Bersani e la paura delle dimissioni del Papa
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Bersani e la paura delle dimissioni del Papa

Il segretario del Pd teme l'ondata cattolica alle urne. Ma ignora che il gesto di Benedetto XVI non è politica - lo speciale elezioni 2013 - Le dimissioni del Papa -

Adesso anche le “dimissioni” del Papa fanno paura a Bersani. Pressato e stressato dall’andamento sfigato della campagna elettorale tra scandalo del Monte dei Paschi e rimonta del Cavaliere, il segretario del Pd e candidato premier accoglie male l’improvvisa accensione dei riflettori sul Vaticano, quasi che la rinuncia di Papa Benedetto XVI rafforzasse una tradizione politica democristiana avversa ai post-comunisti.

A due settimane dal voto, un avvenimento globale come il Papa che getta la spugna sembra assumere, nella testa di Bersani, una valenza elettorale. Forse perché il Pd è più “laico” del Popolo della Libertà o dell’Udc e della Lista Civica di Monti. Ma che importa?

Fino a qualche settimana fa, Bersani si vedeva già sicuro presidente del Consiglio e annunciava che sarebbe andato in Germania a festeggiare la vittoria. Ora invece proprio la sua fragilità gli fa mettere le mani avanti. Se potesse, andrebbe a inginocchiarsi dal Papa per chiedergli di rimangiarsi l’annuncio e rinviare, disorientato al punto di dimenticare la costruzione logica del discorso e dire che “non intende che la campagna elettorale in nessun modo possa interferire con un tema che è un ‘tema mondo’”. Come se non fosse la rinuncia del Papa a interferire sulle politiche, ma fossero le politiche a interferire sull’elezione del successore di Papa Ratzinger.

Così Bersani, intervistato da Telelombardia, lancia un monito ambiguo che tradisce ansia: “Noi siamo un partito di credenti e non credenti, un partito che crede nell’autonomia della politica… Attenzione a non mescolare cose che non c’entrano”. Per metà rassicurante, per metà scanzonato, il leader del Pd ribadisce che nel suo partito i “valori etici e religiosi sono forti, non intendiamo annacquarli”. E poi: “La nostra linea è per l’autonomia della politica, il politico deve decidere non solo con la sua coscienza ma con la coscienza di tutti”. Ossia: non abbiamo colpa se non siamo cattolici. Le decisioni vanno prese in nome di tutti.

Ovviamente dal Popolo della libertà fioccano le dichiarazioni di appoggio e gratitudine al Papa e al suo magistero. Tradotto: “Noi siamo i cattolici, noi rappresentiamo i veri credenti, votateci!”. Così almeno lo percepisce il Bersani pauroso. Eppure la notizia del Papa dimissionario è di quelle che devono per forza interferire con qualunque cosa, ovunque nel mondo. Più grandi della nostra politica nazionale. Che senso ha l’egocentrismo di un leader che teme strumentalizzazioni politico-religiose e si richiama perciò alla propria capacità di rappresentare “credenti e non credenti”?

Per inciso, il cardinale brasiliano Claudio Hummes avverte: “Il conclave non è come le elezioni politiche: certamente i cardinali parlano tra loro, ma non fanno liste elettorali”.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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