Elezioni in Liguria: 10 motivi per cui la Paita ha perso
ANSA/PAOLO ZEGGIO
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Elezioni in Liguria: 10 motivi per cui la Paita ha perso

Mancanza di credibilità, accuse di brogli, il dramma dell'alluvione, la campagna gestita male. Ecco perché il candidato del Pd ha fatto flop

1 - La credibilità (che non c'è)

Al di là del maldestro tentativo di presentarsi come nuova, veloce e iperenziana, Raffaella Paita è la perfetta continuità con il sistema di potere che ha governato la Liguria negli ultimi dieci anni. "Lella", entrata in consiglio regionale nel 2010, è subito diventata il braccio destro del governatore ligure Claudio Burlando, che le ha affidato l’assessorato alle Infrastrutture: ruolo perfetto per tagliare nastri, seminare promesse e allacciare rapporti con gli imprenditori. Il presidente l’ha poi guidata per mano fino alla candidatura, le ha fatto il vuoto attorno, l’ha appoggiata senza riserve durante la campagna elettorale. Nelle ultime apparizioni televisive, Paita ha ripetuto di essere una giovane donna di quarant’anni che vuole cambiare la Liguria, con pochi legami con il passato. Crederle era un’impresa ardua.

3 - Le accuse di brogli

Che per i democratici la strada non sarebbe stata in discesa s’era già capito lo scorso gennaio, alle primarie. Paita prevale per poco su Sergio Cofferati, ma viene travolta dalle accuse di brogli e spregiudicati patti con vecchi arnesi del centrodestra. La commissione di garanzia del Pd annulla il voto in 13 sezioni. Mentre la Procura di Savona, come rivelato da Panorama, apre un’inchiesta sulle primarie ad Albenga, dove Paita raccoglie 1.320 consensi su 1.578: uno sbalorditivo 84 per cento. Ma i veleni delle Primarie hanno anche un contraccolpo politico: la scissione della minoranza Pd, con la candidatura di Luca Pastorino.

3 - Gli avversari, interni ed esterni

Matteo Renzi ha commentato la svolta di Cofferati con usuale metafora calcistica: "Non è che se uno perde si porta via il pallone". Il "cinese" ha però sempre avuto facile controreplica: senza brogli non ci sarebbe stata una lista alternativa. Ma, al di là della tenzone interna, il Pd avrebbe perso anche se fosse rimasto unito. Pastorino, che ha raccolto pure le preferenze di chi mai avrebbe votato emanazioni del burlandismo, arriva al 9,4 per cento. Mentre Toti distanzia Paita del 6,6 per cento. Ergo: Pastorino ha certamente indebolito il Pd, ma non è causa determinante della disfatta democratica.

4 - Lo strappo dei 200

Ben più decisiva potrebbe essere stata, invece, quella parte del partito che ha sostenuto Paita con scetticismo e freddezza. Sia il segretario regionale del Pd, Giovanni Lunardon, che quello genovese, Alessandro Terrile, hanno appoggiato Cofferati alle primarie. E, a un mese dal voto, c’era stato lo "strappo dei 200": un documento in cui molti papaveri del partito annunciavano "un voto secondo coscienza".

5 - Candidato divisivo

Paita è rimasta un candidato divisivo. Tacciata di "arroganza", "predilezione per i cicisbei" e "cattiva gestione della campagna". I suoi comizi si sono sempre tenuti al chiuso, per paura di contestazioni. In televisione è apparsa insicura e indisponente. Mentre non è passato inosservato il potenziale conflitto d’interessi e grumo di potere familiare. Il marito, Luigi Merlo, è presidente dimissionario dell’Autorità portuale di Genova. Mentre Paita ha guidato nella scorsa legislatura l’Assessorato regionale alle Infrastrutture. Tartassati e oculati, molti liguri non hanno mancato di evidenziare anche il favoloso cumulo di stipendi della coppia.

6 - Mai un lavoro

"Ha mai lavorato un giorno?". La domanda che spesso aleggiava nei caruggi era pleonastica. La risposta è: no. O meglio: Paita ha sempre vissuto grazie alle cariche elettive. Prima nella sua Spezia, poi a Genova. E, in momento di scarsa auge per i politici di professione, pure questo pesa. Anche perché il suo principale contendente, Giovanni Toti, può sbandierare trascorsi giornalistici di successo: "Avevo una professione che mi dava grandi soddisfazioni e uno stipendio migliore. Ma ho scelto la politica". Un ragionamento che ha fatto presa su una parte di elettori.

7 - L'avviso di garanzia

L’elemento che forse ha danneggiato di più l’immagine della Paita è stato però l’avviso di garanzia per concorso in disastro e omicidio colposo, inviato a due mesi dal voto, per l’alluvione di Genova del 9 ottobre 2014. L’assessore Paita all’epoca cumula la delega alla Protezione civile. Secondo i magistrati, avrebbe dovuto attivarsi e coordinare lo stato d’emergenza. Invece, come documentato da Panorama, quel giorno Lella era in giro per la Liguria, tra incontri e aperitivi con gli elettori, per promuovere la sua candidatura alle Primarie. Rientra a Genova alle 23,30, dopo l’esondazione del Bisagno e la morte dell’ex infermiere, Antonio Campanella. Nell’attesa che la magistratura accerti eventuali responsabilità penali, i genovesi hanno espresso un verdetto: nella circoscrizione del capoluogo, dove si attribuiva la maggioranza dei seggi, Paita è terza, dopo la grillina Alice Salvatore e Toti. Un dato impietoso: 24,26 per cento. Per la candidata del Pd è il peggior risultato della regione.   


8 - Troppe fiches sulla puntata sbagliata

Matteo Renzi ha puntato molte fiches sulla Paita: comizi, inaugurazioni e continui rimandi nelle interviste a giornali e tv. Un attivismo che potrebbe aver addirittura danneggiato la sua candidata. Soprattutto negli ultimi tempi, mentre impazzava la polemica sui rimborsi ai pensionati, dopo la sentenza della Consulta. Anche perché la Liguria è la regione con il più alto numero di anziani in Italia. 

9 - L'unità del centrodestra

Il clamoroso tonfo della Paita è ovviamente pure merito del centrodestra. Che ha superato divisioni e rancori, presentandosi unito con una coalizione che andava dalla Lega ad Area popolare. "Laboratorio Liguria" lo definiscono. Il Carroccio, che qui ha rinunciato a un ottimo candidato alla presidenza come Edoardo Rixi, è premiato con una messe di voti: supera il 20 per cento, mentre Forza Italia non arriva al 13. Il partito di Silvio Berlusconi, che invece prevedeva un rallentamento a favore di Matteo Salvini e i suoi, con l’elezione di Toti è riuscito in un’impresa storica. Renzi è caduto fragorosamente. E il centrodestra ha l’occasione di ripartire dall’unità. 

10 - La campagna elettorale

Toti, a differenza della Paita, ha azzeccato la campagna elettorale. Ha girato la Liguria in lungo e in largo, con un programma chiaro e modi rassicuranti. Ha sfruttato bene la sua popolarità nazionale e la conoscenza della televisione. Ha attaccato il burlandismo nel merito, con cifre e fatti, senza pretestuosità. Una grossa mano l’ha data anche Berlusconi: nell’ultimo mese è andato quattro volte in Liguria per sostenere, con comizi e visite informali, il suo consigliere politico. La conquista della Liguria è il primo segnale di una riscossa agognata da mesi.

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Antonio Rossitto