Festa del 4 luglio: una storia iniziata 400 anni fa
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Festa del 4 luglio: una storia iniziata 400 anni fa

I fuochi d'artificio per commemorare la Dichiarazione d'indipendenza voluti da John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti.

  • Il testo della Dichiarazione d'Indipendenza

Celebrato da film, libri e canzoni, il 4 luglio evoca fuochi d'artificio, stelle filanti, barbecue e parate. In realtà si tratta della festa nazionale degli Stati Uniti, che ricordano un momento chiave della loro storia: la Dichiarazione d'indipendenza.

Con quel documento, il 4 luglio 1776 le Tredici colonie britanniche dichiararono ufficialmente l'America un Paese indipendente, che si distaccava dal Regno Unito di Giorgio III. Quel giorno nacquero ufficialmente gli Stati Uniti d'America. E ancor oggi, come testimonia il professor Luigi Bruti Liberati, storico del Nord America, «negli Stati Uniti il Giorno dell'indipendenza è molto sentito e viene celebrato in pompa magna anche nei più piccoli centri».

Anche se la commemorazione viene onorata a partire dal 1777, non è stata dichiarata festa federale fino al 1870. Per capire il significato di questa ricorrenza dobbiamo tornare indietro di circa 400 anni, quando i nativi americani vivevano indisturbati nelle foreste del Nord America.

All'inizio del 1600, a Jamestown, in Virginia, si era formata una piccola colonia di europei. Ma la storia del Giorno dell'Indipendenza inizia quando il Mayflower salpò per l'America. A bordo della nave c'erano 102 persone, per lo più protestanti in fuga dalla Gran Bretagna perché non volevano aderire alla Chiesa d'Inghilterra. In cerca di un luogo in cui vivere liberamente, senza essere perseguitati per il loro credo, i 102 migranti si imbarcarono nel porto di Plymouth, in Inghilterra, il 16 settembre 1620.

Due mesi dopo, il 19 novembre 1620, la nave dei Padri pellegrini approdò a Cape Cod, in quella che oggi è conosciuta come Nuova Inghilterra. Negli anni successivi, altri europei si fecero strada verso il Nord America, formando le Tredici colonie britanniche.Tali colonie sarebbero poi diventate i seguenti Stati: New Hampshire, Massachusetts, Connecticut, Rhode Island, New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, Maryland, Virginia, North Carolina, South Carolina e Georgia.

I coloni vissero sotto il giogo britannico per 150 anni, anche se le tensioni con Londra si acuirono sempre di più, fino allo scoppio della Guerra di indipendenza, nel 1775. La dichiarazione di indipendenza segnò il vero inizio della Rivoluzione americana, che il 3 settembre 1783 si concluse con la vittoria dell'esercito di George Washington.

Molti americani associano il 4 luglio alla fine del conflitto con le forze di re Giorgio III, ma si sbagliano. La dichiarazione fu scritta nel 1776 dalla Commissione dei cinque, composta dai padri fondatori degli Stati Uniti: Thomas Jefferson, il principale estensore della prima bozza, John Adams, Benjamin Franklin, Robert R. Livingston e Roger Sherman.

Il 4 luglio 1776 il Congresso adottò la dichiarazione. Più tardi, 56 rappresentanti delle Tredici colonie firmarono la dichiarazione alla Pennsylvania State House di Philadelphia. L'originale della dichiarazione, steso su carta di canapa e ormai quasi illeggibile, è esposto ai National Archives di Washington.

«La sera del 4 luglio 1776 i cieli dei neonati Stati Uniti non furono rischiarati dai fuochi d'artificio» spiega il professor Luigi Bruti Liberati, che sta scrivendo la Storia dell'Impero britannico per Bompiani. «Ma già prima ancora che la Dichiarazione d'indipendenza fosse firmata, il membro della Commissione dei cinque John Adams immaginava fuochi d'artificio come parte integrante dei festeggiamenti».

Il 3 luglio 1776, in una lettera a sua moglie Abigail, colui che nel 1797 sarebbe diventato il secondo presidente degli Stati Uniti scrisse che la data «sarà la più memorabile epoca, nella storia dell'America. Sono portato a credere che sarà celebrata, dalle generazioni successive, come la grande festa dell'anniversario». E precisò: «Dovrebbe essere commemorata con sfarzo e parate, con spettacoli, giochi, sport, colpi di cannone, campane, falò e illuminazioni da un capo all'altro di questo continente da questo momento in poi, in eterno».

Mai profezia fu più veritiera, conclude il professor Bruti Liberati: «I primi fuochi d'artificio commemorativi del giorno dell'indipendenza furono lanciati il 4 luglio 1777». Come scrisse il Pennsylvania Evening Post, a Philadelphia «la serata si chiuse con il suono delle campane, e di notte ci fu una grande esibizione di fuochi d'artificio (...) e la città fu splendidamente illuminata».



Il testo della Dichiarazione d'Indipendenza

In Congresso, 4 luglio 1776

Quando nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto a un altro popolo e assuma tra le potenze della terra lo stato di potenza separata e uguale a cui le Leggi della Natura e del Dio della Natura gli danno diritto, un conveniente riguardo alle opinioni dell'umanità richiede che quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione.

Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.

Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in conseguenza l'esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d'un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all'assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l'avvenire. Tale è stata la paziente sopportazione delle Colonie e tale è ora la necessità che le costringe a mutare quello che è stato finora il loro ordinamento di governo. Quella dell'attuale re di Gran Bretagna è storia di ripetuti torti e usurpazioni, tutti diretti a fondare un'assoluta tirannia su questi Stati. Per dimostrarlo ecco i fatti che si sottopongono all'esame di tutti gli uomini imparziali e in buona fede.

1) Egli ha rifiutato di approvare leggi sanissime e necessarie al pubblico bene.

2) Egli ha proibito ai suoi governatori di approvare leggi di immediata e urgente importanza, se non a condizione di sospenderne l'esecuzione finché non si ottenesse l'assentimento di lui, mentre egli trascurava del tutto di prenderle in considerazione.

3) Egli ha rifiutato di approvare altre leggi per la sistemazione di vaste zone popolate, a meno che quei coloni rinunciassero al diritto di essere rappresentati nell'assemblea legislativa – diritto di inestimabile valore per essi e temibile solo da un tiranno.

4) Egli ha convocato assemblee legislative in luoghi insoliti, incomodi e lontani dalla sede dei loro archivi, al solo scopo di indurre i coloni, affaticandoli, a consentire in provvedimenti da lui proposti.

5) Egli ha ripetutamente disciolte assemblee legislative solo perché si opponevano con maschia decisione alle sue usurpazioni dei diritti del popolo.

6) Dopo lo scioglimento di quelle assemblee si è opposto all'elezione di altre: ragion per cui il Potere legislativo, che non può essere soppresso, è ritornato, per poter funzionare, al popolo nella sua collettività, – mentre lo Stato è rimasto esposto a tutti i pericoli di invasioni dall'esterno, e di agitazioni all'interno.

7) Egli ha tentato di impedire il popolamento di questi Stati, opponendosi a tal fine alle leggi di naturalizzazione di forestieri rifiutando di approvarne altre che incoraggiassero la immigrazione, e ostacolando le condizioni per nuovi acquisti di terre.

8) Egli ha fatto ostruzionismo all'amministrazione della giustizia rifiutando l'assentimento a leggi intese a rinsaldare il potere giudiziario.

9) Egli ha reso i giudici dipendenti solo dal suo arbitrio per il conseguimento e la conservazione della carica, e per l'ammontare e il pagamento degli stipendi.

10) Egli ha istituito una quantità di uffici nuovi, e mandato qui sciami di impiegati per vessare il popolo e divorarne gli averi.

11) Egli ha mantenuto tra noi, in tempo di pace, eserciti stanziali senza il consenso dell'autorità legislativa.

12) Egli ha cercato di rendere il potere militare indipendente dal potere civile, e a questo superiore.

13) Egli si è accordato con altri per assoggettarci a una giurisdizione aliena dalla nostra costituzione e non riconosciuta dalle nostre leggi, dando il suo assentimento alle loro pretese disposizioni legislative miranti:

a) acquartierare tra noi grandi corpi di truppe armate;

b) proteggerle, con processi da burla, dalle pene in cui incorressero per assassinii commessi contro gli abitanti di questi Stati;

c) interrompere il nostro commercio con tutte le parti del mondo;

d) imporci tasse senza il nostro consenso;

e) privarci in molti casi dei benefici del processo per mezzo di giuria;

f) trasportarci oltremare per esser processati per pretesi crimini;

g) abolire il libero ordinamento di leggi inglesi in una provincia attigua, istituendovi un governo arbitrario, ed estendendone i confini sì da farne nello stesso tempo un esempio e un adatto strumento per introdurre in queste Colonie lo stesso governo assoluto;

h) sopprimere le nostre carte statutarie, abolire le nostre validissime leggi, e mutare dalle fondamenta le forme dei nostri governi;

i) sospendere i nostri corpi legislativi, e proclamarsi investito del potere di legiferare per noi in ogni e qualsiasi caso.

14) Egli ha abdicato al suo governo qui, dichiarandoci privati della sua protezione e facendo guerra contro di noi.

15) Egli ha predato sui nostri mari, ha devastato le nostre coste, ha incendiato le nostre città, ha distrutto le vite del nostro popolo.

16) Egli sta trasportando, in questo stesso momento, vasti eserciti di mercenari stranieri per completare l'opera di morte, di desolazione e di tirannia già iniziata con particolari casi di crudeltà e di perfidia che non trovano eguali nelle più barbare età, e sono del tutto indegni del capo di una nazione civile.

17) Egli ha costretto i nostri concittadini fatti prigionieri in alto mare a portare le armi contro il loro paese, a diventare carnefici dei loro amici e confratelli, o a cadere uccisi per mano di questi.

18) Egli ha incitato i nostri alla rivolta civile, e ha tentato di istigare contro gli abitanti delle nostre zone di frontiera i crudeli selvaggi indiani la cui ben nota norma di guerra è la distruzione indiscriminata di tutti gli avversari, di ogni età, sesso e condizione.

A ogni momento mentre durava questa apprensione noi abbiamo chiesto, nei termini più umili, che fossero riparati i torti fattici; alle nostre ripetute petizioni non si è risposto se non con rinnovate ingiustizie. Un principe, il cui carattere si distingue così per tutte quelle azioni con cui si può definire un tiranno, non è adatto a governare un popolo libero.

E d'altra parte non abbiamo mancato di riguardo ai nostri fratelli britannici. Di tanto in tanto li abbiamo avvisati dei tentativi fatti dal loro parlamento di estendere su di noi una illegale giurisdizione. Abbiamo ricordato ad essi le circostanze della nostra emigrazione e del nostro stanziamento in queste terre. Abbiamo fatto appello al loro innato senso di giustizia e alla loro magnanimità, e li abbiamo scongiurati per i legami dei nostri comuni parenti di sconfessare queste usurpazioni che inevitabilmente avrebbero interrotto i nostri legami e i nostri rapporti.

Anch'essi sono stati sordi alla voce della giustizia, alla voce del sangue comune. Noi dobbiamo, perciò, rassegnarci alla necessità che denuncia la nostra separazione, e dobbiamo considerarli, come consideriamo gli altri uomini, nemici in guerra, amici in pace.

Noi pertanto, Rappresentanti degli Stati Uniti d'America, riuniti in Congresso generale, appellandoci al Supremo Giudice dell'Universo per la rettitudine delle nostre intenzioni, nel nome e per l'autorità del buon popolo di queste Colonie, solennemente rendiamo di pubblica ragione e dichiariamo: che queste Colonie Unite sono, e per diritto devono essere, stati liberi e indipendenti; che esse sono sciolte da ogni sudditanza alla Corona britannica, e che ogni legame politico tra esse e lo Stato di Gran Bretagna è, e deve essere, del tutto sciolto; e che, come Stati liberi e indipendenti, essi hanno pieno potere di far guerra, concludere pace, contrarre alleanze, stabilire commercio e compilare tutti gli altri atti e le cose che gli stati indipendenti possono a buon diritto fare. E in appoggio a questa dichiarazione, con salda fede nella protezione della Divina Provvidenza, reciprocamente impegniamo le nostre vite, i nostri beni e il nostro sacro onore.

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Elisabetta Burba