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Sostenitori del battaglione Azov a Kiev nel 2014 (Getty Images).
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Ucraina: il battaglione Azov e i neonazisti che tengono in scacco Zelensky

Dai simboli delle SS nelle chiese alle scenette sugli ebrei «imbroglioni» nelle scuole, dalla distruzione dei memoriali dell'Olocausto ai quadri antisemiti, dalle minacce di morte al direttore del Comitato ebraico ucraino alle celebrazioni dei collaborazionisti di Hitler... Inchiesta sull'influenza che l'estrema destra, pur avendo consensi minimi, esercita nella vita religiosa e culturale del Paese. E sul suo potere di veto nel processo di pace.

  • Il battaglione Azov e i neonazisti che tengono in scacco Zelensky
  • Bellezza: «Ma il nazionalismo di estrema destra riguarda una piccola percentuale della popolazione»

Premessa doverosa: uno dei pretesti di Vladimir Putin per invadere l'Ucraina è stato «denazificare» il Paese. In realtà, non è vero che l'Ucraina è un Paese nazista. Ha un presidente ebreo e il partito di estrema destra Svoboda è passato dal 10% al 2% delle ultime elezioni. Ciò detto, è vero che i neonazisti in Ucraina esistono e che hanno un peso rilevante nella società. Non parlarne apertamente sarebbe un errore. Perché ignorando i fatti sgradevoli che accadono in Ucraina, si lascia spazio ai non detti e si rischia che sempre più persone si facciano irretire dalla propaganda.

Non è successo neanche nella Germania di Adolf Hitler. Succede, suo malgrado, nell'Ucraina di Volodymyr Zelensky. Nella Cattedrale della Santa trasfigurazione di Kremenets, nella Diocesi di Ternopili, sono raffigurati vari simboli nazisti. In questa chiesa gesuita del Settecento, poi ceduta alla Chiesa ortodossa, le decorazioni che richiamano il Terzo Reich compaiono all'interno di nuovi affreschi, inaugurati nel 2018.

In primo piano su un arco, si vede il Wolfsangel, il simbolo runico usato dalle SS che ora è l'emblema del famigerato battaglione Azov, accusato dall'Osce dell'uccisione di massa di prigionieri, di occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e dell'uso sistematico di tortura. Nello stemma di Azov, il cui comandante Denis Prokopenko è appena stato insignito dal presidente Volodymyr Zelensky del titolo di «eroe dell'Ucraina», il Wolfsangel è incluso in un sole nero. Anch'esso emblema nazista, il Sole nero è composto da 12 rune radiali e ricorda da vicino i simboli usati dalle SS nei loro stemmi.

Sotto il Wolfsangel, compare un altro emblema politico: due Kalashnikov con al centro una spada. È il simbolo di Praviy Sektor, l'altro movimento neonazista che influenza pesantemente il panorama politico ucraino. Non bastasse, nella chiesa di Kremenets compare anche il fascio littorio. Lo si vede nelle decorazioni che affiancano l'affresco con San Giorgio che, invece di uccidere il drago, infilza un'aquila bicefala, chiaro riferimento alla Federazione russa.

Nella parte sinistra, l'affresco raffigura i manifestanti di piazza Maidan, con un interessante dettaglio: le bandiere rosso-nere, simbolo di Pravyi Sektor. Ma non solo: la bandiera rosso-nera è stata, a partire dai primi anni Quaranta, la bandiera dell’Upa, l’ala paramilitare dell’Oun, l'Organizzazione dei nazionalisti ucraini nata nel 1929 che si rifaceva al fascismo italiano. Dopo il patto Molotov-von Ribbentrop, il movimento si scisse in due. L'ala rivoluzionaria, Oun-B, era guidata da un controverso personaggio il cui fantasma è ancor oggi al centro della vita politica ucraina: Stepan Bandera.

Il 30 giugno 1941, all'arrivo delle truppe naziste, Bandera dichiarò uno Stato indipendente ucraino. Il suo Oun-B partecipò alla nascita del battaglione Nachtigall, composto da volontari ucraini sotto il comando nazista, che si macchiò di atroci crimini contro le minoranze. Emblematica la storia di Vinnitsa: alla fine del 1941, in questa città dell'Ucraina centrale il reparto delle SS Einsatzgruppe D e i loro collaborazionisti ucraini trucidarono circa 30.000 ebrei e li gettarono nelle fosse comuni. L'ultimo rimasto in vita venne immortalato, prima di essere giustiziato, in una fotografia tristemente nota come «L’ultimo ebreo di Vinnitsa». «Per non parlare della defenestrazione di Leopoli» interviene Sandro Teti, editore specializzato nello spazio post-sovietico la cui nonna materna era un'ebrea originaria della Bucovina. «Gli ebrei di Leopoli, a centinaia, vennero presi, buttati dalle finestre dai vicini ucraini, e finiti a colpi di bastone. Quando arrivarono i nazisti, trovarono il lavoro già fatto...».

Eppure, il 22 gennaio 2010 il presidente uscente Viktor Yushchenko ha concesso a Bandera il titolo postumo di «eroe dell'Ucraina». «La riabilitazione ufficiale di Bandera è inaudita» commenta Teti. «Purtroppo questo figuro è ora presente su tutti i libri di scuola, a cominciare da quelli delle elementari. Ancor peggiore è la riabilitazione di una delle più sanguinose divisioni delle Ss, che è la divisione Galizia, costituita interamente da ucraini e impiegata nei campi di sterminio nazisti».

Tornando alla chiesa di Ternopili, la parte destra dell'affresco raffigura la distruzione dell'aeroporto di Donetsk, avvenuta fra il settembre 2014 e il gennaio 2015. Tanto per cominciare, sulla torre dell'aeroporto si vede la bandiera rosso-nera di Pravyi Sektor. «L'aeroporto di Donetsk era un fiore all'occhiello della città, costruito per i campionati europei di calcio del 2012» racconta l'avvocato Marco Bordoni, redattore del sito Lettera da Mosca, diretto da Fulvio Scaglione, ex vice-direttore di Famiglia Cristiana. «Alla fine del 2014, il fronte della guerra fra governativi ucraini e separatisti russofoni si era stabilizzato proprio lì: i governativi controllavano l'aeroporto e i separatisti la città. Quando, dopo una serie di battaglie, i ribelli riuscirono a riconquistare l'aeroporto, era totalmente distrutto». L'affresco celebra i partecipanti all'operazione militare punitiva dei governativi e raffigura un pope con indosso una mimetica e un soldato armato con un Kalashnikov. In alto, uno stendardo azzurro che recita: «Dio è con noi, l'Ucraina in noi».

Rune delle Ss, fasci littori, soli neri... Non male per un luogo sacro che dovrebbe celebrare l'amore di Dio. Ma non è un caso isolato: in questi anni immagini simili sono comparse in diverse chiese ucraine, per lo più legate al Patriarcato di Filarete. Questo primate ortodosso di 93 anni, in passato accusato di essere un informatore del Kgb, è l'anima oltranzista degli ortodossi ucraini. Dopo non essere riuscito a diventare Patriarca della Chiesa ortodossa di Mosca nel 1990, nel 1995 fece uno scisma, che coinvolse una minoranza dei fedeli del Paese, autoproclamandosi capo del Patriarcato della Chiesa ortodossa di Kiev.

Scomunicato nel 1997, non fu riconosciuto da nessun altro Patriarcato all'estero. «A partire dal 2014, Filarete ha scoperto il nazionalismo. E ha benedetto con ogni mezzo la crociata del governo di Kiev contro i russofoni del Donbass» spiega Bordoni. «Ma la sua Chiesa restava numericamente minoritaria ed emarginata nella famiglia ortodossa».

Nel 2018, il presidente Petro Poroshenko unì la chiesa di Filarete a un'altra chiesa scismatica, la Chiesa ortodossa autocefala ucraina, creando una nuova chiesa nazionale, la Chiesa ortodossa di Ucraina, con status autonomo e riconosciuta da Costantinopoli. A capo della nuova chiesa venne messo il metropolita Epifanio, un figlio spirituale di Filarete. All'anziano primate venne concesso solo il titolo di Patriarca emerito, cosa che lo indispettì, facendolo allontanare per una seconda volta dalla Chiesa ufficiale.

Dunque attualmente in Ucraina ci sono due Chiese ortodosse: la Chiesa ortodossa di Ucraina di Epifanio, e la Chiesa ortodossa ucraina di Onofrio. Quest'ultima è formalmente legata al Patriarcato di Mosca, ma è su posizioni diverse rispetto al patriarca Kirill: sostiene l'integrità territoriale dell'Ucraina, aiuta i rifugiati e organizza preghiere per la preservazione dell'Ucraina come Stato sovrano. E poi c'è Filarete, di nuovo per conto suo, il più radicale di tutti. Non a caso, la chiesa di Kremenets, quella che trabocca di simboli nazisti, è legata a Filarete.

Ma non è un caso isolato. «Negli anni passati abbiamo avuto notizia di almeno altre due chiese vicino agli ambienti nazionalisti ucraini, con un'iconografia che riflette il sostegno della Chiesa all'estrema destra» spiega Marco Bordoni. «Nella Cattedrale di San Michele delle cupole dorate di Kiev, il 31 luglio 2017 è stata consacrata un'icona della “patrona dei soldati ucraini”, che raffigura la Madonna in abiti rosso-neri, i colori di Praviy Sektor, che protegge dall'alto di una nuvola militari ucraini, manifestanti di Maidan e membri dell'Upa, l'esercito collaborazionista di Bandera, oltre a un gruppetto di cosacchi».

Come mai i cosacchi? «Gli storici che collaborano al processo di costruzione di un'identità nazionale leggono il fenomeno cosacco come un progenitore dell'odierna Ucraina» spiega Bordoni. E l'imbarazzante record antisemita dei cosacchi, dalla rivolta di Khmelnitsky nel Seicento al collaborazionismo con i nazisti, non li inquieta? «La loro priorità è dare dignità storica alla causa nazionale ucraina. In quest'ottica, il fenomeno cosacco è un punto di riferimento irresistibile, visto che il primo nucleo cosacco si era formato nel basso corso del Dniepr, vicino all'attuale Zaporodzhe. Pertanto si perdona loro tutto, anche l'antisemitismo. Quello che conta è avere una base sulla quale fondare la nuova narrazione storica».

E poi c'è la chiesa uniate. «Sulle navate della Chiesa della madre di Dio dell'aiuto instancabile di Leopoli, una chiesa uniate, compaiono altri affreschi controversi» denuncia Bordoni. «Realizzati nel 2015, raffigurano i “punitori”, cioè i soldati che partecipavano alle operazioni militari contro i filo-russi nel Donbass, rappresentati con posture e modalità di solito riservate ai santi». Come spiega un servizio di Radio Free Europe, sul lato destro della chiesa, quello riservato ai personaggi positivi, ci sono i militari ucraini, mentre sul lato sinistro compaiono Vladimir Putin, il patriarca di Mosca Kirill, un soldato dei corpi speciali russi e un altro soldato, sempre russo, con la bottiglia di vodka in mano. Tutti in attesa del Giudizio divino.

Già, la Chiesa uniate... Anche i luoghi di culto di rito greco cattolico sono intrisi di nazionalismo e di antisemitismo. Per rendersene conto, basta scorrere i tweet di Eduard Dolinsky, il Direttore generale del Comitato ebraico ucraino, più volte minacciato di morte per le sue denunce. Il 7 febbraio, Dolinsky ha twittato un video raccapricciante. Si tratta di una scenetta che raffigura un presepe. All'interno di una chiesa luccicante di ori, si vedono dei giovani con indosso costumi colorati. In mezzo, due ebrei, uno dei quali ha in mano una ventiquattrore che si presuppone piena di soldi. «In una chiesa greca cattolica di Starychy, Ucraina» spiega nel tweet Dolinsky. «”Togliti di mezzo, ebreo con i cernecchi. Fare affari con te significa non rispettare noi stessi – dice il partecipante della scena sul presepe con i pantaloni rossi».

Una scena che sembra uscita dagli anni Trenta, degna del peggior armamentario antisemita del Terzo Reich. E non è un caso isolato. Scorrendo i tweet di Dolinsky, si scopre che le scenette della Natività antisemita vanno molto di moda nell'Ucraina del 2022. Tre giorni prima, il 4 febbraio, un'altra «rappresentazione» ributtante, questa volta in una scuola. Gli attori sono tutti ragazzini: sullo sfondo i cristiani, al centro gli ebrei. «Classe settima di una scuola di Leopoli mostra ebrei- Moshko e Sarah», spiega Dolinsky. «Sarah presenta Moshko: “questo è Moshko, prende un po', imbrogliando, derubando, sempre con denaro. Grivnie, euro, centesimi – ve li presterà con una percentuale. E se non glieli restituite – prenderà tutta la vostra roba, chiedetegli consiglio e sarete imbrogliati».

I tweet del Direttore generale del Comitato ebraico ucraino fanno accapponare la pelle. L'8 febbraio annuncia le letture su Bandera al Museo Maydan a Kiev, le cui «principali idee» annota Dolinsky, «erano la pulizia etnica dei polacchi e l'assassinio degli ebrei». Il 4 febbraio pubblica la foto della mostra a Ivano-Frankov dell'«artista» ucraino Roman Bonchuk con il suo quadro «Ebreo con maiale». Il primo febbraio posta un video girato lo scorso dicembre in cui un uomo non identificato distrugge a colpi di mazza un memoriale all'Olocausto a Lysychansk: «Il monumento sta in cima a una fossa comune di 800 ebrei assassinati da nazisti e collaboratori locali». E così via.

Commento di Sandro Teti: «Soprattutto a Leopoli, in Galizia e in Ucraina occidentale, c'è una parte della popolazione che guarda con simpatia all'esperienza nazista. La cosa peggiore è che iniziano a sorgere monumenti dedicati alle SS. Ci sono poi parecchie associazioni di giovani nostalgici, che ogni tanto fanno raduni indossando divise delle SS. Ho visto delle immagini in una chiesa cattolica uniate dove il prete commemora un veterano e sono tutti sono vestiti da SS».

Una parte della popolazione, sia ben chiaro. E soprattutto minoritaria. «Mettiamolo bene in chiaro: non è affatto vero che il popolo ucraino, in toto o in gran parte, è nazista» spiega Marco Bordoni. «E lo dimostra il fatto che i vari movimenti di estrema destra, come Azov, Praviy Sektor e C14, alle elezioni raccolgono sempre un consenso minimo». Quindi sono realtà come Forza nuova o Casa Pound? «Nemmeno questo è vero. Sono molto peggio, per diversi motivi» prosegue Bordoni. «In primo luogo perché queste formazioni paramilitari hanno ampie coperture politiche. Il caso più noto è quello dei rapporti fra l' ex ministro degli interni Arsen Avakov e il capo del corpo Azov Belnitsky Biletsky, ma esistono anche altre realtà simili».

In secondo luogo? «Perché le più importanti di queste formazioni sono parte integrante delle forze armate e ne controllano reparti di élite. Si tratta di gente che sostiene buona parte del peso della guerra, che quindi vanta un certo prestigio militare» è la risposta di Bordoni. Terzo elemento? «Esiste una generale immunità di cui godono le milizie paramilitari collaterali rispetti ai corpi militari propriamente detti. Sebbene siano spesso accusate di delitti efferati (politici e comuni), è rarissimo che vengano processate».

In definitiva, si può parlare di un'influenza dei gruppi neonazisti molto superiore alla loro consistenza, tale da consentir loro di essere un serio intralcio a qualsiasi prospettiva negoziale? «Esattamente. Non è un caso che siano state proprio le loro proteste contro il "tradimento" a bloccare i primi passi verso una soluzione di compromesso con la Russia compiuti proprio da Zelensky all'indomani della sua elezione» risponde Bordoni.

Proprio così: a pagare le conseguenze dello strapotere dell'estrema destra ucraina è proprio Zelensky, che peraltro è ebreo. Anche perché l'operato degli ultranazionalisti con venature neonaziste porta argomenti a favore di Vladimir Putin, che si sente in diritto di parlare di denazificazione dell'Ucraina. E blocca l'unica possibile via d'uscita al conflitto, ossia la via della democrazia e della coesistenza pacifica fra popoli di diverse etnie, fedi e lingue.


Kiev, ottobre 2014: bimbi su un blindato russo catturato nel Donbass sventolano la bandiera del battaglione Azov (Ansa).

Neonazismo e antisemitismo nelle chiese e sulle strade ucraine

L'affresco della Cattedrale della Santa trasfigurazione di Kremenets, nella Diocesi di Ternopili.

Bellezza: «Ma il nazionalismo di estrema destra riguarda una piccola percentuale della popolazione»

Il libro appena uscito di Simone Attilio Bellezza.

Per sentire un punto di vista diverso sull'estrema destra ucraina, Panorama ha intervistato Simone Attilio Bellezza. Ricercatore di Storia contemporanea all'Università di Napoli Federico II, Bellezza conosce molto bene il Paese invaso da Vladimir Putin, anche perché suo marito è ucraino. E ha appena pubblicato un saggio da Morcelliana, intitolato Il destino dell'Ucraina. Il futuro dell'Europa.

Che cosa pensa degli episodi di razzismo e antisemitismo descritti nell'articolo qui sopra?

«Allora, io credo essenzialmente due cose, che sono collegate. Credo che ci sia una sovraesposizione dell'estrema destra in Ucraina nei mezzi di stampa occidentali e allo stesso tempo un fraintendimento. La sovraesposizione è dovuta, secondo me, in parte alla propaganda russa che vuole presentare gli ucraini come nazisti. E quindi il famoso “denazificare l'Ucraina” di Vladimir Putin ci fa puntare gli occhi su quegli elementi che sembrano confermare la tesi di Putin».

Però nella premessa è messo in chiaro che l'Ucraina non è un Paese nazista. Un conto è quello che dice Putin, un altro quello che dicono i media occidentali.

«Certo. Dall'altra parte, non si capisce che quel movimento della seconda guerra mondiale, che oggettivamente è stato in alcuni momenti vicino al movimento nazista...».

Parla di Stepan Bandera?

«Sì, il movimento Bandera. Oggettivamente sono stati alleati dei nazisti, anche se strumentalmente. Perché volevano uno Stato indipendente che Hitler in realtà non gli ha concesso di fare. Ma anche dopo il 1941 forme di collaborazione ce ne sono state. Quello che però non si capisce è che in realtà il significato di quei simboli (il ritratto di Bandera e le bandiere rosso-nere) è cambiato negli anni della repressione sovietica, quando di fatto non era possibile studiare quella forma di nazionalismo e nello stesso tempo era demonizzata. C'è stato uno schiacciamento fatto dalla propaganda sovietica su Bandera che, in una situazione di regime autoritario com'era l'Unione sovietica, ha risemantizzato i simboli del nazionalismo di estrema destra, facendoli diventare dei simboli di democrazia e di libertà».

Cioé?

«Il Bandera che viene osannato dalla piazza dell'Euromaidan come un simbolo di libertà viene davvero percepito dagli ucraini come un personaggio che ha combattuto per la libertà e per la democrazia».

E che ha anche massacrato ebrei e polacchi... Quello se lo dimenticano?

«Se lo dimenticano completamente. E perché? Perché per tutto il periodo sovietico non hanno potuto in nessun modo studiare quella vicenda. L'unica cosa che sapevano era quello che diceva la propaganda: Bandera, Bandera, banderovcy... Tutti quelli che erano anche nazionalisti democratici, i dissidenti di sinistra, i neo-leninisti, venivano accusati di essere seguaci di Bandera. E quindi c'è stata una trasformazione del significato».

Ma sapranno cos'è il nazismo. Sapranno che quei simboli sono legati al nazismo.

«Ma lei deve pensare che nel contesto ucraino non si percepiscono come alleati del nazismo. Hitler lo odiano, perché è quello che quando hanno cercato di fare uno Stato indipendente gli ha detto: “Io vi incarcero tutti”».

Ma chi si tatua le svastiche, come Azov, non può odiare Hitler...

«E invece sì. Ma questo non vuol dire, badi bene, che non ci sia anche nel nazionalismo ucraino un filone che è assolutamente razzista e antisemita. Perché il nazionalismo di estrema destra ucraino è molto vario».

Ma chi sono questi?

«Mah, guardi... A parte che hanno cambiato nome tantissime volte. Nei primi anni Novanta si chiamava UNA-UNSO, poi si sono legati e fusi con altri partiti, come Pravyi Sektor. Ma si tratta di una parte residuale».

Svoboda ha preso il 2,15% alle ultime elezioni, nel 2019. Nel 2012 aveva il 10,45%.

«Sì, e nel 2019 non è riuscita a entrare in Parlamento. Forse hanno eletto qualcuno negli uninominali... Per questo dico che è sovraesposto. Andare a vedere l'opposizione ucraina nazionalista e neonazista, che prende una manciata di voti è una sovraesposizione scorretta che l'Occidente fa».

Sì, però c'è una peculiarità: non esiste Paese al mondo che abbia un reggimento come Azov, inquadrato a pieno titolo all'interno della Guardia nazionale ucraina, con simboli che ricordano apertamente il nazismo.

«Neonazista secondo me è sbagliato: bisognerebbe chiamarlo di estrema destra nazionalista talvolta xenofoba e antisemita. A prescindere dal fatto che in Russia ci sono tantissimi neonazisti, io mi chiedo perché nessuno ha detto che nell'esercito ucraino c'è un'associazione che raccoglie una gran parte dei soldati gay e lesbiche volontari nell'esercito? Si chiama LGBT military e ha un bellissimo stemma con l'unicorno. Io non credo che sia vero, come lei dice nel suo articolo, che Zelensky è nelle mani di questi ultranazionalisti».

Ci spieghi perché.

«In realtà la formulazione del nazionalismo ucraino in questo momento non è soltanto quella che operano i gruppi estremisti di destra. C'è una formulazione diversa, maggioritaria, che è quella di un movimento ucraino democratico, libertario, pluralista... È l'idea di una società nuova, diversa, che si vuole porre come democratica, plurale, diversa. È assai maggioritaria questa di quella ultra-nazionalista di cui lei parla».

Ma gli episodi di antisemitismo denunciati da Eduard Dolinsky, il direttore generale del Comitato ebraico ucraino, sono inquietanti. Ha visto le terrificanti scenette sulla Natività con gli ebrei con tanto di valigia piena di soldi?

«Sì, le ho viste. Sono preoccupanti, ci sono state. Io stesso conosco delle azioni fatte per esempio contro la sinagoga di Kyiv. Non voglio negare che ci sia un antisemitismo anche all'interno del contesto ucraino. C'è ed è preoccupante. Quello che mi preoccupa in questo contesto è che questi gruppi, che semmai hanno al loro interno un'ideologia di odio razziale anche nei confronti dei russi, hanno trovato conferma delle loro teorie nell'attacco della Russia. L'idea è di creare tensione, di creare pressione su un processo di democratizzazione che si vuole far fallire».

Però in Ucraina era vietato l'uso del russo a scuola. Secondo lei era molto democratico?

«Ehm... Il divieto dell'uso del russo a scuola è una misura molto recente. È una legge voluta da Poroshenko ed entrata in vigore sotto Zelensky».

È stata approvata il 25 aprile 2019.

«A parte che non trovo nulla di strano nel fatto che tutti gli ucraini studino in ucraino, che è la lingua ufficiale dello Stato».

In Italia ci sono gli esempi dell'Alto Adige, del Friuli-Venezia Giulia e della Val d'Aosta, che danno grande spazio all'insegnamento delle lingue delle minoranze.

«È vero. Però quando l'abbiamo fatto noi non avevamo una guerra in corso con l'Austria, con la Slovenia o con la Francia. Invece l'Ucraina aveva già una guerra in atto, con la Russia che aveva invaso la Crimea e le regioni occidentali. Questo è un processo che va visto dal 2014 in poi. Gli ucraini sono essenzialmente bilingui».

Ma è vero che Zelensky non sapeva l'ucraino, che lo ha imparato da poco, che prima parlava solo russo?

«Certo. Lo ha studiato apposta per fare il politico, perché da un politico ci si aspetta che sia in grado di parlare anche l'ucraino. Per finire il ragionamento, moltissimi ucraini hanno smesso intenzionalmente di parlare russo a partire dal 2014 perché quella è la lingua del nemico».

Però so per certo che nella parte occidentale del Paese gli stessi ucraini evitano di parlare russo per timore di essere attaccati...

«Mi sembra un po' strano. Io sono andato molte volte nell'Ovest dell'Ucraina, l'ultima volta nel novembre 2021: io parlo russo, mio marito è russofono e non abbiamo mai avuto problemi».

Si può dire che in Ucraina c'è un problema di razzismo?

«Non credo che sia un razzismo più evidente o più forte di quello che c'è in Italia, dove c'è gente che ha sparato sui migranti africani o ministri dell'Interno che non permettevano alle navi dei migranti soccorsi in mare mentre stavano annegando di sbarcare in Sicilia. Sì, il problema del razzismo in Ucraina c'è. È vero che c'è un forte razzismo nei confronti degli africani, verissimo. Io mi chiedo però quale sia il significato politico adesso di sottolineare questi episodi, laddove non sono particolarmente eclatante nel contesto del razzismo europeo nel quale avvengono».

E invece c'è un problema di antisemitismo?

«Sicuramente c'è, ma come abbiamo visto con le ultime elezioni presidenziali, c'è più del 70% della popolazione ucraina che non ha nessun problema a votare un presidente ebreo e apparentemente praticante. È stupido negare che ci sono antisemiti. Ci sono ma è una piccola percentuale della popolazione ucraina».

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Elisabetta Burba