel Donbass»

Fino a qualche mese fa Giorgio Bianchi era noto agli addetti ai lavori comuno dei fotoreporter di guerra più accreditati d’Italia, con scatti pubblicati su riviste come The Guardian o National Geographic che testimoniavano la vita in paesi martoriati da conflitti sanguinari, tra i quali il Donbass. Ed è proprio sul Donbass, sulla conoscenza di quel territorio che Bianchi frequenta dal 2014 , che si costruisce la sua vicenda più recente, quella che lo ha visto inserito nella lista dei filoputiniani d’Italia pubblicata dal Corriere della Sera, e di recente querelato per ingiuria dall’ormai ex ministro degli Esteri Di Maio.

“Non avevo mai pensato a candidarmi in politica - racconta oggi Bianchi raggiunto in una del tour elettorale che lo sta portando in giro per l’Italia - ma quello che sta succedendo in Italia dove ormai da due anni, ossia da quando il Covid ha stravolto le nostre vite riducendo progressivamente le nostre libertà e i nostri diritti, unito alle ultime vicende che mi hanno visto mio malgrado protagonista, mi hanno spinto ad accogliere la proposta di una candidatura, come indipendente, da parte di Italia Sovrana e Popolare”.

A maggior ragione oggi in un momento in cui il Paese è sottoposto a un fuoco di fila di notizie sulla guerra che assomigliano molto alla propaganda e molto poco a una lucida analisi della realtà.

“Basterebbe conoscere la storia e le vicende di quel territorio per capire che quanto viene raccontato non è altro che una rilettura di una situazione complessa. In sostanza oggi assistiamo a una gravissima strumentalizzazione del conflitto russo-ucraino in cui, in maniera troppo manichea per passare inosservata, esiste un cattivo cattivissimo e un buono buonissimo. Solo che le cose non stanno così: non esiste un orco così come non esiste un martire. Esistono volontà politiche che mirano a una nuova sovranità attraverso la balcanizzazione della Russia, una frammentazione che ne ridurrebbe l’influenza politica, e ne impoverirebbe la popolazione attraverso lo sfruttamento delle risorse naturali”.

Del resto, ormai, è sotto gli occhi di tutti, che esistono diversi fronti della stessa guerra, uno dei quali vede coinvolta l’Europa che sta scontando sulla propria pelle il risultato delle sanzioni a Putin sul tema degli approvvigionamenti del gas. Tra manutenzioni e sospensioni del gasdotto Nordstream 2 i paesi dell’UE si trovano a dover affrontare una vera e propria emergenza energetica. Emergenza che nelle agende politiche ha sostituito quella climatica.

“È assurdo quello a cui stiamo assistendo - continua Bianchi - oggi, a fronte di una gestione scellerata del conflitto, siamo pronti a fare tornare in funzione le centrali a carbone, a far percorrere migliaia di chilometri alle navi gasiere che dagli Stati Uniti arrivano in Italia e approvare ovunque ci sia un porto il progetto di un rigasificatore. Per non parlare del ritorno al nucleare le cui scorie non sapremmo nemmeno dove smaltire. E dunque l’emergenza climatica? Greta e i Fridays for future che fine hanno fatto? A occhio e croce direi che sono finiti dispersi in una nebbia di gas. Ma quel che è peggio è che le istanze dei cittadini, le loro paure, le loro legittime proteste vengono sempre più trascurate dalla politica che si limita a bollarli e ghettizzarli non appena provano a manifestare i loro timori. Prima come No Vax, ignoranti e complottisti, oggi come filoputiniani e antiamericani, creando in questo modo una frattura democratica e liberticida per cui l’esercizio del dubbio è diventato una minaccia alla tenuta e all’ordine sociale”.

Così Giorgio Bianchi ha ripreso a fare in Italia ciò che lo ha reso celebre nel mondo: girare e documentare, macchina fotografica e videocamera alla mano, la realtà dei ghettizzati, degli inascoltati, di coloro che vorrebbero risposte da una politica ormai sorda. Lo ha fatto usando il suo tour elettorale che in effetti si chiama: “Immaginare: Giorgio Bianchi racconta il Paese che non c’è”.

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Redazione