Droga e cellulari in cella. Arresti e perquisizioni tra Lazio e Umbria
Ansa
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Droga e cellulari in cella. Arresti e perquisizioni tra Lazio e Umbria

I carabinieri hanno fermato 14 persone: ecco come droga e telefonici possono varcare la soglia dei penitenziari

Parlavano al cellulare come dal salotto di casa. Alcuni detenuti di otto strutture carcerarie, ormai da mesi, trascorrevano una parte della giornata a parlare con familiari, amici e gregari per impartire loro disposizioni su come gestire gli affari. Non solo, durante le telefonate chiedevano dolci e sigarette ma soprattutto droga da smerciare all’interno del carcere.

Un vero e proprio business gestito da detenuti della casa circondariale di Velletri con la complicità di un agente della polizia penitenziaria e di un infermiere. I carabinieri del Comando Provinciale di Roma, hanno eseguito, questa mattina nelle province di Roma e Latina, 14 arresti nei confronti di soggetti ritenuti responsabili di aver permesso l'introduzione nel carcere di Velletri di droga, cellulari e schede telefoniche.

Ma l’operazione dei Carabinieri non si è limitata ai 14 provvedimenti cautelari ma sono state effettuate perquisizioni, in collaborazione con il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, anche in alcune celle degli istituti di pena di Civitavecchia, Frosinone, Roma Rebibbia, Roma Regina Coeli, Campobasso, Viterbo e Spoleto. Ad occuparsi dal caso, la Procura di Velletri.

Ma è davvero così semplice introdurre telefonini e droga all’interno del carcere?

“Non è affatto semplice ma non è certamente impossibile- spiega a Panorama.it, Angelo Urso, Segretario Generale della Uilpa penitenziari – e le modalità utilizzate con maggiore frequenza sono quattro: l’agente corrotto, inadeguate disposizioni di servizio, mancati controlli o controlli inefficienti, pulizia delle aree esterne al perimetro della struttura carceraria”.

Si spieghi meglio..
“Purtroppo con il mancato rinnovo del contratto e gli stipendi non adeguati al lavoro svolto e al ritmo con il quale l’agente, spesso sottorganico, è costretto a lavorare, fa sì che si assista a casi di corruzione- continua Urso- questo non vuole o non deve essere una giustificazione alla scelta dell’agente di farsi corrompere ma spesso se questo avviene è per una difficoltà oggettiva ad arrivare a fine mese in condizioni lavorative davvero difficili. Poi, l’ingresso di droga o cellulari poterebbe avvenire anche per le inadeguate disposizioni di servizio che regolano i controlli all’ingresso delle persone esterne all’istituto che siano parenti, visitatori o altro. Il terzo punto è dato dai mancati controlli anche tra gli stessi agenti della polizia penitenziaria..”

Cioè non viene effettuato nessun controllo sugli agenti…
“Sì, gli agenti dovrebbero controllarsi l’un con l’altro al momento dell’ingresso nella struttura carceraria. Ma purtroppo questo molto spesso non accade. Direi quasi mai. Ed infine c’è il quarto punto: i servizi di pulizia effettuati dagli stessi detenuti, fuori dalla struttura carceraria. I detenuti che vengono considerati “degni di fiducia” vengono impiegati nella pulizia dei parcheggi esterni all’istituto penitenziario o dei giardinetti confinanti alla struttura. In questa occasione, potrebbero “raccogliere” cellulari o droga, nascosti da dei complici, all’interno di cassonetti o in mezzo a fiori e cespugli. Una volta finito il turno, rientrano in carcere e portano con sé quello che dovevano recuperare”.

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Nadia Francalacci