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Nessuna esplosione, Al Zawahiri ucciso da una massa metallica e una serie di lame guidate dal laser

Si chiama R9X ed è una versione del missile anticarro Hellfire dotata di una massa e una serie di lame.Utilizzato già diverse volte, può eliminare una persona seduta su un suv senza uccidere il conducente

I dettagli dell’operazione che sabato 30 luglio ha portato all’uccisione del capo di Al Qaeda Ayman al-Zawahiri, divenuto numero uno del movimento nel 2011 dopo l’uccisione di Osama bin Laden, li conosceremo tra qualche tempo. Di certo si sa che a lanciare una coppia di missili aria-terra Agm 114 R9X, Hellfire è stato un Ucav (drone armato) del tipo General Atomics MQ-1C Gray Eagle, pare nella sua versione Extended-Range (Ge-er), decollato presumibilmente dall’Arabia Saudita o dal Kuwait.

Il missile Hellfire nasce come arma anticarro e ne esistono una ventina di versioni lanciabili da aeroplani ed elicotteri, ma la variante “R9X” ha una testata cinetica, ovvero una massa di metallo pesante di 45 kg, e nel momento di colpire, estende una serie di lame che infliggono il massimo del danno ma senza causare esplosioni e contenendo i detriti che in quel caso verrebbero scagliati intorno all’area centrata.

L’intento di tale ordigno è causare il minimo danno collaterale, al punto che tra i risultati ottenuti durante le operazioni condotte in Libia e Afghanistan nel 2020 furono diffuse immagini di un Hellfire 9X che uccise il suo bersaglio mentre si trovata seduto al posto del passeggero anteriore in un suv, ma senza uccidere il guidatore. UN’arma “fredda” tanto che viene soprannominato il missile della Cia. Questo proprio alla possibilità di programmare l’apertura delle lame e quindi circoscrivere il diametro dell’area da distruggere.

Molto probabilmente, ma non fu mai ammesso, questa è stata l’arma utilizzata per eliminare il generale iraniano Qasem Soleimani nel gennaio 2020 e, prima, per colpire il vice-capo di al-Qaeda, Ahmed Hasan Abu Khayr al-Masri, nella Siria nord-occidentale. Seppure non sia mai stata rivelata ufficialmente fino al 2020, la versione R9X dello Hellfire era nota agli analisti fin dal 2011, quando alcune foto di bersagli colpiti evidenziavano la mancanza di fiamme e bruciature, nonché una elevata distruzione ma molto localizzata e la presenza tra i detriti degli elementi affilati, appunto le “lame”.

Certamente prima di colpire, per localizzare, studiare i movimenti e seguire le abitudini di Al Zawahiri è stato necessario un lungo lavoro di intelligence e centinaia se non migliaia di ore d’osservazione sia con l’utilizzo dei satelliti, sia per mezzo di droni che da quote non facilmente rilevabili continuano anche oggi a tenere d’occhio l’Afghanistan. Oltre ad agenti sul posto che rischiano la pelle, i quali potrebbero essere anche afghani, c’è il sospetto che qualche informazione potrebbe essere uscita da persone vicine al regime talebano con lo scopo di far eliminare una presenza ormai imbarazzante per il regime dimostrando anche di prendere le distanze da Al Quaeda, nonché incassare la taglia da 25 milioni di dollari che pendeva sul medico egiziano.

Ma l’aiuto agli Usa potrebbe essere arrivato anche dal Pakistan, i cui rapporti con il regime talebano sono ai minimi storici per via del rialzo del prezzo del carbone applicato da Kabul. Di fatto, colpire in un quartiere residenziale del centro della capitale senza ferire nessun altro – pare neppure i suoi famigliari – rappresenta un successo militare e tecnologico che porterà anche ad aumentare l’esportazione dello Hellfire R9X in altre nazioni, a cominciare dall’Ucraina, che li ha richiesti ufficialmente ma in versione anticarro.

Oltre ai Talebani, che lamentano l’incursione nel loro territorio come violazione dei trattati di Doha, una condanna dell’operazione è arrivata da Pechino, poiché la Cina è oggi tra le nazioni che più vorrebbero investire in Afghanistan ma che non accettano legami del governo afghano con gruppi terroristici islamici, anche perché costoro hanno sempre sostenuto l’insurrezione delle etnie uighure nello Sinkiang, cioè il Turkestan Orientale cinese.

Ciò che potrebbe essere accaduto sabato è che consolidate le informazioni sui movimenti e le abitudini di Al Zawahiri, il drone armato Grey-Eagle Ge-er, grazie alle sue 42 ore di autonomia senza rifornimento, abbia potuto attendere il momento migliore per lanciare i due Hellfire, mentre il capo di Al Quaeda si era isolato su un terrazzo senza potersi rendere conto che fosse inquadrato da un illuminatore laser e pertanto riconoscibile come bersaglio da parte del missile. La testata dello Hellfire contiene infatti un seeker laser, sistema che orienta la traiettoria di volo verso ciò che riconosce come “luce”. Scagliandosi contro a oltre mille chilometri l’ora.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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