Bolletta elettrica, ecco gli oneri impropri da tagliare
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Bolletta elettrica, ecco gli oneri impropri da tagliare

Dagli incentivi Cip6 per le rinnovabili, alle agevolazioni per le aziende energivore, passando per le risorse riservate alla rete ferroviaria

Alle orecchie delle associazioni dei consumatori devono essere suonate proprio come musica le parole di queste ore di Guido Bortoni, il presidente dell'Autorità per l'energia, che ha sottolineato la necessità di ridurre le bollette elettriche. Da anni infatti numerosi esponenti del mondo della cittadinanza attiva spingono per intervenire proprio su quei cosiddetti oneri impropri, o oneri occulti, come li definisce Bortoni, che contribuirebbero in modo significativo ad appesantire la nostra bolletta energetica casalinga. L’input alla ripresa di una discussione di questo tipo è venuto dal governo, intenzionato nelle prossime settimane ad abbassare di almeno il 10% il peso del costo dell’energia per le piccole e medie imprese.

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Uno sconto che potrebbe costare qualcosa come circa 1,5 miliardi di euro, visto che la bolletta energetica delle pmi ha un valore pari a circa 14 miliardi di euro, i quali a loro volta che rientrano a pieno titolo nei 44 miliardi complessivi pagati da tutto il Paese, comprese dunque le grandi imprese e le famiglie. C’è il rischio dunque che questo eventuale abbuono alle pmi, possa trasformarsi in un aggravio per le bollette dei privati cittadini. La strada da imboccare dovrebbe essere dunque quella di un calo generalizzato dei costi, agendo proprio su quelle tante, forse troppe, voci del nostro conto energetico, che sfuggono all’attenzione dei più, contribuendo però a far salire in modo abnorme il saldo finale. Ma vediamo allora nel dettaglio quali possono essere queste voci improprie su cui esercitare una vera e propria spending review, così come chiesto da tempo dalle associazioni dei consumatori.

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C’è innanzitutto l’annosa questione degli incentivi alle fonti rinnovabili. Ricordiamo infatti che con la cosiddetta delibera Cip6, adottata addirittura nell’ormai lontano 1992, chi produce energia elettrica da fonti rinnovabili o assimilate ha diritto a rivenderla al Gestore dei servizi energetici (Gse) a un prezzo superiore a quello di mercato. I costi di tale incentivi però vengono finanziati mediante un sovrapprezzo del 6-7% del costo dell'energia elettrica, che viene addebitato direttamente ai consumatori finali nel conteggio di tutte le bollette, e rintracciabile nella componente A3 degli oneri di sistema. Si tratta ormai di un balzello che diventa sempre più insostenibile, soprattutto da quando, approfittando della dicitura “assimilate”, hanno cominciato ad usufruire degli incentivi imprese che producono energia con sistemi che di strettamente ecologico hanno ben poco.

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Un’altra voce su cui potrebbe agire il bisturi del governo riguarda i contributi per le imprese grandi consumatrici di energia, dette propriamente enrgivore. Parliamo di settori come la grande siderurgia o la produzione di carta e vetro, che usufruiscono di contributi annuali pari a circa 600 milioni. Potrebbero infatti essere rivisti i criteri con i quali un’azienda viene definita energivora, stabilendo cioè una percentuale minima di consumi annuali. Ci sono poi i 300 milioni all’anno destinati alla rete ferroviaria, altra voce che potrebbe finire nel mirino di una spending reviw energetica.

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E ancora, gli incentivi di cui godono le imprese che aderiscono al cosiddetto meccanismo dell’interrompibilità: si tratta di aziende che consumano grosse quantità di energia, e che ricevono dei benefit tariffari per il fatto che si rendono disponibili a vedersi staccare dalla rete in caso di emergenza. La verità è che in questi anni raramente il meccanismo del distacco è entrato realmente in funzione, e invece i relativi fondi sono stati sempre versati nelle casse delle imprese in questione. Novità infine si potrebbero prospettare anche per gli imprenditori che autoproducono energia per un proprio stabilimento industriale. Ebbene, al momento questi soggetti sono esentati dagli oneri impropri di sistema qui sopra elencati, mentre in futuro anche loro potrebbero essere chiamati a contribuire, almeno per una parte di essi.  

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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