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Ecco perché l'incontro con Kim Jong-un per Trump è un test cruciale

Il tycoon riuscirà davvero a negoziare con il dittatore più sanguinario al mondo? Oltre ai temi contingenti, in ballo c'è la sua credibilità di statista

Delle sue grandi doti di negoziatore, Donald Trump va parlando fin da quando annunciò la sua candidatura alla Casa Bianca. 

Dopo le bizze di Kim Jong-un e prima che le relazioni tra i due si deteriorassero a suon di reciproche affettuosità che spaziarono da “pazzo” a "psicopatico" fino alle tenerissime “cagnolino malato “ e “piccolo uomo missile”, il tycoon si disse certo di poter andare d’accordo con il leader nordcoreano per via delle sue capacità negoziatorie arricchite da anni di esperienza nella compravendita immobiliare.

Cul-de-sac

Nel quartier generale del Presidente c’è dunque molto ottimismo sulla veste di Gran Negoziatore che egli si appresta a indossare. Principalmente per via di un aspetto: secondo gli analisti, i due troveranno un qualche accordo sul tema che sta più a cuore a Pyongyang, cioè il ritiro della presenza militare statunitense in Corea del Sud e in generale in Asia, cioè la vera grande merce di scambio per procedere all’abbandono dei programmi nucleari.

Ma c’è un fattore X che rende tutto ciò enormemente più complesso. Per capire di che si tratta basta sostituire alla X il termine "Cina" che, per gli Usa, è oggi nemica e amica al tempo stesso.

Ritirarsi dalla Corea del Sud, per gli Usa, significherebbe, infatti, mostrare il fianco al colosso asiatico e anche alla Russia.

La prima, negli ultimi anni, ha speso centinaia di miliardi dollari per potenziare le sue capacità navali e terrestre con il preciso scopo di sfidare il primato della potenza militare americana in Asia e la Russia, parimenti, negli ultimi tempi sta incentrando la sua politica estera quasi interamente nell’intento di indebolire la posizione internazionale degli States.

Che cosa accadrà dunque quando Trump si renderà conto che assecondare le richieste del leader nordcoreano, che poi è quanto l’opinione pubblica mondiale si aspetta, rimescolerà il sistema di alleanze nell’area e avrà pesanti ripercussioni sulla presenza americana sullo scacchiere mondiale?

E, qualora Trump dovesse esprimere a Kim Jong-un il rifiuto di ritirare le truppe, in che modo l’amministrazione Usa reagirà all’asse Cina-Corea del Nord che potrebbe crearsi subito dopo per discutere come le forze Usa in Corea del Sud sono la vera e unica radice della crisi?

Una posta in gioco altissima

Certo è che, se il vertice ci sarà e se Trump riuscirà davvero a negoziare con il dittatore più sanguinario del mondo, trovando una via inedita per raggiungere un accordo con Pyongyang e gestendo, al contempo, le relazioni ambigue con una Cina che non aspetta altro di sopravanzare gli Usa, e i rapporti solidali di vecchia data con la Corea del Sud, il presidente Usa supererà un test cruciale guadagnando una luccicante mostrina da apporre alla sua divisa da statista finora piuttosto stropicciata.

Piaccia o no, stiamo per scoprirlo.

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Luciano Lombardi