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EPA/FACUNDO ARRIZABALAGA
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Come sarà il paese di Boris Johnson

Più stato sociale, provvedimenti che rassicurano il paese e per gli italiani in Gran Bretagna ecco cosa succederà

I turisti italiani che ogni agosto vanno in ferie a Londra trovano lungo le strade delle rastrelliere con appese delle biciclette. Il nome ufficiale è Santander Bikes, mai londinesi le hanno soprannominate Boris bike perché fu l’allora sindaco Boris Johnson a metterle, facendosi finanziare dalla banca spagnola. Ora quel nomignolo è stato bandito: Londra, che trabocca di radical chic e immigrati, odia Johnson, il Donald Trump inglese. L’ex giornalista ha promesso che il 31 ottobre la Gran Bretagna sarà fuori dalla Ue, a qualsiasi costo.

E il costo è alto perché per dire addio a Bruxelles ci vogliono tanti soldi, a partire dai 39 miliardi di debiti verso la Ue che il Paese dovrebbe rimborsare, fino al budget per spesare la Brexit, specie in uno scenario di uscita al buio. La «Borisnomics» è uno snodo cruciale della politica del neo primo ministro. E da quello che nei primi giorni è trapelato appare come un mix di keynesismo e dottrina sociale dossettiana: il neo primo ministro ha annunciato un mega piano di investimenti pubblici su scuole, ospedali e sicurezza. Tutto localizzato nelle periferie, il grande bubbone del Paese (totalmente islamizzate e dove c’è un accoltellamento al giorno). La campagna referendaria del «Leave» aveva promesso 350 milioni di sterline alla settimana per la NHS (il sistema sanitario nazionale pubblico inglese); si calcola che occorrano circa 3,5 miliardi per portare la sanità pubblica alla media dell’Ocse. Johnson vuole partire dal rifacimento dei 20 ospedali più critici del Paese. Altri 1,6 miliardi saranno destinati ai quartieri degradati delle grandi città. Una spesa che va a braccetto con l’assunzione di 20 mila poliziotti per fronteggiare l’esplosione della micro criminalità. Sicurezza e sanità: stato sociale puro. Con un occhio anche alle opere pubbliche, altro pilastro keynesiano. Il nuovo Governo vuole fare la Tav Manchester-Leeds (un progetto tra Londra e Manchester è già in corso).

Ma una «Hard Brexit» rischia effetti dirompenti sulla vita quotidiana: il governo sta lavorando per ridurre al minimo i disagi. Johnson ha già destinato 400 milioni di sterline per garantire la fornitura di medicinali. La notte di Halloween Londra dovrà mettere in piedi una dogana e ogni merce in arrivo dall’Unione europea dovrà essere registrata.

I Remainers, a partire dal quotidiano Financial Times paladino dell’ultra-liberismo, agitano lo spettro degli scaffali vuoti e di merci razionate, con i camion in coda alla dogana di Calais. La Brexit è però molta psicologia: niente panico è meglio. Ecco perché il neo governo ha anche stanziato 100 milioni di sterline in una campagna informativa sui media per tranquillizzare il Paese. Altro grande tema è quello delle frontiere. La Gran Bretagna è un’isola, dunque la natura le ha già regalato dei confini fisici, ma c’è un problema con l’Irlanda, dove tra Ulster (Irlanda del Nord, territorio britannico) e l’Irlanda vera e propria ci sarà bisogno di un confine. Johnson ha messo sul piatto 340 milioni di sterline per la spinosa questione del «backstop», che non è solo burocratica ma anche economica (ogni giorno migliaia di irlandesi varcano la frontiera per andare a lavorare in Ulster).

Come si finanzia il mega-piano Brexit di Johnson? Mettendo mano al tesoretto fiscale lasciato in eredità da Lord Philip Hammond, il precedente Cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del nostro ministro del Tesoro): ci sono nelle pieghe del bilancio dello Stato 26 miliardi a cui il governo Johnson vuole attingere per finanziare il suo piano sociale. E i possibili effetti della Brexit sull’Italia? Basta entrare in un qualsiasi supermercato Tesco di Londra per vedere che la Gran Bretagna si sfama con l’Italia: dalla pasta al vino, dai kiwi alla bresaola, è tutto Made in Italy. Lo scorso anno l’Inghilterra ha importato beni per oltre 5 miliardi di sterline. Ci si può attendere un ribilanciamento nell’export: meno moda e design, più ingegneria, sicurezza e biomedicale. Nei giorni scorsi Johnson ha telefonato al suo omologo Giuseppe Conte: le fonti dicono per rassicurare sul futuro dei 700 mila italiani che vivono oltre Manica e che dopo il 31 ottobre saranno degli immigrati stranieri senza visto. Ma è probabile che lo spettinato primo ministro inglese abbia anche messo sul tavolo il tema del Made in Italy. Anche gli inglesi devono mangiare.
(Alessandra Fantechi)

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