Joe Biden
(Getty Images)
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Quei documenti classificati nell'ex ufficio di Joe Biden

Sono stati rinvenuti documenti segreti in un ufficio usato da Biden tra il 2017 e il 2019, subito dopo cioè aver lasciato l'incarico da vicepresidente degli Stati Uniti

Una rilevante tegola si è abbattuta su Joe Biden. Poche ore fa, il suo entourage ha ammesso che “un piccolo numero” di documenti classificati è stato rinvenuto questo autunno nel suo ufficio a Washington presso il think tank Penn Biden Center: ufficio che, secondo la Cnn, lo stesso Biden utilizzò tra il 2017 e il 2019. Il procuratore generale degli Stati Uniti, Merrick Garland, ha incaricato il procuratore per il distretto settentrionale dell'Illinois, John Lausch, di esaminare i documenti. Ricordiamo che Biden aveva servito come vicepresidente degli Stati Uniti nell’amministrazione di Barack Obama dal gennaio del 2009 al gennaio del 2017. E proprio ai tempi della presidenza Obama risalirebbero gli incartamenti classificati rinvenuti in quello che fu l’ufficio dell’attuale presidente.

“La Casa Bianca sta collaborando con gli Archivi nazionali e il Dipartimento di Giustizia per quanto riguarda la scoperta di quelli che sembrano essere documenti dell'amministrazione Obama-Biden, incluso un piccolo numero di documenti contrassegnati come classificati”, ha dichiarato il consigliere speciale dell’attuale presidente, Richard Sauber. “I documenti sono stati scoperti quando gli avvocati personali del presidente stavano impacchettando i raccoglitori custoditi in un armadio chiuso a chiave per prepararsi a liberare uno spazio nell'ufficio presso il Penn Biden Center di Washington, Dc”, ha proseguito, per poi aggiungere: “Il presidente ha utilizzato periodicamente questo spazio dalla metà del 2017 fino all'inizio della campagna del 2020. Il giorno di questa scoperta, il 2 novembre 2022, l'ufficio del consiglio della Casa Bianca l’ha notificata agli Archivi nazionali. L'Archivio ha preso possesso dei materiali la mattina seguente”. “La scoperta di questi documenti è stata fatta dagli avvocati del presidente”, ha continuato Sauber. “I documenti non sono stati oggetto di alcuna precedente richiesta o indagine da parte degli Archivi. Da quella scoperta, gli avvocati personali del presidente hanno collaborato con gli Archivi e il Dipartimento di Giustizia in un processo per garantire che tutti i documenti dell'amministrazione Obama-Biden siano adeguatamente in possesso degli Archivi”, ha concluso il consigliere speciale.

Nonostante questi tentativi di rassicurazione, nell’amministrazione americana serpeggia l’imbarazzo. Durante un vertice politico a Città del Messico, il presidente americano ha infatti sostanzialmente ignorato le domande dei giornalisti su questo tema. “Nessuna risposta al ritrovamento di documenti riservati nel suo ufficio?”, ha chiesto un cronista senza ottenere replica dall’inquilino della Casa Bianca, che sta viaggiando in Messico in compagnia dello stesso Garland.

Ora, premesso che è ancora presto per trarre delle conclusioni, emergono vari aspetti da chiarire. Innanzitutto la tempistica della rivelazione. Come abbiamo visto, la scoperta dei documenti risale al 2 novembre scorso, sei giorni prima delle ultime elezioni di metà mandato. Va da sé che, se fosse stata diffusa all’epoca, questa notizia potrebbe aver avuto un impatto sulla campagna elettorale. Sembra di rivivere nel 2020, quando la notizia che Hunter Biden era da due anni sotto inchiesta da parte della procura del Delaware fu diffusa soltanto dopo le elezioni presidenziali. In secondo luogo, attenzione ai cortocircuiti politici. A settembre scorso, Biden criticò Donald Trump sulla questione dei documenti classificati rinvenuti nella sua abitazione privata in Florida, definendolo un “irresponsabile”. Non solo: a novembre, Garland ha anche incaricato il procuratore speciale, Jack Smith, di condurre indagini sul possesso indebito di quegli incartamenti da parte di Trump. Un Trump che, ad agosto, era diventato il primo ex presidente della storia americana a subire una perquisizione in casa da parte dell’Fbi.

Ebbene, ora scopriamo che anche Biden si sarebbe tenuto dei documenti classificati. Certo: i suoi legali dicono che sono pochi e asseriscono che ci sarebbe piena collaborazione con gli Archivi nazionali e con il Dipartimento di Giustizia. Va però anche detto che sia il procuratore generale Garland sia l’attuale direttrice degli Archivi, Debra Steidel Wall, sono stati nominati dallo stesso Biden. Attendiamo ulteriori sviluppi della vicenda, è chiaro. Ma il rischio di un approccio improntato al doppiopesismo sembra onestamente concreto.

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Stefano Graziosi