Italia e il gas della Russia abbracciati per sempre
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Economia

Italia e il gas della Russia abbracciati per sempre

Il presidente di Nomisma Energia: "È vero, l'Europa non potrà fare a meno del metano che viene dall'est, ma anche Mosca dipende dalle nostre importazioni. L’unica soluzione è puntare su un vero mercato unico"

di Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia

Con quasi 600 miliardi di metri cubi estratti ogni anno, la Russia è il secondo produttore mondiale di gas, superato da pochi anni dagli Usa. Assieme all’Iran, però, è il primo paese per riserve ed è di gran lunga il primo esportatore mondiale, circa 200 miliardi di metri cubi di metano diretti per gran parte, 180 miliardi, verso l’Europa. Più di un quarto dei consumi di gas dell’Europa provengono dalla Russia. A questi volumi vanno poi aggiunti anche i circa 4 milioni di barili al giorno di greggio, anche qui un quarto dei consumi totali. Come ha detto Alexander Medvedev di Gazprom la scorsa settimana a Panorama, l’Europa non potrà fare a meno facilmente del gas russo, in particolare se la Germania chiuderà le centrali nucleari e se ripartirà l’economia europea. La crescita delle rinnovabili non potrà continuare a questi ritmi, visto che gli incentivi non possono durare in eterno. La produzione interna dell’Europa sta calando velocemente. Di gas non convenzionale, come lo shale americano, nemmeno a parlarne.

Ma la Russia dipende ancora di più dall’Europa. Il peso delle esportazioni di energia sul totale del suo Pil sono intorno al 18 per cento. L’Europa rimane di gran lunga il primo mercato delle esportazioni della Russia, in particolare per il gas, prima di tutto per ragioni di vicinanza fisica. Le esportazioni verso l’Asia, dove i consumi crescono più velocemente, sono difficili e per ora riguardano per lo più gas prodotto sul Pacifico e da lì esportato come gas liquefatto.

L’industria del gas è complessa e costosa, per questo è integrata, dai giacimenti fino al consumatore finale. Lo stesso grado di integrazione che c’è dalla parte europea, da Yamal in Siberia fino a Minerbio vicino a Bologna, in Asia non c’è. Costruire nuovi gasdotti verso l’Estremo Oriente avrà costi enormi, viste le distanze. In Asia la domanda sta crescendo e i prezzi del gas liquefatto sono alti, ma solo per il Giappone, Taiwan e la Corea del Sud. La Cina, di pagare alti prezzi per grandi volumi, non ne vuole sapere. Il gas è un combustibile da ricchi, non per la Cina, che ha ancora miliardi di tonnellate del suo carbone da bruciare. Il prezzo del gas negli Usa, grazie alla rivoluzione sullo shale (che si estrae frantumando la roccia), è oggi di 12 centesimi di euro per metro cubo, in Europa viaggia fra i 24 dei mercati spot a breve e i quasi 30 dei contratti di lungo termine dalla Russia o dal Nord Africa. Molto più alti, vicini ai 50 centesimi, sono i prezzi in Asia, e qui andranno le esportazioni americane, quando arriveranno, non certo verso l’Europa.

Con la Russia è un abbraccio stretto, impossibile da sciogliere. Un giorno saremo un mercato unico, senza confini né barriere, dove noi importeremo tanto gas, speriamo a prezzi bassi, e la Russia comprerà tanti beni dalle nostre fabbriche. È un percorso inevitabile, renderlo meno accidentato spetta a entrambe le parti.

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