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Munizioni all'uranio impoverito: come funzionano, cosa provocano

Londra le fornirà all'Ucraina, torna lo spettro della "Sindrome dei Balcani". La Russia minaccia un'escalation bellica e il rischio è che venga contaminato quello che è ritenuto il granaio d'Europa

La notizia secondo la quale Londra fornirà a Kiev munizioni anticarro perforanti all'uranio impoverito ha visto una rapida e severa reazione di Mosca, il cui ministro della Difesa Sergei Shoigu ha dichiarato: “lo scontro nucleare è ormai a un passo". Si parla però delle munizioni Charm 1 e Charm 3 utilizzate nei cannoni da 120 millimetri di alcuni carri armati, principalmente con funzioni anticarro.

Le vicende legate all’uso di Uranio impoverito per scopi militari balzarono alla cronaca dopo le denunce da parte di militari che si ammalarono dopo le campagne in Kosovo, dove si stima che furono sparati circa 32000 colpi pari a disperdere circa 15 tonnellate di materiale radioattivo. Si parlò quindi di “Sindrome dei Balcani” per intendere le malattie che colpirono i militari italiani dopo il loro rientro dalle missioni internazionali di pace. I soldati svilupparono proprio linfomi di Hodgkin e leucemia.

Dal punto di vista del trasporto, dello stoccaggio e della movimentazione, queste munizioni non sono più pericolose di quelle tradizionali; tuttavia, nel momento in cui esplodono perforando le corazze, proprio in virtù dell’alto rapporto tra peso e volume, bruciando a migliaia di gradi, creano un pulviscolo riconosciuto come altamente cancerogeno. Il materiale “impoverito” si ricava come sottoprodotto del procedimento di arricchimento dell’uranio per scopi energetici, e serve sia per scopi civili (tipicamente medicali e aerospaziali), sia militari.

In pratica, grazie all’altissima densità, piccole quantità di materiale in termini di dimensioni hanno grande peso, e questo per esempio fa dell’uranio depleto (si chiama anche così), un buon materiale per costruire masse di bilanciamento negli aeroplani e non soltanto. Per lo stesso motivo e dopo un processo di indurimento e drogaggio (si aggiungono altri elementi in piccole percentuali e lo si sottopone a trattamento termico), acquisisce proprietà meccaniche tali da essere usato per i proiettili, ovvero diventa duro come un acciaio, pur costando meno di altri materiali come il tungsteno, permettendo di realizzare proiettili di ridotto calibro ma molto efficaci.

In campo medico il processo di indurimento non occorre, ma vengono sfruttate le sue proprietà duttili e la capacità di assorbire radiazioni, che lo rende ottimo per realizzare elementi di schermatura. Il suo peso è utile anche per farne anche attrezzature per la perforazione in campo energetico. Gli studi per l’uso dell’uranio impoverito per scopi bellici risale alla fine degli anni Cinquanta, ma ufficialmente è stato usato durante la prima guerra del Golfo, in Kosovo e in altri teatri, non è pericoloso da maneggiare ma lo diventa nel momento in cui, esplodendo la carica associata, vaporizza bruciando, producendo schegge e un pulviscolo che viene respirato dagli esseri viventi. Questo pericolo rimane in sospensione nell’aria, viene trasportato dal vento e si deposita sull’ambiente, conservando la radioattività per un tempo piuttosto lungo.

Dunque se anche un soldato sopravvive a uno scontro nel quale sono state usate queste munizioni, la permanenza sul teatro delle operazioni diventa un rischio molto alto per il solo fatto di respirarlo e farlo depositare nei polmoni, con un effetto peggiore di ciò che provocano i metalli pesanti in genere, poiché l’uranio impoverito arriva a viaggiare all’’interno degli organismi fino a raggiungere organi come stomaco, intestino (ingerendolo e bevendo acqua contaminata), pancreas, reni, centri vitali, sperma e geni, causando morti e malformazioni, lo sviluppo di linfomi di Hodgkin e diverse forme di leucemia.

In caso di sospetta esposizione è proprio dalle urine che è possibile determinare se i reni e il fisico sono stati invasi, ma le tracce devono essere cercate appositamente e non si rivelano con un esame generico di controllo. In genere quando si scopre la contaminazione è già troppo tardi. C'è da chiedersi, a guerra finita, quali conseguenze si avranno sul grano coltivato in Ucraina ed esportato in mezzo mondo

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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