L'economia di Grillo in sette punti
Economia

L'economia di Grillo in sette punti

Il sussidio a disoccupati ed esodati per tre anni costerebbe allo Stato 200 miliardi, mentre il no a Tav e termovalorizzatori ne brucerebbe altri 100

Nel programma economico del M5s , come in tutti quelli annunciati da movimenti "populisti", c'è un po' tutto e il suo contrario.

Un esempio: i grillini vogliono proteggere le industrie alimentari e le produzioni locali dalla concorrenza estera, ma allo stesso tempo chiedono una più completa apertura ai privati di alcuni settori, come le telecomunicazioni, dove però vorrebbero statalizzare la dorsale telefonica.

Ancora un altro esempio: Grillo vuole eliminare i contributi all'editoria e privatizzare due canali Rai (mantenendone solo uno pubblico e senza pubblicità), ma allo stesso momento impedire a qualsiasi privato di possedere un quotidiano nazionale o una delle reti pubbliche messe sul mercato: la proprietà massima consentita non dovrebbe superare il 10%, destinando così le testate più blasonate (Repubblica, Corriere della Sera, Stampa) a una chiusura quasi assicurata, mentre l'asta per Rai2 e Rai3 andrebbe deserta.

Certo, nel programma non mancano punti che anche altri partiti troverebbero condivisibili, come la separazione tra le banche e le industrie o gli incentivi alle rinnovabili.

Altri, tuttavia, appaiono del tutto irrealizzabili. Su tutti, il sussidio di disoccupazione a 1.000 euro al mese.

Ecco, quindi, cosa accadrebbe in Italia se, ipoteticamente, Grillo diventasse ministro dell'Economia.

Governance
Tra i cavalli di battaglia dell'ex comico genovese c'è la borsa e i suoi meccanismi, spesso oscuri.

Il M5s propone nel programma l'abolizione delle cariche multiple da parte dei consiglieri di amministrazione nei cda delle società quotate e di dare più potere ai piccoli azionisti, attraverso l'introduzione di strutture di reale rappresentanza (non vengono specificate, però, di che tipo).

Inoltre, Grillo vorrebbe impedire ai consiglieri di amministrazione di ricoprire "altre cariche nella stessa società, se questa è responsabile di gravi reati".

Abolite le scatole cinesi, si dovrà porre un tetto agli stipendi del management delle quotate e delle aziende partecipate dallo Stato e abolire le stock option.

Non solo: dovrà essere vietata la nomina ad amministratori di aziende quotate o partecipazione pubblica di persone condannate in via definitiva (nel programma si cita l'esempio di Scaroni all'Eni).

A protezione dei cittadini, però, solo l'introduzione delle class action: abolite pure le Authority, che sono gli organi di vigilanza dello Stato sui mercati.

Protezionismo, ma anche liberalizzazioni.
Grillo durante i comizi ha spesso fatto riferimento alla mancata tutela del made in Italy: tra i punti principali del programma c'è difatti quello di "impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un prevalente mercato interno".

L'ex comico chiede, inoltre, di sostenere le società no profit e di favorire le produzioni locali, strizzando l'occhio a sinistra.

Due intenti che però stridono con il forte liberalismo espresso in un punto successivo, con il quale il M5s chiede l'abolizione dei "monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Autostrade, ENI, ENEL, Mediaset e Ferrovie dello Stato”.

Attacco alle banche.
Grillo & Co. vogliono impedire incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale e "introdurre la responsabilità degli istituti finanziari sui prodotti proposti, con una compartecipazione alle eventuali perdite".

Acqua? Solo quella pubblica.
Tra i protagonisti del referendum per l'acqua pubblica, il M5s non sembra avere in simpatia le aziende che distribuiscono acqua in bottiglia: per i grillini sono "aziende che generano un danno sociale" e che andrebbero contrastate con "disincentivi" ad hoc.

Tagli alla spesa pubblica.
Il M5s vuole uno Stato più snello, anche per ridurre il debito pubblico.

Ecco, quindi, dove tagliare: abolire le province, i rimborsi elettorali, accorpare i comuni sotto i 5.000 abitanti, ridurre ogni privilegio per i parlamentari tra cui la pensione dopo due anni e mezzo e allinere gli stipendi ai salari nazionali, ridurre del 10% in cinque anni i consumi energetici del patrimonio edilizio pubblico.

Nel programma si parla anche di un maggiore uso del web per i servizi e di un generico "taglio agli sprechi".

I grillini non hanno detto con chiarezza, però, quanto si riuscirebbe a risparmiare (in questo post parlano solo di 98 miliardi evasi che si potrebbero recuperare dalle società di slot machine).

La Uil, per esempio, ha di recente stimato un risparmio di 10 miliardi, tagliando del 30% le spese della politica a livello nazionale e locale.

L'utopia del reddito di cittadinanza.
Premesso che il M5s sembra essere favorevole a un mercato del lavoro in stile anni '70 (tra i primi punti c'è l'abolizione della cosiddetta legge Biagi), in verità nel programma si parla di "sussidio di disoccupazione garantito" e non di "reddito di cittadinanza", come spiegato da Grillo durante alcuni comizi a febbraio.

Ma al di là delle espressioni, alla fine sarebbero comunque circa 1.000 euro al mese garantiti dallo Stato, e per tre anni consecutivi, a disoccupati ed esodati.

"La persona che perde il lavoro avrà il tempo di cercare il lavoro con gli uffici di collocamento: offriremo due o tre lavori, se non accetti perdi il sussidio", ha spiegato Grillo.

E il reddito di cittadinanza sarebbe, in base a un sondaggio online tra sostenitori del movimento, la prima proposta che il M5s farà al Parlamento.

Grillo, a proposito, ha sempre fatto l'esempio del Nord Europa, dove sono già previsti contributi del genere. Ma l'Italia può davvero permetterseli?

Il blog Repubblicadeglistagisti.it ha provato a fare due conti: per i "né, né" , ossia i giovani sotto i 30 anni che non studiano e non lavorano (2,2 milioni nel 2012), Roma dovrebbe sborsare 80 miliardi in tre anni.

Considerando il totale degli inattivi fino a 64 anni, ossia oltre 6 milioni di cittadini, il conto salirebbe a 223 miliardi di euro.

Per la copertura, Grillo ha detto che basterebbe ridurre le super pensioni a 4.000 euro al mese, abolire i finanziamenti ai partiti, le province, i contributi alla stampa e chiudere i rubinetti alla Tav.

In tutto sarebbero 24,2 miliardi di risparmi: un quarto del necessario per pagare il sussidio ai "né, né" e un decimo per tutti gli inoccupati.

No a Tav e a termovalorizzatori
Il M5S propone l'abolizione deli incentivi per i termovalorizzatori e il blocco della Tav. Una decisione che potrebbe costare cara all'Italia: per l'Osservatorio dei costi del non fare la perdita sarà di 21 miliardi di euro nel primo caso e di 64,5 miliardi di euro nel secondo.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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