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Il presidente svizzero Ignazio Cassis annuncia le sanzioni alla Russia il 28 febbraio 2028 a Berna (Ansa).
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«Le sanzioni svizzere alla Russia mostrano la posta in gioco della partita ucraina»

Il ricercatore Ispi Antonio Villafranca spiega il significato della decisione senza precedenti della Confederazione elvetica.

Anche la Svizzera ha deciso di allinearsi con le sanzioni adottate dall'Unione europea contro la Russia. Una decisione storica quella presa dalla Confederazione elvetica dopo centinaia di anni di neutralità nei conflitti armati. La scelta di andare sanzionare la Russia era già nell’aria viste le dichiarazioni del presidente Ignazio Cassis alla tv pubblica di qualche giorno prima: «Neutralità non significa indifferenza». Con le sanzioni, in concreto la Svizzera ha bloccato i beni di una serie di persone e società. In particolare, saranno adottate delle sanzioni finanziarie contro il presidente russo Vladimir Putin, il primo ministro Mikhail Mishustin e il ministro degli esteri Sergey Lavrov. Inoltre il Consiglio federale ha anche deciso di vietare l'ingresso alle persone che hanno un legame con la Svizzera e sono vicine al presidente russo. Chiuso lo spazio aereo a tutti i voli provenienti dalla Russia. «La decisione della Svizzera di allinearsi alle sanzioni europee contro Mosca colpisce perché nell’immaginario collettivo è un Paese neutrale, ma questo fa capire qual è la posta in gioco, ossia la consapevolezza che potrebbe esserci una ridefinizione dei confini geopolitici degli ultimi decenni» ci spiega Antonio Villafranca, coordinatore della ricerca dell'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale).

Perché la Svizzera ha deciso di entrare in gioco questa volta?

«La Svizzera vuole fare la sua parte perché ha capito cosa sta succedendo. Putin con la guerra in Ucraina sta rimettendo in discussione la storia degli ultimi decenni, dopo la caduta del muro di Berlino e il conseguente disfacimento dell’Unione Sovietica. Quindi questa è una sfida che non riguarda solo l’Unione Europea, ma l’intero Occidente di cui anche la Svizzera fa parte. Inoltre c’è da aggiungere che le misure e le sanzioni economiche contro la Russia dall’Unione Europea, dall’America e da altri Paesi del G7 andrebbero a impattare anche sulla Svizzera, quindi deve in un certo modo unirsi a questo contesto internazionale, che rappresenta un unicum nella sua storia».

Quali altri Stati si sono allineati?

«Oltre alla Svizzera, a entrare in gioco è la Svezia, che dal 1939 non forniva armi in un contesto bellico. È significativo che mentre la Svezia contava di entrare nella Nato, la Svizzera no. Un po’ diversa invece è la questione della Germania, che non può fornire delle armi nei contesti di guerra. Ma è anche vero che ha fatto delle eccezioni in passato. Ha fornito armi a Israele e in Iraq e per di più ora ha un cancelliere social democratico Olaf Scholz che aumenterà la spesa militare, stanziando 100 miliardi di euro in armi per l’esercito federale. La Germania così investirà d’ora in poi più del 2% del Pil per la difesa».

Come pensa che reagirà Putin?

«Putin reagirà alle sanzioni economiche come sta già facendo: minacciando in maniera plateale di un possibile utilizzo delle armi nucleari, cioè in termini concreti velocizzando le procedure per l’eventuale utilizzo di bombe atomiche. È importante ricordare, per un’analisi corretta, che in Occidente ci si è rifiutati di leggere quello era già stato scritto nel 2020, ossia che la strategia dell’utilizzo delle armi nucleari in Russia è cambiata. Prima del 2020 si era stabilito che le armi nucleari potevano essere utilizzate solo nel caso in cui ci fosse il rischio di un attacco. Dal 2020 è stato cambiato il protocollo relativo al nucleare e la Russia può usare armi nucleari anche per porre fine a un conflitto convenzionale per perseguire i suoi interessi nazionali come nel caso dell’Ucraina. In pratica, era tutto già scritto due anni fa».

Qual è la strategia di Putin?

«Guardi, francamente abbiamo capito una cosa: Putin vuole ritornare ad avere la sua sfera di influenza, cambiando il governo ucraino con una figura a lui più gradita come quella di Lukashenko. La questione è che non sappiamo se sarà possibile, dopo la risposta che tutta l’Ucraina e anche l’intero Occidente ha dato alla Russia. in più c’è da considerare che non sappiamo se Putin stia considerando di andare oltre l’Ucraina, in Moldavia e i nei Paesi Baltici, che sono membri della Nato. Nel caso si attiverebbe l’obbligo di intervento previsto».

Che ne pensa della risposta dell’Europa?

«L’Unione europea e, di conseguenza, l’Italia sta dando prova di unità. Se in una situazione del genere non siamo uniti, allora quando dovremmo esserlo?»

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Linda Di Benedetto