Giornalisti e ladri di biciclette
Un articolo del Sole 24 ore ritorna sulla questione del carcere ai condannati per diffamazione
di Carlo Melzi d'Eril e Giulio Enea Vigevani (per il Sole 24 ore )
Se ti rubano la vecchia e cara bicicletta, che con tanta cura avevi legato a un alto palo della luce, l'ordinamento si incarica di punire severamente il colpevole. È, infatti, da uno a sei anni, oltre alla multa, la pena per il furto con violenza sulle cose. E accade di frequente che ladri di biciclette vadano in carcere, senza che ciò provochi particolari reazioni nell'opinione pubblica. Solo al cinema invero, nel gran film di De Sica, ci si è commossi nel veder uno di loro evitare la galera, grazie alle lacrime di un bambino.
La stessa pena, da uno a sei anni, è prevista per chi diffama con il mezzo della stampa, attribuendo un fatto determinato. Nell'ottica della persona offesa, la sanzione non sembra esagerata, anzi: senza dire con l'Otello «ho perduto la reputazione la parte immortale di me stesso e ciò che rimane è bestiale», l'onore val ben una bicicletta.
Il «castigo» è severo ma, sono rarissimi i casi di giornalisti passati per il carcere e alti i lamenti quando ciò accade.
Si cita sempre che Giovannino Guareschi trascorse più di un anno in prigione, senza mai chiedere la grazia, a causa di due sentenze: la prima nel 1950, per aver pubblicato una vignetta sul Presidente Einaudi, ritenuta lesiva dell'onore dell'istituzione, la seconda nel 1954, peraltro mai appellata, per aver diffamato De Gasperi.