L’esercito dichiara guerra a barba e pizzetto
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L’esercito dichiara guerra a barba e pizzetto

Ma il regolamento consente di tenerle corte e ben curate (come quelle degli alpini)

Un anno fa una direttiva dello Stato maggiore dell’Esercito vietava ai militari tatuaggi e piercing nelle parti scoperte del corpo con la motivazione di salvaguardare il decoro dell’uniforme ed evitare di offendere involontariamente le culture dei popoli di quei Paesi nei quali i militari in missione prestano servizio. La “campagna moralizzatrice” dell’estate 2013 prende invece di mira barbe e pizzetti sempre più diffuse sui visi dei soldati.
Per scoraggiarne la diffusione non sono però state emanate direttive nè ordini che le vietino ma solo un “invito rimesso alla libera scelta” formulato dal generale Vincenzo Lops, alla testa del Secondo Comando forze di difesa (2° FOD) che comprende oltre 20 mila militari dell’Esercito appartenenti a 5 brigate schierate nel Centro-Sud.

Il generale, veterano delle operazioni nei Balcani che esattamente dieci anni or sono diede il via all’operazione Antica Babilonia in Iraq guidando la brigata Garibaldi a Nassiryah, ha lanciato l’appello nel nome di un ritorno ad una esemplare ”cura e fisicità militare della persona” perché ”un volto pulito e rasato garantisce quel senso di pulizia e di cura quotidiana del corpo (anche in ambiente operativo) fondamentale non solo dal punto di vista medico sanitario, ma anche da quello della marzialità, della disciplina e dell’aspetto esteriore, segno di vigore e ordine militare”.
Con una lettera aperta destinata a sollevare polemiche Lops si dice motivato da ”orgoglio, onore e, forse, presunzione bersaglieresca nel chiedere ai suoi uomini ”una prova di valore, forse mentale e morale” e ”una personale prova di rispetto e di accettazione del mio modo di comandare”. Concetti che passano per divise ”perfettamente tenute”, scarpe e anfibi ”perfettamente lucidati”, taglio di capelli ”costantemente curato” e ora barbe e pizzetti ”aboliti per puntare a volti completamente puliti”.

Finora l’Esercito ha tollerato le barbe anche se negli ultimi anni la diffusione di barbe lunghe è stata favorita dall’impiego di molti reparti in Afghanistan dove la cultura islamica locale apprezza il prolungato distacco dal rasoio. “Sembra quasi che per dare spazio alle dinamiche antropologiche locali si sia perso il Dna della nostra militarità in merito alla barba” scrive Lops la cui iniziativa sembra del tutto personale e rivolta solo ai militari alle sue dipendenze. Del resto Lops sfoggia due vistosi baffi mentre la barba è diffusa anche nei gradi più elevati delle forze armate come dimostra il Capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli. All’interno dell’Esercito poi i pizzetti sono estremamente diffusi, specie tra gli alpini. Il generale Lops infatti, pur aspettandosi che tutti possano ‘staccarsi’ dalle barbe/pizzetti precisa che “ove così non fosse, non abbiate remora a scegliere diversamente ne’ preoccuparvene. Perché quando non si tratta di un ordine, allora c’é spazio per ogni libertà di scelta, che indipendentemente dalle motivazioni, va comunque e sempre rispettata”.

Secondo quanto riferito dall’Ansa non tutti sembrano condividere le indicazioni del generale e qualcuno avrebbe addirittura scritto in proposito una lettera di lamentela al ministro della Difesa Mario Mauro e al capo di Stato maggiore della Difesa paventando il rischio di penalizzazioni per chi non si adegua alle richieste di Lops. Nel dibattito accesosi soprattutto sul web non manca poi chi fa notare che tra tagli di bilancio, blocchi degli stipendi e rischiose missioni oltremare i militari italiani e i loro comandanti dovrebbero avere ben altroa cui pensare

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Gianandrea Gaiani