Falsi incidenti, decessi veri. Il giallo delle truffe a Cosenza
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Falsi incidenti, decessi veri. Il giallo delle truffe a Cosenza

Per un risarcimento maggiore dalle assicurazioni hanno ucciso un bambino appena nato. Il parere del legale Stefano Toniolo e del direttore generale dell'Ania

Pianificavano incidenti spettacolari con feriti gravi per ottenere dalle assicurazioni un risarcimento maggiore. Ma a Cosenza la truffa si è trasformata, deliberatamente, in omicidio volontario: è stato ucciso il bambino che una donna aveva in grembo durante il finto scontro automobilistico. Perché? Per ottenere un risarcimento milionario.

Secondo gli investigatori, 7 dei 144 indagati nell’ambito dell’operazione 'Medical market', hanno pianificato e provocato volontariamente, la morte del nascituro per accaparrarsi un maxi risarcimento.

“Per ottenere indebitamente gli indennizzi assicurativi, è stata accertata, la premeditata soppressione di un nascituro, attuata con la compiacenza del personale medico dell’ospedale di Corigliano Calabro- spiega la Guardia di Finanza - la donna, infatti, in avanzato stato di gravidanza, è stata indotta al parto prematuro in seguito ad un falso incidente stradale. Successivamente il feto, nato vivo, è stato deliberatamente privato di ogni necessaria assistenza fondamentale per la sopravvivenza che ovviamente ne ha causato il decesso”.

La donna era nella ventottesima settimana di gestazione.

Quattro persone sono finite agli arresti domiciliari, due hanno ricevuto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e un'altra, che è un avvocato, la sospensione dalla professione forense. Agli indagati sono stati contestati, i reati di omicidio volontario, falso ideologico e materiale in atto pubblico, corruzione, peculato, frode e truffa ai danni dello Stato.
Il dirigente della sezione di polizia stradale di Cosenza, Domenico Provenzano, ha spiegato: "Sarebbe bastata una boccata di ossigeno e il bimbo oggi sarebbe vivo".

Dalle indagini, però, emergono altri casi di aborto a scopo di aumentare il risarcimento dei danni sui quali gli investigatori stanno cercando di fare chiarezza.
Ma gli indagati nella maxi operazione della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato sono oltre 140 con un danno complessivo per l’Erario di oltre 2 milioni di euro.

Panorama.it ha chiesto ad un legale che cosa accade se si procura la morte di una persona o di un feto durante una simulazione di incidente.
Stefano Toniolo, avvocato penalista Studio Legale Martinez e Novebaci, in questo caso la truffa si è trasformata in omicidio volontario. Ma se il bambino fosse morto durante il falso incidente, dunque in uno scontro comunque pianificato, si tratterebbe sempre di truffa ai danni dell’assicurazioni?
Deve anzitutto premettersi, sempre che tale accusa venga poi dimostrata all’esito di un processo, che in questo caso non vi sarebbe una “trasformazione” del reato di truffa in quello di omicidio, ma le due fattispecie di reato sarebbero entrambe integrate. È quel che viene chiamato “concorso di reati”.
Anche nel caso in cui il bambino fosse morto durante l’incidente, troverebbero comunque applicazione entrambe le fattispecie di reato ed ovviamente non vi sarebbe diritto ad alcun risarcimento in favore della madre da parte dell’assicurazione.

In questi casi, in considerazione delle dinamiche che hanno portato alla morte del bambino, quali sono le pene previste?
Anzitutto, secondo il nostro codice penale, quando con una stessa azione od omissione vengano commessi diversi reati, oppure quando con più azioni od omissioni vengano commessi diversi reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, si applica la pena prevista per il reato più grave aumentato sino al triplo.
Nel caso specifico, in base al comunicato stampa della Guardia di Finanza, sarebbe stato commesso anzitutto un reato legato al decesso del neonato. In relazione a questo tema, le pene per l’interruzione della gravidanza fuori dai casi previsti dalla legge 194 del 1978 e quelle previste per l’omicidio sono ovviamente molto diverse.

Qual è l’elemento distintivo tra i due casi?
Secondo la Cassazione, l'elemento distintivo tra questi due reati è costituito dal momento in cui avviene l'azione criminosa: mentre il procurato aborto si realizza in un momento precedente il distacco del feto dall'utero materno, l’omicidio si realizza invece dal momento del distacco del feto dall'utero materno, durante il parto se si tratta di un feto o, immediatamente dopo il parto, se si tratta di un neonato. Di conseguenza, qualora la condotta diretta a sopprimere il cosiddetto  “prodotto del concepimento” sia posta in essere dopo il distacco, naturale o indotto, del feto dall'utero materno, il fatto configura il delitto di omicidio volontario, aggravato dall’essere stato commesso nei confronti di un discendente.
La pena prevista per l’omicidio volontario è la reclusione non inferiore a 21 anni.
Come si è visto, questa pena potrà essere poi aumentata sino al triplo per la frode ai danni dell’assicurazione. Infatti, in base all’art. 642 c.p., chiunque al fine di conseguire per sé o per altri l'indennizzo di una assicurazione o comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione, distrugga, disperda, deteriori od occulti cose di sua proprietà o cagioni a se stesso una lesione personale o denunci un sinistro non accaduto oppure distrugga, falsifichi, alteri o precostituisca elementi di prova relativi al sinistro è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

Panorama.it ha intervistato anche il direttore Generale dell’Ania, Associazione nazionale tra le imprese assicuratrici, cercando di capire dove e come sono aumentate le truffe nel nostro Paese.
Dottor Dario Focarelli, quale sono le regioni maggiormente interessate dalle truffe? E negli ultimi anni quanto sono aumentate?
“Nel 2014 i casi che sono stati considerati come “sospetti” sono stati in totale 460 mila, ovvero 15% di casi in più rispetto ai 400 mila dell’anno precedente. In particolare le compagnie hanno efffettuato approfondimenti su 235 mila casi accertando un aumento delle truffe ai danni delle assicurazioni pari all’8,5% rispetto ai 12 mesi precedenti. Sicuramente la crisi economica incide in modo importante ma dobbiamo sottolineare anche il rafforzato impegno del settore, testimoniato anche da un incremento del 30% delle denunce. Le aree maggiormente interessate dal fenomeno delle truffe sono quelle del Sud. La Campania conta 50 mila casi, seguita dal Lazio e dalla Sicilia poi abbiamo anche la Puglia con 20 mila casi mentre al Nord, la maglia nera è del Piemonte con 25 mila casi”

In che modo l’Ania sta cercando di contrastare il fenomeno?
Sono anni che l’Associazione è impegnata nella lotta alle truffe e tra le numerose iniziative quella che senza alcun dubbio ha un ruolo significativo è la costruzione dell’AIA (Archivio Integrato Antifrode) gestito dall’Autorità di vigilanza (IVASS), all’interno del quale confluiscono tutti i nostri database. È ora molto importante rafforzare e rendere più efficiente il coordinamento con le forze investigative e la magistratura, come avviene per l’azione di contrasto del riciclaggio 

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Nadia Francalacci