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La democrazia diretta di Casaleggio e di Rousseau

Le parole del guru del M5S al Washington Post hanno un fondo di verità. Ma per crederci bisogna avere grande fiducia nella bontà della natura umana

“La democrazia diretta, resa possibile da Internet, ha dato una nuova centralità ai cittadini e porterà definitivamente alla decostruzione delle attuali organizzazioni politiche e sociali. La democrazia rappresentativa – la politica per delega – sta gradualmente perdendo significato”. Questo il nocciolo di quanto Davide Casaleggio, motore della piattaforma Rousseau cuore digitale del Movimento 5 Stelle, ha scritto sul Washington Post.  

Un vero e proprio manifesto di filosofia politica proiettato verso un futuro sempre più vicino. Rousseau, il filosofo, credeva nel progresso e nella natura buona dell’uomo. Era un utopista, che però in nome delle idee di eguaglianza (uno uguale uno?) abbandonò i suoi cinque figli nell’Istituto dei trovatelli di Parigi. Era illuminista ma con tratti romantici. Visionario, geniale e controverso. Ondivago rispetto alla religione.

Nome più allusivo non si poteva scegliere per la piattaforma dei Casaleggio. E sicuramente il futuro delineato sul Washington Post non è inverosimile, anzi. Del resto, l’utopia della democrazia diretta è sempre stata nelle corde di ideologi e rivoluzionari che finora, per la verità, hanno spesso imposto in nome di quella utopia forme di governo che poco avevano a che fare con la somma delle volontà dei singoli. Perché c’è sempre qualcuno pronto a cancellare la libertà di scelta degli individui sostituendola con una propria selezione, contrabbandata per diretta e popolare.

Non è il caso di Casaleggio e dei 5 Stelle, visto che circa 11 milioni di italiani hanno votato i candidati pentastellati, ancorché “nominati” dalla Rete attraverso Rousseau, come propri delegati a rappresentarli nelle Camere, cioè nel tempio della democrazia rappresentativa. Certo, nulla vieta di immaginare che in futuro i processi di selezione dei rappresentanti o addirittura di espressione delle preferenze (non solo dei voti) su temi di governo specifici passino attraverso Internet. Senza mediazioni (almeno in apparenza). Un po’ come nei test di facebook.

Ma, primo, bisognerebbe capire il ruolo delle piattaforme, chiedersi se siano le piattaforme i nuovi mediatori neutrali del processo democratico e della selezione della classe dirigente. E se questo sia giusto. E poi se non vi siano rischi, visto che in Rete passano le moderne tecniche di persuasione di massa, per esempio con la girandola di like e condivisioni, con la riproduzione virale dei post e l’operato altamente specializzato degli “influencer”, gli “influenzatori” o condizionatori delle opinioni degli internauti, o tramite le incursioni degli hacker produttori di fake news (bufale digitali) se non addirittura ladri di dati personali in violazione della privacy.

Certo, si può sempre sostenere che le bufale appartengono alla retorica politica dai tempi di Atene in poi. Certo, ci si può chiedere quanto oggi la democrazia rappresentativa sia realmente lo specchio delle preferenze dei cittadini (e non invece delle scelte di palazzo favorite da opportune leggi elettorali o, addirittura, da lobby nascoste).

E c’è pure da chiedersi come sia possibile che negli ultimi 7-8 anni l’Italia sia stata governata da presidenti del Consiglio non scelti dagli elettori ma frutto di complesse e spesso imperscrutabili manovre di Palazzo.

Che la democrazia “per delega” abbia ormai i suoi limiti è un fatto. Che i cittadini si sentano sempre più lontani dalle istituzioni, anche. E lo è pure che le nuove generazioni siano ben distanti dall’idea stessa di democrazia tradizionale e vivano molto di più sul web che nelle sezioni di partito (non ci sono più le sezioni, presto non ci saranno più i partiti). Insomma, molte sono le domande che dobbiamo porci.

L’intervento di Casaleggio sul WP ha almeno il pregio della chiarezza nell’indicare il M5S come “la prima grande organizzazione politica digitale al mondo”. Che poi accanto alla selezione in Rete c’è un’altra utopia, quella di poter scremare i candidati garantendone l’adeguatezza su basi meritocratiche (non clientelari o di potere). Lo slogan dei 5 Stelle, rilanciato da Casaleggio Jr., è “partecipa, non delegare!”.

L’intento dichiarato, quello di “rinnovare la democrazia restituendola ai cittadini”. Ma per crederci davvero bisogna avere la stessa fiducia nella bontà della natura umana e nell’inarrestabile progresso verso il Paradiso Perduto che rende tanto suggestivo il pensiero di Rousseau il filosofo, il cui cervello era una curiosa e esplosiva miscela di illuminismo romantico, una contraddizione in termini. Poesia in prosa.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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