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(Ansa)
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La Tunisia ripiomba nel caos

Il presidente Saied ha avocato a sè l'autorità esecutiva. I suoi oppositori lo accusano di golpe, mentre le tensioni aumentano. Per ora, l'unica cosa certa è il conclamato fallimento delle "primavere arabe"

Sono ore concitate quelle che sta vivendo la Tunisia. Domenica sera, il presidente Kais Saied ha dimissionato il primo ministro Hichem Mechichi, sospeso il parlamento e revocato l'immunità ai deputati, annunciando l'intenzione di avocare a sé l'autorità esecutiva, con l'ausilio di un nuovo premier. La mossa è arrivata dopo che energiche proteste avevano scosso il Paese: proteste tenutesi lo stesso 25 luglio (in occasione dell'anniversario della fondazione della Repubblica tunisina) e principalmente dirette contro l'esecutivo, oltre che l'intero sistema politico. In questo senso, dopo l'annuncio di Saied, migliaia di persone sono scese in strada festeggiando e suonando clacson in varie città del Paese.

In particolare, secondo quanto riferito dal sito della Cnn, le dimostrazioni si erano soprattutto svolte contro la più grande forza parlamentare tunisina, il partito islamista Ennahda (che si ispira ai Fratelli musulmani). E proprio Ennhada non ha preso affatto bene l'iniziativa del capo dello Stato. Il suo leader (nonché presidente dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo) Rached Ghannouchi ha infatti definito la mossa di Saied come "un colpo di Stato contro la rivoluzione e la costituzione". "Consideriamo le istituzioni ancora in piedi, e i sostenitori di Ennahda e del popolo tunisino difenderanno la rivoluzione", ha aggiunto. Parole molto dure sono anche arrivate dall'ex presidente tunisino, Moncef Marzouki. "Chiedo al popolo tunisino di prestare attenzione al fatto che immagina che questo sia l'inizio della soluzione. È l'inizio dello scivolamento in una situazione ancora peggiore", ha dichiarato.

Saied – che ha nel frattempo fatto circondare il palazzo del parlamento con veicoli militari – ha giustificato la sua iniziativa sulla base dell'articolo 80 della costituzione tunisina. "La costituzione non consente lo scioglimento del parlamento, ma permette la sospensione dei suoi lavori", ha affermato, parlando di "pericolo imminente". Tutto questo, mentre – secondo Reuters – i primi scontri tra opposte fazioni si sarebbero già verificati poco fa nei pressi del parlamento. Come sottolineato da Al Jazeera, il rapporto tra il presidente e Mechichi non era stato privo di attriti. Ciononostante i nodi della situazione tunisina risultano strutturali e non sono quindi riconducibili soltanto alla difficile relazione che intercorre tra questi due uomini politici.

Ricordiamo che già lo scorso gennaio il Paese fosse stato attraversato da durissime proteste a causa di svariati fattori. L'economia nazionale ha infatti subito colpi particolarmente gravi, mentre si assiste a una crescente difficoltà nella gestione della pandemia. Su questa situazione incombe anche il fatto che l'attuale costituzione, entrata in vigore nel 2014, prevedrebbe un'apposita corte per dirimere eventuali problemi legati proprio alle dispute sulla carta fondamentale: una corte che tuttavia, riporta il sito della Cnn, risulterebbe al momento paralizzata a causa di alcune controversie sulla nomina dei giudici. Tra l'altro, è possibile attendersi - almeno nel breve termine - delle ripercussioni negative anche per l'Italia: il caos in corso potrebbe infatti rafforzare i flussi migratori diretti verso le nostre coste.

In attesa di ulteriori sviluppi degli eventi, l'unica cosa certa è che la crisi in atto dimostra – una volta di più – il fallimento pressoché totale delle cosiddette "primavere arabe": anzi, il caso di cui stiamo trattando risulta tanto più significativo, alla luce del fatto che, per diversi anni, proprio la Tunisia – differentemente da Libia ed Egitto – era stata considerata come un esempio di successo di quelle rivoluzioni. Oggi sappiamo che non è così.

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Stefano Graziosi