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(Ansa)
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Tra missili e crisi interna: la via tortuosa di Pyongyang

La Corea del Nord sta affrontando significative difficoltà interne. E il futuro della sua strategia internazionale appare incerto

Pyongyang è tornata a mostrarsi irrequieta. La Corea del Nord ha annunciato mercoledì scorso di aver lanciato un missile ipersonico. In particolare, secondo la guardia costiera giapponese, il missile sarebbe caduto in mare, al largo della costa orientale della penisola coreana. “È molto deplorevole che la Corea del Nord abbia continuato a lanciare missili in successione dall'anno scorso”, ha dichiarato il primo ministro giapponese Fumio Kishida. “Il governo del Giappone continuerà a rafforzare la vigilanza e la sorveglianza”, ha aggiunto. Preoccupazione è stata espressa anche dalla Corea del Sud. Seul ha comunque teso a minimizzare il lancio nordcoreano, mettendo in dubbio che si trattasse realmente di un missile ipersonico. Secondo l’Associated Press, “il ministero della Difesa sudcoreano ha affermato di ritenere che la Corea del Nord non abbia acquisito le tecnologie necessarie per lanciare un'arma ipersonica”. John Park, direttore del Korea Project presso la Harvard Kennedy School, ha dal canto suo dichiarato a Cnbc che l’annuncio di Pyongyang sarebbe in realtà finalizzato ad acquisire un maggiore potere contrattuale.

Non è tuttavia da escludere che Kim Jong-un stia agendo anche in considerazione di un compattamento interno, vista la situazione particolarmente difficile che il suo Paese si sta trovando ad affrontare a causa della pandemia. Come riportato recentemente da The Diplomat, per contrastare il Covid-19, Pyongyang ha fortemente ridotto il commercio con l’estero: una situazione che ha avuto delle ripercussioni altamente problematiche sull’approvvigionamento agricolo e alimentare. “All'inizio della pandemia nel 2020”, ha riferito la testata, “le esportazioni nordcoreane verso la Cina sono diminuite del 77,7%, mentre le importazioni sono diminuite dell'80,9%”. Da ricordare, a tal proposito, che la Corea del Nord intrattenga circa il 90% dei suoi scambi proprio con la Repubblica popolare cinese. In questo quadro drammatico, il governo di Pyongyang ha fatto ricorso alle riserve di grano d’emergenza in agosto e avrebbe stretto anche un accordo per scambiare con la Cina carbone in cambio di cibo. Un lieve miglioramento dei commerci avvenuto la scorsa estate non avrebbe prodotto impatti significativamente positivi su una situazione complessiva che, come abbiamo visto, risulta piuttosto dura.

E’ proprio in un simile contesto che, pochi giorni fa, Pyongyang ha annunciato alla Cina che non prenderà parte alle olimpiadi invernali di Pechino, previste il mese prossimo. Il governo ha citato come motivazioni la pandemia e le “manovre di forze ostili”: un probabile riferimento, questo, al boicottaggio diplomatico promosso dagli Stati Uniti e alla decisione del CIO di sospendere la partecipazione di Pyongyang ai giochi di febbraio (una sospensione che avrebbe comunque permesso agli atleti nordcoreani di gareggiare individualmente). In tutto questo, si è recentemente tornati a parlare dello stato di salute di Kim Jong-un, che appare notevolmente dimagrito.

Quale impatto avranno dunque tutti questi problemi sulla strategia internazionale di Pyongyang? Difficile dirlo. Certo: se l’isolamento ha probabilmente permesso a Kim Jong-un di consolidare il suo potere interno, è altrettanto vero che proprio tale isolamento rischia ora di minacciare la stabilità della Corea del Nord con delle ripercussioni geopolitiche difficilmente prevedibili. In questo quadro, è tra l’altro necessario non dare nulla per scontato. “La convinzione comune su una solidarietà ideologica tra Corea del Nord e Cina è completamente infondata”, ha dichiarato il mese scorso al Financial Times Andrei Lankov, esperto di Corea del Nord presso la Kookmin University. “Qualsiasi ufficiale del controspionaggio nordcoreano vi direbbe che la Cina è la loro più grande minaccia alla sicurezza interna a causa del suo potenziale di disturbo dall'interno”, ha aggiunto. I rapporti tra Pechino e Pyongyang si configurano quindi molto più problematici di quanto si possa pensare. E su questo fattore Washington potrebbe forse decidere di far leva.

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Stefano Graziosi