Biden
(Ansa)
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Il discorso sullo stato dell'Unione evidenzia tutte le difficoltà di Biden

Dal consenso interno alla politica estera: sono vari i problemi dell'attuale presidente americano

È stato un clima politicamente teso quello in cui Joe Biden ha pronunciato il suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione. Il presidente americano ha inizialmente invocato unità, cercando di proporre una collaborazione ai repubblicani che, alle ultime elezioni di metà mandato, sono riusciti a riconquistare la maggioranza alla Camera dei rappresentanti. “Sapete, spesso ci viene detto che democratici e repubblicani non possono lavorare insieme. Ma negli ultimi due anni abbiamo dimostrato che i cinici e gli oppositori si sbagliavano”, ha detto, per poi proseguire. “Sì, eravamo molto in disaccordo. E sì, ci sono stati momenti in cui i democratici hanno dovuto fare da soli. Ma di volta in volta, democratici e repubblicani si sono venuti incontro”. Parole che onestamente lasciano un po’ perplessi, visto che da mesi il presidente accusa i repubblicani di estremismo. D’altronde, le leggi approvate dal Congresso in uno spirito autenticamente bipartisan negli ultimi due anni non sono particolarmente numerose.

Il punto è che Biden sa perfettamente che, con la Camera in mano al Gop, rischia un impantanamento totale della propria agenda parlamentare. "Ai miei amici repubblicani dico che, se abbiamo potuto lavorare insieme nell’ultima legislatura, non c'è motivo per cui non possiamo lavorare insieme in questa nuova legislatura”, ha non a caso affermato. Intenti di conciliazione quasi subito naufragati però. Dopo il ramoscello d’ulivo, Biden ha infatti accusato l'elefantino di voler tagliare sanità pubblica e previdenza sociale: parole che hanno scatenato un putiferio, con i parlamentari del Gop che hanno fischiato, mentre la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene gridava: “Bugiardo!” Insomma, invece di un clima unitario, Biden ha finito per creare ulteriori fratture.

Più in generale, durante il discorso, il presidente ha cercato di rivendicare e di enfatizzare i successi della sua amministrazione: un elemento che, secondo The Hill, sarebbe finalizzato all’imminente annuncio di una ricandidatura. Il nodo per Biden risiede tuttavia nel fatto che recentissimi sondaggi mostrano come la maggioranza degli stessi elettori dem non nutra troppa simpatia verso l’ipotesi di un suo secondo mandato alla Casa Bianca. È in questo quadro che il presidente ha parlato diffusamente di inflazione e infrastrutture, rivendicando meriti che, almeno secondo i repubblicani, dovrebbero invece essere riconosciuti al suo predecessore. Non sono poi mancati momenti in cui ha cercato di blandire l'ala più a sinistra dello stesso Partito democratico, come quando ha proposto di quadruplicare la tassa sul riacquisto di azioni proprie: una misura che ben difficilmente potrà essere approvata con un Congresso spaccato. Inoltre, al di là di questo, alcune affermazioni pronunciate durante il discorso destano più di una perplessità. Soprattutto in riferimento alla politica estera.

“Negli ultimi due anni le democrazie sono diventate più forti, non più deboli. Le autocrazie sono diventate più deboli, non più forti”, ha affermato Biden. Parole che, a ben vedere, non rispecchiano esattamente la realtà. Certo: il presidente americano ha giustamente rivendicato il sostegno all’Ucraina contro la Russia. Uno dei rari momenti in cui si sono tra l’altro registrati degli applausi bipartisan durante il discorso. Tuttavia, guardando la situazione nel suo complesso, Biden ha ben poco da festeggiare. Da quando è entrato in carica, la politica estera statunitense ha subito una decisa battuta d’arresto: l’influenza americana su Medio Oriente e America Latina si è ridotta a vantaggio di Russia e Cina. Inoltre, cercando di rilanciare il controverso accordo sul nucleare iraniano, Biden ha indirettamente rafforzato Teheran, irritando Israele e isolando l’Arabia saudita (che si è spostata sempre più nelle orbite di Mosca e di Pechino). Senza poi trascurare che l’attuale presidente americano ha allentato le restrizioni e le sanzioni contro Cuba e Venezuela: due Paesi che spalleggiano l’invasione russa dell’Ucraina. Non sarà un caso che, come sottolineato da The Hill, l'inquilino della Casa Bianca abbia evitato di parlare di Iran e di Afghanistan.

E anche i riferimenti alla Cina non sembrano essersi rivelati troppo incisivi. “Ho chiarito con il presidente Xi che cerchiamo la competizione, non il conflitto. Non mi scuserò per il fatto che stiamo investendo per rendere forte l'America. Investire nell'innovazione americana, nelle industrie che definiranno il futuro e che il governo cinese intende dominare”, ha dichiarato, citando a malapena la recentissima crisi del pallone spia. “Come abbiamo chiarito la scorsa settimana, se la Cina minaccia la nostra sovranità, agiremo per proteggere il nostro Paese. E lo abbiamo fatto”, ha detto. Peccato che non si sia ancora capito per quale reale ragione la Casa Bianca abbia permesso che quel pallone solcasse indisturbato i cieli statunitensi per quattro giorni consecutivi, compromettendo così la deterrenza americana nei confronti della Repubblica popolare.

Insomma, l’ultimo discorso sullo stato dell’Unione ci restituisce il quadro complesso di un presidente in difficoltà e di un Congresso sempre più spaccato. Una situazione che andrà prevedibilmente aggravandosi in vista della campagna elettorale per le prossime presidenziali. L'inquilino della Casa Bianca dovrà d'altronde continuare a barcamenarsi difficoltosamente tra la sinistra del suo stesso partito e le frange più centriste dell'area repubblicana. Una situazione politicamente assai problematica.

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Stefano Graziosi