Agenda digitale, dalle parole ai fatti
Economia

Agenda digitale, dalle parole ai fatti

Annunciata, promessa ma mai creata, è stata inserita nel decreto sviluppo. Ora deve essere costituita. Per dare nuovo impulso a start up, imprese innovative e occupazione

Che l’ex ministro della Pubblica Amministrazione e Innovazione scriva sul Foglio che il risultato del governo Monti su Agenda Digitale e dintorni sia solo un “fiume di parole”, ci sta. Chi è stato prima o viene dopo ha sempre diritto di rimpianto o di speranza. Un’occasione per smentire Renato Brunetta, però, l’esecutivo tecnico ce l’ha e vicinissima: domani, venerdì 24, nel primo consiglio dei ministri dopo la brevissima pausa estiva.

Potrebbe ad esempio nominare il direttore generale della neonata Agenzia nata per attuare l’Agenda Digitale che ancora non c’è ma è stata ripetutamente annunciata e promessa. Potrebbe persino dare una spinta concreta a quel piano sulle start up, le nuove imprese innovative, che finora ha prodotto solo power point, convegni e gruppi di lavoro.

Che la crescita possibile passi dalla svolta digitale è ormai senso comune: porterebbe risparmi nella pubblica amministrazione, creerebbe nuove opportunità di business e di conseguenza occupazione aggiuntiva. Ma dal dire al fare c’è di mezzo l’intramontabile esercizio della spartizione, condito da un piglio managerial-consulenziale che non sempre “fitta” (come dicono i consulenti, appunto, cioè si adatta) con i bizantini linguaggi e percorsi della burocrazia ministeriale. Il risultato sono i decreti bis e i continui rinvii.

Entro fine luglio la presidenza del consiglio avrebbe dovuto nominare il direttore generale di concerto con i ministri di Istruzione, Sviluppo economico e Pubblica Amministrazione ma il tutto è stato rimandato a settembre. Una società di executive search ha stilato una lista, le autocanditature sono aumentare, il totonomine è  cominciato (noi le avevamo anticipate a fine luglio ). Se domani arriverà la designazione (cosa al momento ritenuta poco probabile) vuol dire che è stato trovato un punto di incontro tra Corrado Passera e Francesco Profumo. Sono soprattutto loro che sul digitale giocano da mesi una partita a scacchi in cui c’è chi preferisce le mosse eclatanti e chi invece una strategia più riservata.

Resta il fatto che il ministro dell’Istruzione, che è stato rettore del Politecnico di Torino e per questo attinge al serbatoio del centro di rierca su Internet Nexa, ha lanciato un bando per richiamare in Italia i talenti migliori, ne ha fatto una squadra, ha scritto Digitalia. Nel frattempo Passera su agenda digitale e startup, come lui stesso ama dire, ci ha messo la faccia. Ha creato una task force (dove un ruolo attivo ha avuto anche il suo personal coach Enrico Pozzi, psicanalista e imprenditore), che ha prodotto un libro bianco che adesso, leggiamo sul Corriere della Sera, uno studio legale dovrà tradurre in progetto di legge. Ancora una volta quindi Passera non ha esitato a tagliare fuori la struttura ministeriale a favore di rinomate società di consulenza e blasonati professionisti.
Che la pasta sia in lievitazione da tempo lo conferma un intervento di Mario Calderini, consigliere di Profumo che in pieno ferragosto ha sentito il bisogno di precisare che “le start up digitali non faranno parte del Digitalia ma viaggeranno su un binario diverso" (ma quale?). Precisando: il disegno sostenuto da Passera è una “tipica inizativa parlamentare”, mentre Digitalia è “più articolato e dettagliato”.

Calderini è uno dei candidati alla direzione generale dell’Agenzia digitale e una sua designazione verrebbe letta come una “vittoria” di Profumo, che da sapiente accademico sulle nomine è molto attento e scrupoloso. Non è da meno Passera, per consolidata esperienza. Se domani ci sarà un altro rinvio, vuol dire che non c’è ancora accordo. In ballo ci sono anche i post nel comitato che dovrà assistere il neodirettore generale.

Una sola consolazione: l’attenzione alla neonata Agenzia da parte di uomini adusi a ben altri poteri (Roberto Sambuco, ad esempio, influente capodipartimento Comunicazioni dello Sviluppo economico) vuol dire che questa del digitale sta diventando una storia seria. Speriamo solo che sia…sincera.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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