Donald Trump non fa sconti all'Onu
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Donald Trump non fa sconti all'Onu

Sicuro di sé, il Presidente Usa rincara la dose dei suoi credo e striglia il mondo. Il sovranismo alla conquista del Palazzo di Vetro

Trump all’Onu fa ridere. I presenti. Fa molto meno ridere gli analisti, che devono tirare le somme del suo secondo discorso al Palazzo di Vetro da quando è Presidente. L’impressione generale è che Trump, dal 2017, sia andato avanti e il mondo, invece, sia rimasto ancora attonito a osservare quest’incredibile outsider politico.

La sostanza è tutta qui. Trump delle risate sarcastiche dell’aula se ne infischia. Dice che non se le aspettava, ma se le scrolla di dosso aggiustandosi la giacca. Ci vuole ben altro per impensierirlo.

Insomma, tra il Trump 2017 e quello del 2018 c’è evoluzione e c’è involuzione al tempo stesso. Dipende da quale prospettiva si guarda la parabola. Per i suoi avversari è un Trump ancor più trumpista di prima: sui dossier immigrazione, dazi, sanzioni. Per i suoi ammiratori esprime la sintesi suprema di una visione del mondo chiara, netta e di buon senso.

Il nodo migranti

E’ forse sul tema migranti che il "Trump pensiero", espresso all’Assemblea Generale, si sviluppa al meglio. Rivolgendosi agli altri leader mondiali ha detto chiaro e tondo: voi dovete fare come me. Proteggere i vostri confini, proteggere i vostri cittadini. Ogni Paese ha il diritto di difenderli come crede e noi americani non facciamo eccezione.

Fate i vostri Paesi Great Again

Poi parafrasa Salvini, col mantra aiutiamoli a casa loro, e chiude citando se stesso (da re della comunicazione) quando dice, sempre rivolto ai leader mondiali: voi dovete fare i vostri paesi “great again”! E stavolta è lui a sorridere. E come si direbbe in linguaggio maccheronico: l’Assemblea muta.

Siccome non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, Trump rincara e vince per ko. l’America sarà per sempre un’amica del mondo e soprattutto dei suoi alleati ma attenzione: non farà mai più parte di un patto dal quale non riceverà qualcosa in cambio. Punto.

Sovranismo e consenso

Ora possiamo serenamente chiederci a cosa servono gli analisti politici. Cosa c’è da spiegare? E’ questa in fondo la ricetta, efficace perché elementare, della propaganda sovranista a ogni latitudine.

Dire le cose pane al pane, e dirle semplificando i fattori. Il consenso vola, gli avversari sono spiazzati.

Trump si permette anche il lusso di citare i propri successi in politica interna, leggi economica, peraltro indubitabili. In un contesto dove si dovrebbe parlare quasi esclusivamente di politica estera, e di Diritto Internazionale, il Presidente sceglie gli argomenti e li dosa come crede.

Avviso ai naviganti

C’è spazio anche per ribadire all’Iran di stare attento, alla Cina che è finita la pacchia commerciale, a Maduro di volare basso, all’Europa che i confini vanno difesi e alla Germania di non fare troppi affari con Putin.

Il discordo di Trump (che rivendica anche la denuclearizzazione nord coreana, mentre solo un anno fa proprio qui minacciava di distruggere Kim e tutto il suo arsenale) getta quindi luce sullo stato di salute degli anti Trump. Che non sembra ottimo, se l’unica arma rimasta è mettersi a ridere.

Certo non è facile contrastare una politica sovranista che appunto fa del due più due la sua forza principale. Opporsi alla visione di Trump e dei sovranisti in genere è una strada molto stretta, e tutta in salita. Per ora Cina e Iran sono al muro contro muro e il solo leader col quale il metodo Trump sembra aver dato frutti è appunto Kim Jong-un. Fate un po’ voi.

Rischi futuri

E col resto del mondo cosa succederà? L’Europa, che a differenza di Trump cerca di darsi principi alti e astratti, sembra in crisi irreversibile. Il rischio è quello di trovare tra un anno un Trump sempre più sicuro di sé, un’Assemblea sempre più smarrita, e solo i duri (cioè i regimi e non le democrazie) a tenergli testa.

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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