Obbligati a negare la realtà
(Ansa)
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Obbligati a negare la realtà

In Irlanda sbagliare nome e pronome di un trasgender è una molestia

I dipendenti pubblici dell'Irlanda del Nord rischiano sanzioni disciplinari - fino al licenziamento - se non usano i pronomi scelti dalle persone transgender per farsi chiamare: questo è il contenuto delle nuove linee guida introdotte nel Manuale del personale per la funzione pubblica già dallo scorso anno, ma rese note solo il mese scorso. Modifiche apportate dopo aver consultato nove associazioni di cui sette associazioni LGBT.

Nomi e pronomi devono essere usati secondo i desideri dell'individuo, quindi. Il contrario verrebbe considerato una forma di molestia.

Il regolamento in questione spiega che le persone trans possono «descrivere se stesse usando una o più categorie tra cui transgender, transessuale, gender-queer, gender-fluid, non binary, gender-variant, crossdresser, genderless , agender, nongender, third gender, two-spirit, bi-gender, trans man, trans woman, trans masculine, trans female e neutrois». E la scelta può cambiare nel tempo.

Quindi, riferirsi «intenzionalmente e costantemente» a qualcuno in base al suo vero sesso o al nome che aveva prima della "transizione" «non può essere tollerato».

Ovviamente, nelle linee guida è anche previsto che i trans possano utilizzare i servizi igienici e gli spogliatoi previsti per il sesso in cui loro si percepiscono, con buona pace del diritto alla privacy degli spazi protetti per le donne vere.

Norme del genere sono diffusissime, e da tempo, in America del nord e in tutta Europa. In Canada, in Virginia, in Ohio, nel Regno Unito, per esempio, si sono verificati molti casi di insegnanti licenziati per la questione dei pronomi da usare con gli studenti trans. Qui in Italia, se e quando passasse l'art. 6 della proposta di legge Zan, il mancato rispetto delle linee guida emanate per i giornalisti https://www.unar.it/wp-content/uploads/2014/01/lineeguida_informazionelgbt.pdf «per un'informazione rispettosa delle persone Lgbt» e le altre regole stabilite nella « Strategia Nazionale Lgbt» dell'Unar (dirette a tutti i settori della pubblica amministrazione, compresa la scuola) comporterà conseguenze penali.

Poiché qui da noi i Cristiani che solleverebbero obiezione di coscienza di fronte a certe imposizioni (perché la Bibbia dice chiaramente che le persone sono maschio o femmina) si possono contare sulle dita d'una mano, lasciamo perdere il problema - affatto secondario - della tutela della libertà religiosa.

Resta però il dato di fatto chiamato realtà, la verità.

Qualsiasi essere umano ragionevole dovrebbe ritenere la verità nel pensiero e nella parola un valore imprescindibile per una vita libera e dignitosa: dove non c'è verità non c'è libertà. Dove non c'è libertà (soprattutto interiore) non c'è la dignità dell'uomo.

Assecondare le persone sessualmente confuse nel loro voler negare il dato biologico incontrovertibile (la presenza o meno del cromosoma Y in tutte le cellule del corpo umano) non concorre al bene di queste persone. Lo scorso autunno l'American Journal of Psychiatry ha pubblicato i risultati di uno studio (Reduction in Mental Health Treatment Utilization Among Transgender Individuals After Gender-Affirming Surgeries: A Total Population Study) che sosteneva come gli interventi chirurgici per "cambiare sesso" migliorassero la salute mentale dei pazienti. Ma poche settimane fa, la rivista ha ritrattato i suoi risultati (https://ajp.psychiatryonline.org/doi/10.1176/appi.ajp.2020.1778correction).

Lo studio originale - quello poi ritrattato - era stato celebrato dai media e utilizzato contro chiunque osasse esporre un punto di vista dissidente. Infatti, l'unica affermazione consentita è che la "transizione di genere" è la soluzione migliore per la salute mentale del soggetto con disforia. Invece, ora è dimostrato che né le cure ormonali, né la chirurgia plastica arrecano benefici psicologici ai pazienti.

E se la scienza dimostra che la transizione ormonale e chirurgica non fornisce l'agognata felicità che i pazienti stanno cercando, bisogna trovare altri modi per aiutare i pazienti a sentirsi a proprio agio nel proprio corpo. Col massimo rispetto, con la massima empatia. Ma anche con la massima sincerità.

Del resto è abbastanza intuitivo comprendere che se il corpo e la mente di una persona sono in contrasto, è più facile e meno doloroso plasmare la mente. A voler modificare il corpo bisogna tagliare, cucire, iniettare... il corpo sanguina.

Alla luce della ritrattazione dello studio citato, anche se i media principali la ignorano, è importante che i professionisti del settore capiscano che sarà bene smettere gli esperimenti sui bambini con i farmaci per bloccare la pubertà e con gli ormoni del sesso opposto (ricordiamo che il Comitato Nazionale di Bioetica diede parere favorevole all'uso della triptorelina sui minori principalmente perché - dicevano - "affermare" il genere "percepito" dal soggetto è l'unico modo per prevenire gesti suicidi. Alla luce della ritrattazione di cui sopra, anche il CNB dovrebbe, quindi , rivedere le sue conclusioni).

Ma, al di là delle questioni pratiche, ci chiediamo: oggi la verità è ancora un valore? La verità esiste? La verità va indagata, sviscerata di continuo: perché solo nella verità c'è la libertà. La libertà di scegliere è vera libertà solo se innanzi tutto io so, nella verità, cosa comportano le alternative che ho dinanzi. Dalla verità discende la coerenza e la pace interiore che è presupposto necessario per la pace sociale.

"Io sono colei che mi si crede", dice la donna velata alla fine di "Così è se vi pare". Pirandello è certamente uno dei padri del relativismo: l'uomo è uno, nessuno e centomila. E qual è la caratteristica comune a tutti i personaggi di Pirandello che incarnano l'uomo? Una profonda, immensa, sofferenza: l'uomo senza la verità è un uomo "impazzito" di dolore: dalla verità, invece, discende la felicità, quella vera, che va oltre l'edonismo, l'allegria; quella che non cessa neanche nelle circostanze avverse.

Info: provitaefamiglia.it

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Francesca Romana Poleggi